La dieta per una vita longeva e in salute (XIII parte)
6 Agosto 2020C’ERA UNA VOLTA IL PANE
3.1. UN TEMPO ERA UN ALIMENTO COMPLETO
Il pane è l’alimento più semplice per eccellenza che è alla base dell’Alimentazione Mediterranea, oggi patrimonio dell’UNESCO. Gli Eremiti, per esempio, vivevano di solo pane e acqua. Quattro sono gli ingredienti principali che servono per fare il pane: farina, acqua, lievito naturale e sale. Quest’ultimi, oltretutto, non sono sempre presenti. In alcune regioni, infatti, si usa molto il pane azzimo cioè non lievitato ed in alcune regioni (Toscana, Marche) usano fare il pane senza sale.
Il pane azzimo è un pane legato alla tradizione ebraica, il nome deriva dal greco “azymos” (che significa privo di lievitazione) che in ebraico diventa “mazzah”. Il pane azzimo, infatti, è un pane puro e povero senza sale né lievito realizzato solo con farina ed acqua, è l’alimento simbolo della Pasqua ebraica che rievoca l’esodo dall’Egitto, rappresentando il pane dei fuggitivi proprio perché preparato in fretta dagli ebrei in fuga. Questo pane quindi non prevede la lievitazione, si impasta rapidamente e si cuoce in tempi brevi e soprattutto ha il vantaggio di una lunga conservazione. Il pane azzimo è un alimento che porta con sé profondi significati religiosi, come il profondo rispetto del digiuno eucaristico che è parte della cultura e delle tradizioni Mediterranee (Monoteismo).
3.2. PANIFICAZIONE MODERNA
C’era una volta… ma con l’industrializzazione della filiera del pane, a questi semplici ingredienti ne sono stati aggiunti molti altri che possiamo trovare leggendo l’etichetta tra cui troviamo gli enzimi (amilasi, lipasi, xilanasi, proteasi) che permettono la scissione dell’amido in zuccheri semplici che, fermentati dai lieviti, accelerano la lievitazione dell’impasto. Tutti questi enzimi vengono proposti ai panificatori direttamente o indirettamente i quali, però, modificano la struttura stereoisomerica del reticolo glutinico dell’impasto.
La maglia glutinica si struttura in un modello tridimensionale molto diverso dal modello spaziale che si forma durante la lievitazione naturale perché gli enzimi prodotti in quest’ultimo caso sono un mix bilanciato prodotto dai batteri e lieviti che tagliano il reticolo in più punti rendendo i processi digestivi molto più semplici.
Andando nei campi di grano e parlando con gli agronomi ho appreso che Madre Natura dona di amilasi gli strati esterni del chicco di grano e questo parametro è indicato come “Falling number, FN” (indice di caduta). Tali zuccheri sono necessari in misura importante per consentire la produzione della CO2 durante la lievitazione dell’impasto, con conseguente formazione degli alveoli che conferiranno morbidezza al pane. Quando la FN > 300 l’attività alfa amilasica è molto debole; la ermentazione è ritardata e i prodotti formeranno una crosta dura; per migliorare la panificazione di queste farine si aggiungono farine maltate.
Con valori FN tra 200-250 si ha un’attività amilasica “normale”. Mentre con FN < 200 si ha un’attività amilasica molto elevata: l’impasto è molle e appiccicoso, e in cottura si ottiene un colore marrone e una crosta friabile.
In sintesi, se una farina ha una bassa attività amilasica, si può mescolare con altre ad attività maggiore in modo da ottenere una farina che abbia determinate caratteristiche. La quantità di enzimi presente ha, infatti, un impatto diretto sulla qualità del pane prodotto.
I lieviti chimici come l’acido solforico, il cloruro d’ammonio, i solfati, i fosfati di calcio non appartengono alla tradizione e alla cultura mediterranea e, quindi, non li prendiamo in considerazione. Alcune volte, possiamo leggere in etichetta la presenza di acidi grassi nell’impasto del pane; questo perché l’amilasi è così debole da dover aggiungere grassi e/o emulsionanti per impedire al pane di sgonfiarsi. Inoltre, ritroviamo la presenza di conservanti come il sorbato o propionato di calcio ed anche questi non sono relativi alla nostra tradizione.