Malattie del fegato, le novità per diagnosi e cure
17 Marzo 2024Nuovi studi attestano che eliminando la causa della malattia il fegato può tornare a una fase compensata della malattia. Il Test ELF consente una diagnosi epatica senza procedure invasive, mentre gli sviluppi del TIPS permettono un approccio mini-invasivo per l’ipertensione portale
Recenti studi illustrano importanti progressi in tema di diagnosi e trattamento delle malattie del fegato. Tra le novità più significative, vi è la possibilità di passare da una cirrosi scompensata a una ricompensata, il Test ELF che con un semplice prelievo del sangue permette di identificare il rischio di sviluppare complicanze gravi della steatosi epatica non alcolica, il TIPS come approccio terapeutico sempre più efficace nei confronti dell’ipertensione portale. Questi sono alcuni degli studi presentati al 56° Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato, che si tiene a Roma presso il Centro Congressi Auditorium della Tecnica in Viale Umberto Tupini, 65, giovedì 14 e venerdì 15 marzo, alla presenza di oltre 800 specialisti.
LE STRATEGIE CONTRO LA CIRROSI SCOMPENSATA – Per anni si è pensato la malattia epatica scompensata fosse una condizione irreversibile, un punto di non ritorno in cui il trapianto di fegato costituiva l’unica soluzione per non andare incontro al decesso. Negli ultimi mesi sono emersi importanti dati che hanno confutato questo dogma. “Se si interviene sulla causa della malattia di fegato (astensione da bevande alcoliche, eradicazione dell’Epatite C, soppressione della replicazione del virus dell’Epatite B) la funzione del fegato può migliorare significativamente fino a un quadro di ricompensazione, ossia tornare a una fase compensata della malattia, nella quale le complicanze sono assenti e i sintomi sono modesti. La ricompensazione si associa ad un miglioramento della quantità e della qualità della vita – sottolinea Salvatore Piano, Medicina Interna indirizzo epatologico, Dip. Medicina, Università di Padova –. Inoltre, come rilevano i dati presentati in sede congressuale, i pazienti che ottengono la ricompensazione mostrano una sopravvivenza sovrapponibile a quella dei pazienti che non hanno mai avuto un episodio di scompenso”.
IL TEST ELF: UN PRELIEVO DI SANGUE PER LE DIAGNOSI EPATICHE – Alcuni pazienti affetti da steatosi epatica non alcolica hanno un maggior rischio di sviluppare eventi cardiovascolari, uno scompenso della funzione epatica o un tumore del fegato. Per valutare questi rischi è da poco stato introdotto un nuovo sistema non invasivo. “Fino a poco tempo fa, l’unico strumento disponibile per valutare i rischi di aggravamento della malattia epatica o di complicanze cardiovascolari era un metodo invasivo di misurazione della fibrosi epatica, ossia una biopsia epatica per valutare il grado di fibrosi nel fegato – spiega Antonio Liguori, UOC Medicina Interna e Trapianto di Fegato, Policlinico A. Gemelli, IRCCS – Recentemente sono stati sviluppati test non invasivi che si possono condurre con un semplice prelievo di sangue, attraverso i quali si può valutare sia la capacità di distinguere il grado di avanzamento della patologia epatica, sia stratificare il rischio futuro di questi eventi sfavorevoli. Uno di questi metodi diagnostici innovativi e non invasivi è il Test ELF, che misura le proteine che derivano dalla degradazione del collagene. Maggiore è il valore di questo biomarcatore, più è elevato il rischio negli anni di sviluppare le complicanze della patologia epatica. Questo biomarcatore ha una funzione prognostica, ovvero consente di capire il rischio che il paziente ha di sviluppare queste complicanze in futuro e di conseguenza di indicarci le adeguate contromisure da prendere. Rispetto a una biopsia, questa procedura è molto meno invasiva, è semplice, economica e non presenta complicanze. Inoltre, vista la semplicità, è utile sottoporre al Test ELF tutti i pazienti affetti da malattia epatica legata al grasso, con particolare attenzione per coloro che abbiano un’evidenza di steatosi epatica all’ecografia e comorbidità come diabete, ipertensione arteriosa, obesità”.
IL “TIPS” CONTRO L’IPERTENSIONE PORTALE – Un’altra innovazione significativa consiste nel trattamento mini-invasivo delle complicanze dell’ipertensione portale con il TIPS (Shunt Portosistemico Intraepatico Transgiugulare). L’ipertensione portale è una complicanza delle malattie epatiche croniche come la cirrosi; si presenta quando la pressione sanguigna nella vena porta (la vena principale che trasporta il sangue dall’intestino al fegato) diventa troppo elevata; può provocare sanguinamenti gastrointestinali e la comparsa di ascite, ovvero l’accumulo di liquido a livello addominale.
“Il TIPS è un intervento di radiologia interventistica che consiste nella creazione di uno shunt, una connessione, tra un ramo della vena porta e una vena epatica – spiega Dario Saltini, gastroenterologo, AOU Modena, Università di Modena e Reggio Emilia – Si esegue con un approccio mini-invasivo tramite una piccola puntura su una vena del collo (la vena giugulare interna) attraverso la quale si raggiunge l’interno del fegato, dove si crea questo bypass rilasciando uno stent ricoperto. Negli ultimi anni, grazie a sviluppi tecnici e clinici, il TIPS si è affermato come terapia efficace e sicura per il trattamento dell’ipertensione portale. Recenti studi hanno permesso di migliorare l’identificazione dei pazienti più idonei al posizionamento del TIPS, in base a vari parametri, tra i quali la funzionalità renale, la performance cardiaca e la massa muscolare. Al congresso AISF sono stati presentati i risultati di uno studio che ha coinvolto 4 centri italiani (Modena, Roma, Firenze, Padova) a supporto di un approccio innovativo per il posizionamento del TIPS: l’utilizzo di stent di diametro minore rispetto al trattamento convenzionale riduce gli effetti collaterali mantenendo elevata l’efficacia terapeutica”.