La fuga dei medici all’estero

La fuga dei medici all’estero

13 Marzo 2021 0 Di La Redazione

Un fenomeno, quello legato alla carenza di camici bianchi, ormai drammatico per un Sistema sanitario nazionale già di per se carente di personale ed al quale si aggiunge la cronica perdita di medici, spesso giovani, che preferiscono, una volta formati in Italia, andare all’estero per lavorare. Come se ad un paziente già gravemente malato si aggiungesse uno stillicidio cronico. E a poco serve aumentare il numero programmato degli accessi al corso di laurea in medicina, se poi, una volta laureato (e a volte anche specializzato) il giovane emigra in cerca di un lavoro migliore: serve bloccare l’emorragia, non fare soltanto trasfusioni. Negli anni dell’emergenza sanitaria il nostro paese si è riscoperto carente di personale negli ospedali e sul territorio; i numeri parlano chiaro: al Servizio sanitario nazionale mancano moltissimi medici (circa 10.000); questa carenza che sta svuotando reparti e territorio, come ripetiamo da anni , è frutto di una  programmazione degli anni passati non aggiornata in base al pensionamento progressivo e sempre più massiccio dei medici anziani ( la gobba pensionistica raggiungerà il picco soltanto nel 2025); ma nel frattempo ogni anno mediamente 1500 medici decidono di  trasferirsi all’estero per lavorare o per specializzarsi (in tutta la comunità europea  quelli italiani rappresentano il 50% di tutti i medici che emigrano); essi sono di tutte le età, ma a prevalere sono ovviamente i giovani: neospecialisti o ancora senza il titolo appena laureati. Un enorme danno al Italia che non solo spende tantissimo per formare i giovani, ma non riassorbendoli nel mondo del lavoro, accentua le carenze croniche di personale.  In testa alle regioni più “abbandonate” c’è la Lombardia, Veneto e Campania. Le cause sono chiare e note da tempo: scarse probabilità di conseguire un titolo specialistico per l’ulteriore imbuto formativo legato al numero non sufficiente di contratti di formazione specialistica e di medicina generale, blocco dei concorsi con assunzioni precarie e con contratti a termine economicamente molto svantaggiosi, scarse risorse per la ricerca, assenza di meritocrazia nelle scelte  e nelle selezioni. Gli ordini professionali possono e devono contrastare questo fenomeno, spingendo le istituzioni nazionali e regionali verso una politica che riporti al centro i giovani medici e il loro futuro. L’ordine dei medici di Napoli può rivestire un ruolo centrale nei prossimi quattro anni con le seguenti priorità: 1) indicare la strada per far sì che i prossimi ingenti investimenti  nel sistema sanitario si concretizzino in assunzioni nei settori carenti; 2) migliorare le condizioni lavorative dei professionisti sanitari con il rispetto della dignità del lavoro; 3) investire nella ricerca universitaria; 4) fluidificare i percorsi burocratici nell’ambito dell’esercizio della professione; 5) attivare subito un piano di rilancio che permetta ai giovani di realizzare la loro professionalità in Regione Campania, valorizzando ricerca e formazione; 6) difesa dei professionisti dallo sciacallaggio delle cause di risarcimento. Urgente e prioritario risulta lo sblocco dei concorsi delle strutture sanitarie adeguando gli organici della medicina ospedaliera territoriale e della prevenzione e accelerando la pubblicazione delle carenze nell’assistenza primaria territoriale e nella specialistica ambulatoriale.

Maria Triassi e Agostino Buonauro, candidati per la lista Etica alle prossime elezioni dell’Ordine dei Medici di Napoli