La cura dell’Ictus al Cardarelli
23 Maggio 2019Muto: “Un paziente sotto ictus deve essere assistito nel minor tempo possibile e questo non può avvenire nell’ospedale più vicino perché c’è bisogno dell’altissima specialità“.
Aspettando l’entrata a regime della rete regionale di stroke unit, il Cardarelli cura gli ictus cerebrali con tecniche nuove utilizzate dal dipartimento di neuroradiologia interventistica. “Nel 2018 abbiamo curato cento pazienti. Nei primi cinque mesi di quest’anno – spiega Mario Muto, direttore del moderno centro – abbiamo curato per via endovascolare centoquaranta cittadini con ictus cerebrale tromboembolico. Risultato importante perché una struttura come la nostra in un anno assiste mediamente circa cento pazienti”.
È il primo passo che, con l’appoggio della Regione e dei manager delle aziende sanitarie, dovrebbe portare in tempi rapidi alla attivazione della rete di “stroke unit”, centri di alta specializzazione per la cura dei pazienti con ictus cerebrale. Il Cardarelli con la squadra di Mario Muto già garantisce risultati migliori rispetto alla vecchia fibrinolisi endovenosa. “Quando viene ricoverato un paziente con ictus cerebrale in collaborazione con il neurologo – spiega il direttore Mario Muto – controlliamo le sue condizioni con una Tac o con un’angio Tac. Se l’ictus è trombo embolico (provocato dalla chiusura di un vaso) procediamo alla trombectomia, ossia alla rimozione del trombo con uno stent. Oppure, sempre utilizzando stent, procediamo all’aspirazione del trombo. Se invece la Tac ci rivela che l’ictus è emorragico il paziente viene affidato alla neurochirurgia per trasferire il paziente in sala operatoria”. La neuroradiologia del Cardarelli dispone a tempo pieno di due Tac, di una risonanza magnetica, e di un agiografo; macchinari utilizzati da 13 medici e da 22 tecnici di radiologia con la collaborazione di dodici infermieri.
La trombectomia e la tromboaspirazione utilizzate dagli specialisti del Cardarelli e del Ruggi d’Aragona sono tecniche moderne di intervento precoce sui pazienti con ictus cerebrale, approvate scientificamente utilizzate in quelle che gli specialisti definiscono reti tempo-dipendenti. “Un paziente sotto ictus deve essere assistito nel minor tempo possibile e questo non può avvenire nell’ospedale più vicino perché c’èbisogno di un centro con personale altamente specializzato che usa apparecchiature adeguate. La fibrinoloisi endovenosa garantisce risultati nel 10-15 per cento dei casi, mentre i risultati ottenuti dai centri di neuroradiologia interventistica – avverte Mario Muto, presidente nazionale della società scientifica – garantiscono il successo nel 48 per cento dei casi curati per via endovascolare. Èun risultato importante perché un paziente colpito da ictus deve essere assistito con rapidità: più tempo passa più neuroni muoiono e maggiore è il deficit neurologico o il rischio di morte”.
Ogni anno in Campania si registrano circa 13 mila casi di ictus cerebrale, di questi l’80 per cento sono ischemici, il 20 per cento emorragici e il costo dell’assistenza per il servizio sanitario è di circa tre miliardi e mezzo. Cardarelli e Ruggi d’Aragona – quest’ultimo grazie all’entusiasmo trasmesso ai colleghi da un neuroradiologo poco più che trentenne trasferitosi da Siena a Salerno – i due centri operativi sul fronte ictus. “Aspettiamo la collaborazione dell’Ospedale del Mare, del Policlinico Federico II e dagli altri Hub che completeranno la rete delle stroke unit (uno ogni milione e 200mila abitanti), ma come già avviene in altre Regioni – ricorda Muto – anche in Campania sarà necessario realizzare i Pac (pacchetti ambulatoriali complessi) per assistere dopo la fase acuta i cittadini colpiti da ictus cerebrale”.