In Italia il 26% della popolazione femminile soffre di dolore pelvico cronico, una condizione invalidante che investe ogni aspetto della vita di una donna: dalla sessualità alle relazioni, al lavoro, fino all’istruzione. A peggiorare il quadro c’è la scarsa tempestività con cui questo problema viene intercettato e trattato correttamente: si stima che ben un paziente su tre non arrivi a una diagnosi e quindi non inizi un percorso di cure adatto. Per colmare questa lacuna, Consulcesi ha lanciato un nuovo corso di formazione Ecm dal titolo ‘Dolore pelvico cronico: un approccio multidisciplinare’.
Tra le motivazioni delle mancate diagnosi – spiega in una nota il provider di riferimento per il mondo sanitario – gioca un ruolo importante la scarsa formazione dei medici sull’argomento e, di conseguenza, lo scarso ricorso a un approccio multidisciplinare che, invece, è fondamentale per trattare efficacemente il dolore pelvico cronico.
“Dietro il dolore pelvico cronico – afferma Maria Grazia Porpora, specialista in ginecologia e ostetricia e tra i docenti nel nuovo corso – vi sono spesso una molteplicità di cause non ginecologiche: da quelle gastrointestinali a quelle muscolo-scheletriche, neurologiche, a disfunzioni del pavimento pelvico, urologiche, ma anche” fattori “psicosociali. Per questo è necessario un lavoro sinergico tra i vari specialisti della salute per gestire la malattia e ridurre il gravoso impatto di questa sulla qualità della vita dei pazienti”.
A pagare le conseguenze della scarsa attenzione alle cause e ai trattamenti del dolore pelvico cronico non sono solo le pazienti. “Questa problematica è infatti la principale causa di assenze lavorative e scolastiche, con costi sociali e sanitari elevatissimi”, sottolinea Porpora nel corso multimediale disponibile fino al 31 dicembre (scadenza del triennio formativo 2020-2022). Se infatti la spesa sanitaria si aggira sui 3.500 euro/anno per paziente, ogni mese in Italia si perdono dai 3 ai 7 giorni lavorativi, per un costo indiretto di 4 miliardi di euro, ricorda Consulcesi in una nota.
“Ancora troppo spesso – aggiunge l’esperta – le persone che soffrono di questi dolori non vengono ascoltate e per questo vengono fortemente sottostimate le ripercussioni del dolore sul benessere psicofisico. Tra i principali problemi di una mancata diagnosi o di una diagnosi scorretta – ribadisce Porpora – c’è proprio questo. Allora l’appello che rivolgiamo a tutti i medici è quello di soffermarsi approfonditamente sulla storia clinica della paziente, guardare alle malattie pregresse, agli interventi, ai fattori psicosociali troppo spesso ignorati, all’aspetto sessuale, all’impatto sulla qualità della vita, eccetera. In questo modo – conclude – insieme al contributo di un lavoro d’équipe tra i vari specialisti, è possibile raggiungere una strategia terapeutica personalizzata, integrata e quanto più efficace”.
Di fronte alla rapidità della ricerca scientifica che ogni giorno ci racconta di possibili nuovi trattamenti, come anche di cause e comorbidità associate, rimarca il responsabile scientifico del corso, Marzio Angelo Zullo, “formazione e aggiornamento continuo si rivelano ancora una volta i migliori alleati dei professionisti.