L’elettrostimolazione profonda per il Parkinson?
16 Marzo 2019Sempre più ricorrenti, sui media nazionali ed internazionali, la proposta di curare la grave malattia degenerativa attraverso un flusso elettrico che dovrebbe frenarne i sintomi.
Pur non avendo esperienza diretta ho letto comunque, con molta attenzione, quanto riportato dal professor Adenzato e qualche osservazione mi sento di farla.
L’idea di stimolare aree cerebrali specifiche con un flusso di corrente è oramai molto in voga nell’ambiente delle neuroscienze e viene applicato in situazioni patologiche molto differenti ottenendo risultati spesso non univoci. Lo stesso professore parla di risultati interessanti, promettenti ma non ancora applicati nella pratica clinica. Creare un flusso di corrente non stimola una sola via nervosa, ma moltissime in stretta contiguità, creando effetti a cascata, pertanto questi effetti possono essere difficilmente interpretabili in termini di neuroanatomia funzionale. Si possono quindi fare ipotesi, illazioni sul possibile ruolo di una determinata zona cerebrale ma tutto rimane profondamente speculativo con ampio margine di incertezza e, quindi, di errore. Teniamo sempre presente che l’encefalo non è organizzato a scompartimenti stagni, per cui la stimolazione di una area si ripercuote invariabilmente su tutto il cervello. Ma veniamo al pratico: pur rileggendo più volte l’articolo mi rimane poco chiaro l’obiettivo che viene perseguito con questa stimolazione elettrica, obiettivo che rimane “transitorio” ed è rivolto soltanto ad ottenere un risultato positivo verificabile nell’ambito di test neuropsicologici non so quanto trasferibili nella vita quotidiana.
*Neurologo, già direttore Divisione neurologia Azienda ospedaliera Caserta