Marco Sannicandro: “La scherma è amicizia”
8 Febbraio 2021
Non sono sport di contatto, non si fanno in gruppo. Non sono, per numeri, i più praticati in Italia, ma sono quelli che meglio hanno resistito alle norme che hanno imposto il distanziamento sociale. Niente assembramenti per l’atletica, il ciclismo, l’arrampicata sportiva, la scherma e per i pochi altri che si sono salvati dalla scure dei Dpcm, uno dei quali ha indicato tassativamente le 130 specialità che non si possono praticare, inserendo addirittura il tennis, se fatto al chiuso. La scherma sembra non aver troppo risentito delle misure restrittive per evitare il contagio, eppure c’è anche Daniele Garozzo fra i tanti personaggi di sport, musica e spettacolo che hanno aderito alla campagna “Io mi vaccino” lanciata dall’edizione italiana di Vanity Fair in concomitanza con l’inizio della campagna vaccinale Europea contro il Covid-19.
Di scherma e Covid parliamo con Marco Sannicandro. Ha una Laurea magistrale in Scienze Motorie, è maestro di scherma ormai da anni, studente di Osteopatia al 3 anno, ha conseguito il Master di Posturologia a Roma Università La Sapienza e insegna in una Scuola Superiore come docente di Scienze Motorie.
Come ha vissuto e vive Marco Sannicandro la paura del contagio ed il forte disagio per le indispensabili misure restrittive?
Ovviamente, essendo ben consapevole dell’emergenza sanitaria che ci circonda, sarebbe ipocrita dire di non avere paura per il contagio. Ho cercato, però, di adeguare il mio stile di vita al momento storico, provando a convivere col virus, attenendomi scrupolosamente alle direttive governative rispettando le semplici norme forniteci per la nostra sicurezza. É di certo un sacrificio rinunciare ai contatti sociali, ma è una scelta di responsabilità da attuare per quello che è il bene della intera comunità. In questa maniera, con l’impegno di tutti, auspico che usciremo davvero molto presto da questa pandemia.
La Scherma, non facendo parte degli Sport da contatto, sembra essere soltanto lambita dalle drastiche misure restrittive. Cosa ha significato il Covid per lo Sport che insegna e pratica?
Per la Scherma il Covid-19 ha significato soprattutto una pausa dalle competizioni, che però abbiamo scelto di interpretare come una pausa per i ragazzi, un nuovo modo di concepire questo sport, anche solo come momento di allenamento, perfezionamento e perché no, anche distrazione da un momento non facile che ci circonda. E credo proprio che in questo periodo le distrazioni – come lo sport- non possano che fare bene ai ragazzi. Pertanto per ora va bene così, niente gare e così il prossimo anno, saremo più pronti di prima. La pandemia ha fortemente influito anche sulla organizzazione, non solo della sala ma anche e dei nostri giovani atleti, che vanno contemporaneamente tutelati e stimolati. Le regole richiedono ora la gestione di piccoli gruppi, niente più contatto, distanziamento, gel disinfettante e video lezioni, la tecnologia è un importante supporto, perché non sfruttarlo. E proprio grazie ai social che oggi cerchiamo di promuovere la scherma, non potendolo più farlo dal vivo.
In tutto questo però non abbiamo dimenticato lo spirito agonistico, i ragazzi vengono comunque spronati a dare il meglio e valutati in base ai loro allenamenti.
La Scherma una Scuola di vita. Cosa le ha insegnato questo Sport, umanamente parlando?
Personalmente trovo la scherma – forse sono un po’ di parte – uno sport altamente formativo, insegna il rispetto delle regole, la precisone, stimola uno spirito agonistico ma sempre nei valori del rispetto dell’avversario e dell’amicizia. Proprio su questa ultima parola, mi pare opportuno focalizzarmi. La scherma è amicizia, gli atleti diventano una sorta di grande famiglia sparsa un po’ per tutta l’Italia. Difatti, grazie alle competizioni i nostri ragazzi viaggiano in tutto il Paese, si confrontano con altri, aprono la loro mente ad altre conoscenze, entrano bambini ed escono piccoli uomini, circondati da una forte e sicura rete sociale.