L’ipotesi di omicidio doloso in sanità
21 Ottobre 2019Cassazione penale: non sussiste il reato punibile penalmente per il medico del 118 che non rianima un paziente con poche possibilità di sopravvivere.
La Suprema Corte di Cassazione, Sezione quarta penale, con Sentenza recentissima recante n. 41893 del 17 settembre 2019 ha assolto un medico del servizio 118 che non aveva rianimato un paziente con poche possibilità di sopravvivere, affermando il principio che se un medico dell’emergenza giunge sul luogo della chiamata e non esegue la rianimazione cardiopolmonare su un uomo colpito da infarto perché ritiene che ormai il paziente avrebbe avuto poche possibilità di salvarsi, non è omicidio colposo. In tal senso la Cassazione ha ribaltato la Sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Roma con l’assoluzione del sanitario poiché il fatto non sussiste.
Afferma la Corte, in detta Sentenza, che il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva.
Sempre la Cassazione sostiene che la Corte d’Appello di Roma ha, in effetti, correttamente richiamato tali principi ed ha, altresì, ricordato che il rapporto di causalità tra omissione ed evento deve essere riscontrato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, fondato non solo su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, ma anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulla particolarità del caso concreto. Nonostante tali principi, però, la Corte d’Appello ha raggiunto delle conclusioni non coerenti con tali premesse, atteso che nella Sentenza impugnata si è ritenuto sussistente il nesso di causalità nonostante si sia evidenziato che, nella fattispecie in esame, tenuto conto delle cognizioni scientifiche e della specificità del caso concreto (condizioni del paziente al momento dell’intervento del medico), la totale assenza delle manovre rianimatorie da parte del medico imputato, ha privato, sempre secondo la Corte d’Appello della possibilità di sopravvivere il paziente, stimata in un arco tra il 2% e l’11% e, solo in caso di emersione di ritmo defibrilla bile, di circa il 23% di tali cianche.
Al contrario, la Corte di Cassazione, nell’assolvere il medico del 118 perché il fatto non sussiste, ha affermato che le esigue percentuali di salvezza ricollegate al comportamento doveroso omesso non consentono, quindi, di affermare che, se tale condotta fosse stata tenuta, l’evento non si sarebbe verificato con probabilità confinante con la certezza né in considerazione del sapere scientifico né alla luce della caratterizzazione del fatto storico. Invero, continua la Cassazione, dai dati esposti dai Giudici di merito emerge, al contrario, con evidenza, senza alcuna necessità di ulteriori accertamenti o di altre valutazioni, che l’inosservanza della regola cautelare ha privato la vittima di marginali chanches di sopravvivenza, sicché la causalità potrebbe ritenersi sussistente in base alla teoria dell’aumento del rischio, ma non a quella del condizionale contro-fattuale, ormai recepita nell’elaborazione giurisprudenziale.
Hanno, poi, concluso i Giudici di Cassazione che nel caso de quo sarebbe superfluo accertare se l’imputato sia giunto sul posto prima o dopo la morte del paziente, visto che si evince dalla Sentenza impugnata che il suo intervento, in considerazione delle cognizioni mediche e delle circostanze del caso concreto, non avrebbe potuto salvarlo con l’alto grado di credibilità razionale e, cioè, di elevata probabilità logica o probabilità prossima alla certezza richiesto, secondo l’elaborazione giurisprudenziale, ai fini della configurabilità del nesso causale.
Alla luce di tutto quanto sopra detto, pertanto, la Cassazione ha enunciato il principio che se un medico dell’emergenza giunge sul luogo della chiamata e non esegue la rianimazione cardiopolmonare su un uomo colpito da infarto perché ritiene che ormai il paziente avrebbe avuto poche possibilità di salvarsi, non è omicidio colposo e, quindi, va assolto perché il fatto non sussiste.