La Chiesa di Santa Maria del Popolo agli Incurabili (II parte)
28 Aprile 2019Corenzio ai lati del presbiterio dipinse i “Dottori della Chiesa”, nei pennacchi i quattro “Evangelisti”, tra le finestre del tamburo i “Santi Protettori di Napoli”.
Dopo la delibera della Giunta Regionale della Campania, molti hanno tirato un sospiro di sollievo: la Regione si è impegnata a finanziare con 100 milioni di euro la messa in sicurezza ed il recupero del complesso degli Incurabili. Soprattutto perché, come è emerso da alcune indagini, diversi milioni di euro che erano stati stanziati alcuni anni fa per la chiesa di Santa Maria del Popolo agli Incurabili, nell’ambito del progetto Unesco sul centro storico di Napoli, sono misteriosamente spariti.
Ma torniamo alla descrizione della chiesa, di cui abbiamo cominciato a parlare nel pezzo precedente. Gran parte del presbiterio, cioè la zone dove si trova il magnifico altare maggiore, fu magnificamente decorato dal pittore greco – napoletano Belisario Corenzio, specializzato soprattutto in affreschi: sulle pareti laterali dell’altare sono dipinti, ad olio su muro, “I Martiri’ di San Filippo e di San Giacomo” risalenti al 1610, mentre negli spicchi dell’arco maggiore è dipinta una “Annunciazione”.
Sempre il Corenzio, diede prova di tutta la sua abilità abbellendo anche tutti gli spazi liberi delle mura del transetto: nelle lunette ai lati delle finestre del presbiterio dipinse i “Dottori della Chiesa”, nei pennacchi i quattro “Evangelisti”, tra le finestre del tamburo i “Santi Protettori di Napoli” e infine nella calotta della cupola la “Madonna del Popolo”. Un ciclo meraviglioso, ma che purtroppo oggi si presenta in pessimo stato di conservazione, a causa delle infiltrazioni d’acqua cui è stata soggetta (e lo è tuttora) la chiesa. Alla parete di fondo della tribuna era esposta (attualmente si trova nella quadreria della Farmacia) la cosiddetta “Madonna del Popolo” di Francesco de Mura (1776), commissionata dal duca di San Vito per sostituire una “Madonna con Bambino e con i Santi Filippo e Giacomo” di Marco Cardisco (XVI sec.), dapprima spostata su un altare della parte sinistra della navata, e infine spostato anch’esso nella quadreria della Farmacia.
Davvero interessante è la lapide, in marmi policromi, che si trova al pilastro destro dell’arco della tribuna: essa celebra un munifico finanziatore del complesso. Si tratta del ricchissimo mercante fiammingo Gaspar Roomer, noto non solo per la sua ricchezza, ma anche per la sua invidiata collezione d’arte: dopo la morte lasciò ai governatori degli Incurabili gran parte delle sue sostanze per finanziare iniziative benefiche in materia sanitaria. Per quanto riguarda gli altari di destra, le cui tele sono oggi conservate nella quadreria, non possiamo non notare l’importanza dei pittori impegnati ad abbellire la chiesa, tanto da rappresentare una vera e propria “antologia” della pittura meridionale tra ‘500 e ‘700: sul sesto altare di destra, partendo dall’altar maggiore, si trovava la celebre tavola di Marco Pino raffigurante il “Crocifisso” (1577). Seguono una copia di fine’600 del “San Carlo Borromeo” dipinto dal Sellitto per la chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli e una “Madonna del Loreto” di Giova Angelo d’Amato (fine’500), anch’esse conservate in quadreria.
Particolarmente interessante risulta la tela che in passato troneggiava sul secondo altare: un allievo di Andrea Vaccaro, nel’600 dipinse i “Santi Gaetano e Andrea Avellino”, che formano una cornice ad un rilievo in marmo dorato raffigurante una Madonna col Bambino” di inizio ‘500. Chiude infine un monumento funebre al generale di cavalleria Paolo Giraldo, morto nel 1642: all’interno del “cenotafio” in marmo, in maniera singolare, era stata posta nel passato una tela di Battistello Caracciolo raffigurante il “Calvario” (1610), che con molta probabilità era appartenuta al generale.
In poche parole, nonostante i secoli buoi e l’assenza di manutenzione, la chiesa di Santa Maria del Popolo agli Incurabili resta uno scrigno di arte davvero importante: probabilmente andrebbe risistemata in profondità e le tele, trasferite in quadreria, troverebbero sugli altari originari la loro sede più naturale. Continua…