“La penuria di medici, nei prossimi anni, diventerà emergenza”
25 Gennaio 2019Il problema cronico del Sistema sanitario italiano è che dalle scuole di specializzazione escono troppo poche persone rispetto a quelle che vanno in pensione ogni anno.
Un recente studio condotto dai sindacati di categoria ha rivelato che tra il 2019 e il 2025 andranno in pensione quasi la metà dei 105mila medici del Servizio Sanitario Nazionale, mentre la carenza di specialisti potrebbe ragionevolmente attestarsi intorno al 18% del totale.
Le misure pensionistiche volute dal governo, come “quota 100”, se non bilanciate da nuove assunzioni, rischiano di aggravare una carenza di figure professionali che ha cause storiche come l’imposizione del vincolo nazionale alla spesa per il personale sanitario, il blocco del turnover introdotti dalla legge finanziaria 2007, l’insufficienza di contratti di formazione post laurea, che non coprono la richiesta di specialisti e di percorsi formativi rispetto al numero di laureati.
La situazione della sanità pubblica nei prossimi anni, quindi, potrebbe assumere i contorni di una vera emergenza nazionale, cui vanno posti correttivi strutturali per evitare il collasso del sistema.
In questi giorni però è in corso di conversione il decreto 135, pubblicato a dicembre del 2018, che apre uno spiraglio per risolvere il problema, anche se parzialmente, dei medici di medicina generale, anche perché le attuali procedure di reclutamento sono limitative. Dopo la specializzazione in medicina generale ai candidati non resta che partecipare ai corsi a numero chiuso che offrono in prospettiva, nel migliore dei casi, contratti a termine tutt’altro che funzionali a una formazione vera sul campo. Ma il fabbisogno è sicuramente superiore.
Quindi, se pur transitoria e per tamponare, è stata individuata una soluzione al problema che consentirebbe di poter, anche solo da corsisti, accedere alle aree carenti che vanno spesso deserte, appunto per mancanza di specialisti.
Il problema del sistema sanitario italiano, segnalato ormai da diversi anni, è che dalle scuole di specializzazione escono troppo poche persone rispetto a quelle che vanno in pensione ogni anno. Così si crea una carenza enorme di professionisti, acuita dal fatto che ci sono comunque limiti sulle assunzioni. La quota 100 si inserisce dunque in un sistema che vive già un momento delicato, ancora più complesso e drammatico per la mancanza già cronica degli specialisti in ospedale. Che come si sa possono essere gli unici medici assunti da quando sono in vigore le varie riforme che si sono succedute dalla 502 del 1992, a cui ha fatto seguito il Decreto legislativo 517 del 21 dicembre 1999 “Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell’articolo 6 della legge 30 novembre 1998, numero 419”, e con il decreto legislativo 19 giugno 1999, numero 229 recante: “Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’articolo 1 della legge 30 novembre 1998, numero 419”, e successivi.
La riforma della Sanità, attuata con la legge 502, prevedeva che il medico potesse conseguire la specializzazione durante il servizio ospedaliero, acquisendo non solo la professionalità richiesta, ma anche il necessario “rapporto clinico” con colleghi e superiori. In realtà anche con tutte le successive riforme non è mai stato cambiato l’impianto, sono mancati, invece, i decreti attuativi conseguenti, anche perché nel frattempo si sono recepite la direttive europee sulle specializzazioni e non si è trovata armonizzazione tra l’allora ministero dell’Istruzione e dell’allora ministero della Sanità per formazione didattica e assistenza.
Ora, tutto quanto auspicato dai sindacati per alleggerire la situazione (sblocco del turnover, incrementare il finanziamento per le assunzioni e l’aumento dei contratti di formazione post laurea) è sicuramente positivo. Tuttavia, in attesa che abbia seguito l’accordo tra Stato e Regioni del 2018 che fa una ricognizione puntuale, mettendo in risalto la necessità, improcrastinabile, di aumentare il numero di specialisti, solo per ora, già di 2369 per il triennio 2017-2020 per la determinazione reale del fabbisogno di medici specialisti. A tal fine è auspicabile che il decreto 135 del 2018 sia preso come esempio per ipotizzare una norma transitoria da inserire nel rinnovo del contratto dei medici ospedalieri, non ancora siglato, o con altro strumento normativo anche in forma di decreto, sulla scia del 135 in fase di conversione in legge, affinché un medico non specializzato abbia di nuovo la facoltà di formarsi in ospedale ed essere assunto in formazione come avveniva prima della riforma. La riforma, infatti, consentiva ai medici anche non specialisti di entrare a pieno titolo come assistenti anche se non specialisti. Cosa che oggi viene impedita perché diventa invalicabile ostacolo ai fini dell’assunzione nelle strutture sanitarie come requisito insuperabile la specializzazione nella branca che sia chirurgica o medica specifica del reparto dove si intende svolgere l’attività.
* Medico, specialista in otorinolaringoiatria