Manovra e Acn, i Mmg chiedono più fondi: pronti allo sciopero
6 Settembre 2024«Siamo molto perplessi e preoccupati per la mancanza di risorse che rischiano di mettere in ginocchio l’assistenza. Occorre che il Ministero dell’Economia ascolti il personale sanitario dipendente e convenzionato per trovare risorse adeguate per il Fondo sanitario nazionale e metta in condizione la medicina generale di sostenere il carico assistenziale che ha sempre garantito, come oltretutto sostenuto più volte anche dal Ministro della Salute». A dirlo in una nota Silvestro Scotti, segretario generale della Fimmg, in vista della prossima Legge di bilancio. Il leader del sindacato dei medici di medicina generale ribadisce l’esigenza di trovare almeno 10 miliardi da investire a vario titolo sui professionisti della salute, ma soprattutto torna su un tema che Fimmg ha sostenuto, inascoltata, nei confronti degli ultimi quattro Governi: interventi di detassazione sulle indennità di quota variabile e di decontribuzione rispetto al personale assunto direttamente dai medici. «Ricordiamo che si interverrebbe su ambiti di una categoria che può e deve offrire ai cittadini, tra le altre cose, un’assistenza di prossimità e una corretta e continua gestione delle cronicità. I carichi di lavoro devono essere sostenuti con personale e capacità di investimento diretto perché già oggi stanno azzerando, se non negativizzando, l’attrattiva verso la nostra area».
Scotti ricorda come gli studi dei medici di medicina generale siano di fatto delle imprese a scopo esclusivamente pubblico e di interesse sociale. «Detassare la quota variabile del nostro stipendio che si riferisce ad obiettivi come le vaccinazioni, la domiciliarità, gli screening e così via – ricorda il leader Fimmg – significherebbe consentire ai medici di medicina generale di liberare risorse che consentano di organizzare meglio il proprio lavoro e al contempo incentivarli rispetto ad obiettivi di salute che rispecchiano le finalità previste dal PNRR e dai Piani Sanitari Nazionali». Allo stesso modo, il Governo è chiamato a lavorare sulla decontribuzione, che potrebbe incidere in modo significativo nel porre un argine alla carenza, drammatica, di medici di famiglia. «Nei prossimi anni – evidenzia Scotti – ne mancheranno più di 7.000. Dobbiamo fare in modo che quelli che restano abbiano un livello organizzativo, anche nell’ambito della proposta primaria, arricchito della presenza di collaboratori amministrativi, operatori socio-sanitari e infermieri». Processi di decontribuzione per gli studi dei medici di famiglia che, oltre ai benefici in termini di assistenza, inciderebbero positivamente sul PIL e contestualmente porterebbero ad una riduzione della disoccupazione. Paradossale, ad esempio, è l’impossibilità per i medici di medicina generale di scaricare i costi dell’auto. «Sembra una banalità, ma è lo strumento che consente a tutti noi di portare assistenza a chi è allettato e non può raggiungere i nostri studi. La domiciliarità come la casa primo luogo di cura restano solo belle parole se non si considera la logistica e la mobilità per servizi di cure primarie che coprono anche e in solitaria le aree interne del paese».
Altra questione che solleva più di un malumore nella categoria, e non trova giustificazioni, è (a sette mesi dalla firma dell’ultimo ACN) la mancanza dell’Atto di indirizzo indispensabile alla definizione dell’ACN 2022 – 2024. «Chiudere entro l’anno la questione – ricorda Scotti – servirebbe ad allineare gli stipendi dei medici al 2024, mentre siamo ancora al 2021. Allo stato attuale i medici di medicina generale, che pagano in proprio tutte le spese legate alla professione, sono costretti con uno stipendio allineato al costo della vita del 2021, a supportare l’inflazione corrente». Non meraviglia il richiamo forte che arriva dall’intera categoria al MEF, per ciò che concerne gli investimenti da porre in essere, e al presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga oltre che al coordinatore della Commissione Salute Raffaele Donini, per le questioni contrattuali. «Su tutti questi punti – prosegue Scotti – ci aspettiamo che arrivino in brevissimo tempo delle risposte molto concrete, perché questi sono i temi reali sui quali si gioca la partita della sopravvivenza di un SSN che sia efficace e al servizio dei più fragili». Ai primi di ottobre, il Congresso Nazionale Fimmg sarà il momento nel quale la categoria intera tirerà le somme, con la ferma volontà – in caso di mancate risposte – di proclamare lo stato di agitazione e successivamente anche lo sciopero. «Se le condizioni lo richiederanno, in quella sede di confronto – conclude il leader Fimmg – saremo pronti oltre a quanto suddetto a proporre ai maggiori sindacati dell’area sanitaria, normalmente presenti al nostro Congresso, un’intesa per realizzare proteste e manifestazioni congiunte a favore di tutte le anime di un SSN unico, che oggi si regge solo sull’attenzione dei suoi operatori convenzionati e dipendenti, pubblici e privati che troppo spesso ne diventano anche le vittime».