L’olio per promuovere il turismo
4 Gennaio 2020Grazie all’oleoturismo sarà possibile creare un rapporto diretto tra consumatori e produttori, facilitando la conoscenza dei processi produttivi e delle qualità organolettiche dell’extravergine.
Oleoturismo, una nuova opportunità per le aziende agricole, un nuovo ed originale modo di far turismo a contatto con la natura e vivere nuove ed originali opportunità di conoscenza. La Coldiretti Campania plaude alla novità contenuta nella legge di Bilancio, che battezza l’ingresso del turismo olivicolo tra le attività agricole connesse, assimilandolo direttamente all’enoturismo.
“Nella previsione normativa – spiega Aprol Campania, la più grande associazione regionale di olivicoltori – i commi 513 e 514 dell’articolo 1 precisano che per oleoturismo si intendono le attività di conoscenza dell’olio d’oliva espletate nel luogo di produzione, le visite nei luoghi di coltura e produzione, l’esposizione degli strumenti utili alla coltivazione dell’ulivo”. “In questa tipologia di turismo in aree rurali rientrano la degustazione e la vendita delle produzioni olivicole aziendali, anche in abbinamento ad altri alimenti freddi, e le iniziative a carattere didattico e ricreativo. Si tratta di una grande opportunità che aiuterà a diffondere la cultura dell’olio extravergine di qualità e a combattere le fake news che continuano a colpire il principe della dieta mediterranea, influenzando negativamente i consumatori nelle abitudini di consumo a favore di oli scadenti, a basso costo e non tracciabili”. “Le dieci fake news – sottolineano Coldiretti e Aprol Campania – più diffuse sull’olio evo sono: il colore determina la qualità; non è facilmente digeribile; meglio conservarlo in bottiglie trasparenti o nelle oliere; la sensazione di piccantezza è un difetto; se è amaro è difettato; l’ambiente di conservazione non è importante; farlo invecchiare qualche mese aumenta la qualità; non filtrato è migliore; è poco adatto alle fritture perché più pesante; quello vecchio è migliore perché meno forte”.
“Grazie all’oleoturismo – evidenziano Coldiretti e Aprol Campania – sarà possibile promuovere un rapporto diretto tra consumatori e produttori, facilitando la conoscenza dei processi produttivi e delle qualità organolettiche dell’extravergine, visitando direttamente i luoghi di produzione. L’attività oleoturistica ha natura di attività agricola connessa se svolta dalle imprese agricole. Come per l’enoturismo, l’attività consiste nella conoscenza del prodotto con attività espletate nel luogo di produzione e quindi avremo i frantoi aperti per consentire l’accesso ai consumatori”.
“Seguendo l’impostazione dell’enoturismo – suggeriscono – anche per l’olio d’oliva potranno essere previste attività formative e informative sulle produzioni di olio e sulla conoscenza delle indicazioni geografiche protette, nonché attività di carattere didattico aventi ad oggetto la storia e la pratica della attività olivicola”.
In Campania sono cinque le dop: Cilento, Colline Salernitane, Irpinia – Colline dell’Ufita, Penisola Sorrentina e Terre Aurunche. In regione sono presenti oltre 74 mila ettari coltivati ad oliveto, di cui il 5% circa con metodi di produzione biologica.
Le principali varietà olivicole campane sono: l’Ogliarola, la Marinese e la Ravece in provincia di Avellino; l’Ortice, l’Ortolana e la Racioppella in provincia di Benevento; l’Asprinia, la Tonda, la Caiazzana e la Sessana in provincia di Caserta; l’Olivo da olio (detta anche Cecinella o Minucciolo) in penisola Sorrentina, Napoli; la Rotondella, la Carpellese, la Nostrale, la Salella, la Biancolilla e la Pisciottana in provincia di Salerno.
A queste autoctone vanno aggiunte varietà come il Leccino e il Frantoio, che pur non essendo autoctone sono presenti da lungo tempo in varie zone della regione. Come per l’enoturismo, il decreto interministeriale prevede anche standard di qualità minimi. È prevista ad esempio l’apertura settimanale o stagionale con un minimo di tre giorni comprendendo anche i festivi. Gli operatori devono essere dotati di strumenti informatici per le prenotazioni, devono dare visibilità con cartellonistica che indichi la attività, utilizzando materiali informativi in almeno tre lingue ed evidenziando anche le attrazioni turistiche della zona. Inoltre, gli ambienti devono essere dedicati e attrezzati per l’accoglienza e gli addetti, titolari o dipendenti, devono essere adeguatamente preparati. La degustazione deve essere fatta con strumenti che non alterino le proprietà organolettiche del prodotto. La degustazione dei prodotti aziendali deve essere accompagnata con prodotti agroalimentari freddi, anche manipolati, trasformati e preparati dall’azienda stessa pronti per il consumo, nel rispetto dei requisiti igienici e sanitari. Gli alimenti devono appartenere alle produzioni tipiche regionali in cui è svolta l’attività olivicola.
Dall’attività di degustazione sono escluse le attività che prefigurano un servizio di ristorazione. Non si può escludere però che una azienda agricola olivicola sia anche autorizzata alla attività agrituristica e questo consente di offrire la ristorazione. In questo caso, il decreto sull’enoturismo ricorda che le imprese agricole devono rispettare le relative disposizioni per ciascuna attività svolta (oleoturismo, enoturismo, agriturismo, fattoria didattica). Sotto il profilo fiscale, per queste attività si applica la normativa fiscale dell’agriturismo e cioè la determinazione del reddito pari al 25% dei ricavi conseguiti, mentre l’Iva è detraibile nella misura pari alla metà di quella applicata sulle prestazioni (articolo 5 della legge 413 del 1991). Le prestazioni oleoturistiche sono soggette ad Iva nella misura del 22%
La detrazione forfettaria del 50% si applica soltanto alle imprese che esercitano un’attività agricola. L’inizio di attività dell’oleoturismo deve essere comunicata al comune di competenza con la Scia (Segnalazione certificata d’inizio attività economica).