Luigi Franzese: “Ringrazio la Pallavolo, devo tutto allo sport”
20 Gennaio 2022La storia della Pallavolo è recente, ma già nell’antichità esistevano giochi con la palla, che possono essere considerati predecessori della pallavolo. In antichi giochi greci e romani, ad esempio, venivano eseguiti esercizi con la palla a scopo di divertimento e svago, come il Follis.
Oggi parliamo di Covid, sport e salute con un valido pallavolista: Luigi Franzese.
Laureato in Scienze Motorie, Diplomato come Operatore Socio Sanitario e ha anche il cartellino come allievo allenatore. Quest’anno gioca in serie C con la Frattese nel ruolo di Opposto.
Come hai vissuto e come vivi, come hai affrontato e come affronti, la paura della pandemia, del contagio e del notevole disagio legato alle indispensabili, severe, misure restrittive?
All’inizio della pandemia, io come molti, ho sottovalutato la situazione pensando che non fosse cosi eclatante come la descrivevano, che fosse qualcosa di breve durata e che avremmo superato in poco tempo, sacrificando una parte delle nostre abitudini. Dopo il primo lockdown, poi, tutti ci siamo resi conto di quello che realmente stava succedendo. Le misure restrittive che ci hanno imposto sono state sicuramente utili per salvaguardare la salute delle persone ma hanno completamente stravolto lo stile di vita, le abitudini, i rapporti sociali, miei e delle persone che mi circondano. Non è stato per niente facile abituarsi a questo nuovo modo di vivere soprattutto per chi come me ama lo sport, la squadra, la condivisione, il contatto umano. Il pensiero di non poter vedere gli amici, i compagni di squadra, i ragazzi che giocano in palestra, ha condizionato molto il mio umore e la paura di ritornare in una situazione del genere è ancora concreta. Questa pandemia è stata ed è una situazione più grande di noi, non esiste un modo giusto o sbagliato di affrontarla ma sono sicuro che con l’impegno di tutti e la fiducia nelle indicazioni che ci vengono date possiamo riprenderci quella che era la nostra vita e la nostra normalità.
Quanti danni secondo te, hanno causato allo sport in generale, al volley in particolare, le chiusure indiscriminate della prima ora e la successiva, confusa, gestione politica?
Sicuramente abbiamo avuto diversi modi, a volte anche innovativi, di fare attività sportiva tra le mura di casa. Quella però era solo una parte dello sport, quella motoria, mentre quella sociale era impraticabile, anzi, addirittura rischiosa. Quelli che hanno avuto conseguenze più evidenti sotto questo punto di vista sono stati i bambini e gli adolescenti. Quest’ultimi hanno dovuto rinunciare non solo all’aspetto motorio e alla crescita sportiva ma, soprattutto, a quello socio-relazionale che in quelle fasce d’età è centrale per la crescita personale. Nella pallavolo, dopo la chiusura totale, la ripresa delle attività è stata un processo lento e difficile. Adeguarsi a tutte le norme governative e federali ha creato disagi e talvolta, confusioni a tutte le società e associazioni sportive. Le normative proposte per svolgere gli allenamenti sono state poco efficaci e limitanti per una crescita di squadra e, ovviamente anche del rapporto sociale ma purtroppo le alternative non c’erano e un primo momento il volley venne anche considerato uno degli sport di squadra più esposti al rischio contagio.
Oggi le misure restrittive sono meno limitanti, con il tempo si sta ritornando al senso di gruppo, il senso di squadra e la condivisione degli obbiettivi. La voglia di fare sport dopo questo momento di chiusura è esplosa in tante persone, per fortuna in molti genitori che hanno sentito l’esigenza di creare stimoli per i loro figli avvicinandosi al movimento pallavolistico. Sarà stato anche merito dei successi europei delle nostre due nazionali.
Quanto valore attribuisci al binomio sport-salute? Ovvero, quanto è fondamentale l’attività sportiva per il conseguimento e il mantenimento del benessere psicofisico?
Per il proprio benessere l’attività fisica è fondamentale sotto molti aspetti. Già dall’età giovanile lo sport pone le basi per una crescita sana sotto l’aspetto psichico e fisico. Lo sport segue la crescita del proprio carattere a partire della conoscenza della propria emotività, il controllo delle proprie emozioni fino ad accrescere l’autostima e la capacità di integrarsi all’interno di un gruppo. Questi aspetti entrano a far parte della forma mentis di chi pratica attività sportiva evolvendosi anche in una capacità di trasformare lo stress delle nostre routine in agonismo, invece che in ansia e pressione sociale. Questa trasformazione permette alla nostra mente di rilasciare gli ormoni della felicità aiutandoci ad affrontare la vita con una marcia in più. Nelle giovani donne, in particolare, lo sport può aiutare a raggiungere un’accettazione di se stesse e del proprio corpo che, in anni come questi (che la bellezza sta assumendo canoni sempre più rigidi e standardizzati) è diventata sempre più complessa e difficile da affrontare.
Preservare la salute della mente è importante quanto preservare quella del corpo. La prevenzione tramite l’attività fisica ci permette di non andare incontro a quelle malattie che potremmo riscontrare già in età infantile. Uno dei più comuni rischi del nostro tempo (soprattutto dell’inizio della pandemia) è quello dell’obesità, specialmente giovanile. Le conseguenze di quest’ultima possono essere svariate e rischiose come ad esempio malattie cardio-vascolari e malattie metaboliche, soprattutto il diabete. Tutto ciò può essere conseguenza non solo della mancata pratica sportiva e della sedentarietà, ma anche di una cattiva nutrizione. In sintesi penso che lo sport sia la miglior medicina.
Cosa ti ha dato la pallavolo in termini di crescita personale, sociale e professionale?
La pallavolo è entrata nella mia vita grazie alla scuola. È stata una svolta nella mia crescita. Gioco da molti anni ormai e in questo percorso mi sono dedicato anche alla formazione come allenatore e alla mia crescita professionale. Ciò che questo sport mi ha insegnato e mi ha trasmesso è l’importanza della condivisione, del rispetto reciproco, della dedizione al lavoro e al sacrificio, a reagire alle emozioni, a non crearsi alibi, a conoscersi, a comunicare e soprattutto ad ascoltare, a capire che da chiunque c’è sempre qualcosa da imparare. Oggi dedico tutto allo sport. Anche il mio percorso di studi tende a quella che prima è nata come una passione e poi è diventata una scelta professionale.
Credo molto nei valori che il volley mi ha trasmesso e caratterizzano quello che oggi sono diventato, cerco costantemente nel mio percorso di trasmettere tutto questo alle persone che mi circondano, ai compagni di squadra, ai ragazzi che allenavo e che alleno, perché penso che la mia vita sia stata la dimostrazione che lo sport può realmente essere una scintilla nella vita di tanti ragazzi che si affacciano al mondo.