Marco Ardone, sedentarietà fa rima con obesità
2 Febbraio 2021
Calcio e Covid-19. “Sono consentiti soltanto gli eventi e le competizioni, di livello agonistico e riconosciuti di preminente interesse nazionale con provvedimento del Comitato olimpico italiano (CONI) e del Comitato italiano paraolimpico (CIP), riguardanti gli sport individuali e di squadra organizzati dalle rispettive federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate, enti di promozione sportiva ovvero da organismi sportivi internazionali, all’interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse ovvero all’aperto senza la presenza di pubblico.
Le sessioni di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, degli sport individuali e di squadra, partecipanti alle competizioni e muniti di tessera agonistica, sono consentite a porte chiuse, nel rispetto dei protocolli emanati dalle rispettive Federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate e Enti di promozione sportiva.
L’ingresso nel territorio nazionale di atleti, tecnici, giudici, commissari di gara e accompagnatori, rappresentanti della stampa estera che hanno soggiornato o transitato nei 14 giorni antecedenti in Stati e territori di cui agli elenchi C, D ed E dell’allegato 20 del Dpcm, è consentito solo se nelle 48 ore antecedenti all’ingresso nel territorio nazionale ci si è sottoposti ad un test molecolare o antigenico, effettuato per mezzo di tampone e risultato negativo”.
Questo il punto e dell’ultimo Dpcm che regola le attività sportive.
Il Calcio, Sport nazionale, ha subito, a causa del Covid delle forti limitazioni.
Ne parliamo con Marco Ardone, Football coach UEFA B, attualmente allenatore di una squadra di eccellenza Laziale (ASD ITRI CALCIO), già Coach First Livel SNS-CONI e Professional Football Match Analyst Livel 1+2+3.
Come ha vissuto e vive Marco Ardone la paura del contagio ed il notevole disagio per le indispensabili restrizioni?
Con il tempo ci si adatta alle nuove condizioni del contesto di vita, è la natura umana e la sua evoluzione che lo insegna. Sicuramente i primi tempi sono stati quelli di maggior disagio, poi ci siamo organizzati stando in casa con la famiglia e personalmente investendo molto nello studio e nell’aggiornamento continuo per meglio farsi trovare alla ripartenza in cui tutti speriamo.
Avendo dei figli che praticano scuola, le quarantena da gestire e i tamponi da effettuare sono diventati ormai quasi routine. Cerchiamo di attenerci alle varie disposizioni, utilizzare i dispositivi di sicurezza, aiutando per quanto possibile il contenimento della diffusione di questo virus.
Il mio pensiero va alle molte persone che stanno pagando conseguenze gravissime, di salute ed economiche e alle tantissime a cui questo virus ha tolto affetti importanti. Come tutte le cose che hanno un inizio, anche questa pandemia avrà una fine e tutti attendiamo questo momento per ritornare ad essere liberi.
Il Calcio, Sport nazionale, riferimento fondamentale per le giovani generazioni, ha dovuto regolamentarsi alla luce delle indispensabili restrizioni. Quali e quanti i danni per i giovani fruitori?
Il calcio come ogni sport di squadra e di contatto, ha risentito fortemente delle drastiche restrizione e dei protocolli che hanno a fattor comune il distanziamento, situazione che fa perdere al gioco del calcio la sua vera natura.
Non voglio entrare nel merito delle decisioni che anche in questi giorni si discutono, perché non ho nemmeno le competenze per giudicare questioni mediche e sanitarie, di sicuro il danno che le giovani generazioni stanno subendo è importante e sotto questo aspetto il conto da pagare tra qualche anno sarà salato.
La sedentarietà nelle fasce di età giovanili aumenta sempre di più e l’uso scorretto della tecnologia certamente non aiuta. Da padre prima che da allenatore poi, tocco con mano quanto possa essere importante lo sport per la crescita di un figlio e per la formazione di quei valori a mio avviso fondamentali nella vita.
Cosa Le ha insegnato il Calcio, come palestra di vita?
Il calcio è una metafora della vita, lo ripeto spesso ai miei giocatori e ai miei collaboratori. Ma in generale lo sport è uno strumento importante per trasmettere valori sani ed indispensabili nella vita di tutti i giorni, come l’onestà, l’amicizia, il coraggio e la perseveranza. Noi allenatori abbiamo un importante compito ed una grande responsabilità essendo da esempio per i più giovani e da guida e sostegno per quelli più adulti.
Il calcio, la mia famiglia di origine e le mie radici territoriali (a proposito di ciò sono nativo di Sessa Aurunca) mi hanno educato sotto tanti aspetti, uno su tutto quello del rapporto con gli altri. Siamo esseri relazionali ed emotivi ed è sotto questi aspetti che giochiamo la nostra vera partita ogni giorno nella vita, nello sport ma come in famiglia e nel lavoro.
Grazie per questa intervista ed auguro a tutti i lettori di ritornare presto alle relazioni ed emozioni che più ci soddisfano.