La salute viene prima del contenimento della spesa pubblica
7 Dicembre 2024Una norma che arreca un “pregiudizio irrimediabile alla collettività”, “potenzialmente idoneo ad incidere su diritti fondamentali della persona, quali il diritto alla salute e i diritti sociali e della famiglia”. Con queste parole la Regione Campania, in un lungo ricorso contro la legge di Bilancio per il 2024, ha chiesto alla Corte Costituzionale – che ha deciso oggi – di dichiarare illegittima la previsione per cui, in caso di mancato versamento del contributo allo Stato da parte delle Regioni nel termine previsto, “il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvede al recupero mediante corrispondente riduzione delle risorse a qualsiasi titolo spettanti a ciascuna regione”. Quindi anche per la salute.
Secondo la Regione Campania, infatti, questa disposizione “si pone in patente violazione dell’autonomia finanziaria delle regioni, garantita dall’art. 119 della Costituzione e, laddove consente la riduzione di risorse spettanti a qualsiasi titolo, contraddice l’intero impianto normativo” del comma 527 impugnato, “che distingue le spese connesse ai diritti sociali e alla tutela della salute”. Per la Regione “tale previsione normativa arreca un pregiudizio irrimediabile alla collettività, in quanto introduce, a tutta evidenza, un principio formalmente suppletivo rispetto all’autodeterminazione delle regioni ma di fatto ‘sanzionatorio’, potenzialmente idoneo ad incidere su diritti fondamentali della persona, quali il diritto alla salute e i diritti sociali e della famiglia, che il legislatore (…) ha inteso escludere dai potenziali canali di finanziamento della compartecipazione regionale alla finanza statale”.
“Più precisamente – si legge nel ricorso della Regione Campania – la norma attribuisce agli organi ministeriali un ‘potere di compensazione’ delle somme dovute alle regioni senza escludere, da tale compensazione, le risorse destinate a finanziare i menzionati diritti fondamentali, in guisa che viene a configurarsi il grave rischio per le regioni di non avere a disposizione le risorse finalizzate a finanziare i servizi essenziali della persona”.
La Consulta, decidendo sul ricorso della Campania, ha oggi tra l’altro dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 527, della Legge di Bilancio nella parte “in cui non esclude dalle risorse che è possibile ridurre, a seguito del mancato versamento del contributo dovuto da parte delle regioni, quelle spettanti per il finanziamento dei diritti sociali, delle politiche sociali e della famiglia e, in particolare, della tutela della salute”. Ciò in quanto, “nemmeno nel caso in cui la regione non abbia versato la propria quota del contributo alla finanza pubblica, lo Stato può ‘rispondere’ tagliando risorse destinate alla spesa costituzionalmente necessaria, tra cui quella sanitaria (…) dovendo quindi agire su altri versanti”.
Sulla sentenza è intervenuta anche, parlando con l’ANSA, Almerina Bove, avvocato e capo di Gabinetto del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. “Abbiamo impugnato la legge di Bilancio dello Stato che impone a tutte le Regioni di contribuire alla finanza pubblica riversando alle casse dello Stato, entro il 30 giugno di ciascun anno, un importo complessivo di 305 milioni per il 2024 e di 350 milioni per gli anni successivi, fino al 2028 prevedendo la possibilità per il Mef, se una Regione non effettui il versamento, di recuperare questi importi trattenendo risorse destinata alla stessa Regione. E la Corte Costituzionale, accogliendo il nostro ricorso, riscrive la disposizione impugnata, escludendo che lo Stato possa tagliare risorse destinate alle regioni per il finanziamento della sanità, delle politiche sociali e della famiglia”, afferma Bove, sottolineando che la Campania è stata “l’unica Regione ad aver proposto il ricorso, il cui accoglimento porta vantaggi a tutte le Regioni”.
“La pronuncia della Corte – afferma ancora Bove – è estremamente importante per le concrete conseguenze che ne derivano per la Regione Campania e per i cittadini campani, risultando salvaguardate le risorse, già non ingenti, destinate ai servizi essenziali. Ed è anche importante il principio che è alla base della pronuncia, della sussistenza di una sfera di diritti che è e deve rimanere incomprimibile, perché riguarda i bisogni primari dei cittadini. Lo Stato poteva infatti tagliarti le risorse che afferiscono al sistema sanitario, ai sistemi sociali e alla famiglia. E’ un principio di civiltà giuridica importante quello ribadito oggi dalla Consulta, che afferma il primato dei diritti delle persone sulle esigenze di bilancio e sul piano concreto fondamentale delle Regioni che non si vedranno più tagliate risorse per beni principali dei cittadini.
Era stato anche annunciato il taglio della compartecipazione all’Iva che finanzia il servizio sanitario in Campania”.
La sentenza giunta oggi dalla Consulta sul ricorso della Campania sui fondi per la sanità “è importante anche perché contiene un preciso monito al Parlamento di ‘scongiurare l’adozione di tagli al buio’, sottolineando il principio che quando il legislatore statale impone tagli alla spesa alle Regioni deve prima verificare la sostenibilità di questi tagli e se abbiano ricadute sui servizi ai cittadini”, aggiunge l’avvocato Bove. La sentenza, prosegue, “richiama anche il Governo nazionale alla leale collaborazione con le Regioni che non sia solo di facciata ma sia concreta e sostanziale. E’ una sentenza che costituisce un importante tassello nell’ottica della tutela dei cittadini, la cui salute va garantita a prescindere dalla capacità reddituale degli stessi cittadini”. “La nostra vittoria – continua Bove – è importante per tutte le Regioni svantaggiate sul piano economico. Ricordo che la Regione Campania è in piano di rientro e quindi sottoposta già a pesanti vincoli di spesa sanitaria. Abbiamo quindi denunciato che la prevista riduzione delle risorse del fondo sanitario nazionale, come pure del fondo per le politiche sociali, avrebbe costituito una violazione dei diritti fondamentali dei cittadini. E la Corte ha accolto il ricorso in questa parte”. Secondo la legale, “questa pronuncia si pone in assoluta continuità con quella, pubblicata solo pochi giorni fa, che ha bocciato, in larghissima misura, la legge sull’autonomia differenziata varata dal Parlamento nel giugno scorso. Da un lato, nella pronuncia sull’autonomia differenziata, si è affermata la necessità di garantire alle Regioni la disponibilità di tutte le risorse necessarie al fine di garantire i livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e sociali (LEP). Dall’altro, in questa nuova pronuncia, si è affermato, richiamando lo stesso principio di diritto, che i diritti afferenti la salute, la famiglia e la vita sociale dei cittadini, coinvolgendo primarie esigenze della persona umana, non possono essere sacrificati per esigenze di contenimento della spesa pubblica”.