La sanità iperprescrittiva.
13 Ottobre 2018Scrivi iperprescrzione, leggi sciupio di danaro pubblico che potrebbe essere, con giusta causa, impiegato altrove. Ed il riferimento, in questo caso, non è al malaffare delle ricette false, delle prestazioni retribuite e mai eseguite, o di chi prescrive sotto “suggestione” delle case farmaceutiche o di qualche titolare di centro diagnostico di pochi scrupoli.
Questa materia, infatti, attiene al reato penale ed alla cronaca giudiziaria che, ogni tanto, ad andamenti ciclico, trova ospitalità sulle pagine dei quotidiani.
No, il fenomeno sul quale intendo porre l’attenzione è quello meno vistoso, più sommerso, ma non per questo meno pernicioso dell’ìperprescrizione determinata, per così dire, dalla mancanza di un’opposizione seria. Chiarisco! Mi riferisco a quei casi dove l’indebita pressione del paziente, finisce per avere la meglio sulla valutazione del medico e, su quella che un brutto ma efficace termine, coniato dalla burocrazia, definisce appropriatezza prescrittiva.
Non credo sia troppo auspicare una sanità dove il medico sappia far valere il ruolo di medico ed il paziente si limiti a quello di paziente. Succede, però, che nell’era del Web e degli specialisti improvvisati, al di là di ricette miracolose che promettono guarigioni altrettante miracolose, si consigliano via internet esami sulla base di sintomi, spesso confusi. Chiaramente in assoluta assenza di qualsivoglia valutazione clinico-obiettiva da parte di un medico o di uno specialista.
Accade così che il paziente/dottore, si rechi dal medico di famiglia con “le idee ben chiare” sul da farsi. Da qui all’autoprescrizione diagnostica il passo è breve. A volte, è sufficiente a spingere in questa direzione anche il consiglio amicale di chi “si è trovato bene a fare quell’esame che gli ha salvato la vita”. Ed allora, basta individuare un solo “riscontro” sulla base di sintomi somiglianti (e qui anche la paura gioca il suo ruolo) ed il gioco è fatto: l’esame deve essere quello. Specialmente se molto costoso per il sistema sanitario pubblico, perché allora “deve essere buono per forza e, necessariamente, trovare indicazione nel mio caso”.
Non è fantasanità, né una generalizzazione che intende coinvolgere la gran parte dei medici di famiglia o degli altri soggetti prescrittori che, con puntualità ed impegno, fanno il loro dovere alla grande. Pure, il fenomeno di malcostume esiste, con buona pace di quanti, di fronte a questo argomentare storceranno nasi e bocche.
Vi concorre, oltretutto, la minaccia “velata” del paziente/dottore di rivolgersi altrove, con relativo cambio di medico e specialista. Per il medico, non è estraneo al fenomeno anche il rifugio in una certa medicina difensiva che, di fronte anche ad una carenza legislativa evidente e con la fuga delle Assicurazioni dai possibili, esosi, risarcimenti, resta l’unica scappatoia praticabile per “limitare i danni”.
Il resto lo fa un’organizzazione dell’assistenza che, ad oggi, invece di tagliare sugli sprechi (esistevano ed esistono) preferisce tagliare sul personale sanitario, a tutti i livelli, con conseguenza facilmente intuibili.
Alla fine il medico – vessato dal paziente/dottore, assediato da accorsati studi legali che, nelle autopromozioni, promettono risarcimenti milionari alle vittime, o presunte tali, della malasanità – finisce per cedere, sciogliendo la riserva con un ecumenico: “esame diagnostico sia”.