L’amore che cura

L’amore che cura

15 Maggio 2019 0 Di Mariagrazia Manna

“Per una medicina solidale e efficace” questo il filo conduttore dell’incontro nazionale Pastorale della salute organizzato a Caserta dalla Conferenza episcopale italiana.

La persona malata, non il malato. L’uomo o la donna che vive il dramma di una patologia severa che non è e non può essere “identificazione” con la malattia stessa. Un processo, quello del trattamento medico, che non può essere disgiunto dall’approccio psicologico e, soprattutto, umano. Una modalità terapeutica che, invocata da anni, stenta a decollare perché il mondo della scienza, troppo spesso, finisce col dimenticare che dietro ogni infermità ci sono uomini, donne e bambini che soffrono. I medici e gli operatori sanitari devono portare avanti la cultura dell’umanizzazione della medicina e devono essere in grado di ascoltare la persona ammalata con la sua storia e la sua cultura per guidarla nel processo di terapia”.

Ad affermarlo è Aldo Bova, presidente del Forum delle Associazioni sociosanitarie nonché primario emerito di ortopedia dell’ospedale san Gennaro di Napoli, durante l’incontro “Per una medicina solidale ed efficace”, nell’ambito del convegno nazionale della Pastorale della Salute della Cei, svoltosi a Caserta.

Un altro tema particolare da non trascurare – completa Bova – è quello della disuguaglianza nella salute tra i cittadini italiani. E’ documentato che i più poveri vivono tre anni in meno rispetto ai più ricchi e al Sud il divario diventa addirittura di quattro anni. E secondo alcuni studi circa il 20-30% dei malati di tumore non risponde alle cure mediche quando viene sottoposto a chiemioterapia. Si tratta di un problema sociale, umano e politico. Come Forum vogliamo che questo tema venga preso in esame per ridurre la povertà e la incultura e affinché si creino delle strutture che accompagnino i più disagiati a fruire meglio e più rapidamente delle prestazioni sanitarie, offerte comunque a tutti nel nostro sistema universalistico”. Emerge così il problema di un sistema sanitario a due velocità che divide regioni ricche e regioni povere. Un divario che rischia di aumentare se passerà il criterio dell’autonomia finanziaria regionale e di peggiorare ulteriormente se si vorrà garantire assistenza adeguata ad una popolazione che invecchia come opportunamente sottolineato da Mario De Biasio, direttore generale dell’Asl Caserta: “Oggi dobbiamo fare i conti con la neocronicità e con il concetto che in futuro i costi sanitari saranno insostenibili. Per questo dobbiamo far funzionare meglio e bene le nostre strutture, specialmente quelle territoriali”.

Il paziente deve essere considerato tale e non un semplice utente – ha chiuso Filippo Maria Boscia , presidente nazionale dei medici cattolici – c’è bisogno di una medicina narrativa, che sappia ascoltare le storie dei malati, per conoscere le modalità di cura più adatte a loro”.