Mariasole Momenté: “Lo scopo dello sport è prima di tutto divertirsi”
5 Luglio 2023La fase pandemica più acuta sembra essere oramai alle spalle anche se i continui colpi di coda non lasciano del tutto tranquilli. Come ha vissuto, come vive, come ha affrontato e come affronta questa situazione di grande difficoltà per il mondo dello sport? Come ha gestito la paura del contagio ed il disagio legato alle severe misure restrittive?
Gli sport da contatto sono stati molto penalizzati dalle misure restrittive dovute al Covid-19. Soprattutto nelle fasi iniziali della pandemia, quando nessuno sapeva bene cosa fosse il virus e come combatterlo, anche nel mondo dello sport c’è stata molta confusione.
Onestamente, non sono una di quegli atleti che ha continuato ad allenarsi chiusi in camera. Ci ho provato, forse per una o due settimane, ma poi mi sono subito resa conto che non faceva a caso mio, cozzava con tutto quello che per me è l’essenza stessa del Judo: è indossare il mio judogi, allacciarmi la cintura, stare sul tatami, è entrare in palestra, nel Dojo, sapendo di incontrare gli amici e i compagni ed insieme a loro allenarsi.
Ho però sfruttato quei lunghi mesi come periodo di riflessione. Mi è servito per schiarirmi le idee. Mi sono chiesta quali fossero gli obiettivi che volevo effettivamente raggiungere nella vita, se fossero gli stessi per cui stavo lavorando in quel momento. Mi sono resa conto che non tutti combaciavano. Personalmente, volendo trovare il lato positivo di quella situazione, a me è servita molto per rivalutare la mia scala di valori.
Quando poi le misure restrittive si sono allentate e ho ricominciato ad allenarmi, l’ho fatto con un entusiasmo ed un’energia che non avevo da molto tempo. L’ho vissuta come una rinascita. Non sono più l’atleta che ero prima della Pandemia, non ho più la smania delle medaglie che avevo, ma allo stesso tempo mi godo di più il “viaggio” con una consapevolezza del tutto nuova.
Insieme alle restrizioni i tentennamenti del mondo politico hanno causato gravi danni allo sport, soprattutto a quello, cosiddetto, minore. Cosa è successo, in particolare, nella sua specialità?
Molte palestre di Judo hanno fatto fatica a riprendersi dal periodo pandemico. Si sono viste crollare il numero di iscritti ed alcune sono state addirittura costrette a chiudere perché non rientravano più con le spese. Essendo il Judo uno sport di contatto, c’era molta paura da parte dei genitori ad iscrivere i propri figli in palestra e tra quelli che già praticavano c’è stato chi ha preferito cambiare sport o direttamente abbandonare per timore di contrarre il Virus.
Ho notato anche, però, che i ragazzi rimasti hanno sviluppato un legame in più, sono tra loro più uniti di prima. Un caso virtuoso che vorrei citare è quello della palestra ASD Libertas Judo Kuroki Zoppola, una piccola realtà nella provincia di Pordenone. La Maestra Marika Sato ha continuato per tutti i mesi di Pandemia a fare lezioni di Judo, in videochiamata, su Zoom. I bambini e i ragazzi non si sono sentiti soli o abbandonati e, non appena è stato possibile tornare in presenza, l’hanno fatto tutti con grande entusiasmo.
Chi è stato a spingerla all’attività agonistica? o si è trattato di una folgorazione magari guardando ai modelli dei grandi campioni?
È stato per me un processo graduale e spontaneo. Ho iniziato fin da bambina a praticare questo sport e a quell’età vengono periodicamente organizzate delle “garette” dove tutti vincono e vengono premiati. Mi ricordo che mi davano sempre una piccola medaglia, che era uguale per tutti, e un sacchetto con un panino e una bottiglietta di acqua. L’obiettivo non era vincere ma divertirsi confrontandosi con altri bambini e bambine dello stesso peso ed età.
Crescendo, naturalmente, il tipo di competizioni cambiò: per ricevere la medaglia e salire sul podio, questa volta, bisognava battere gli avversari. Per me non fece molta differenza, ho sempre gareggiato volentieri e con entusiasmo. Anche quando il livello di difficoltà si alzò, dai Campionati Italiani alle gare di Coppa Europa ed Internazionali, è sempre rimasta dentro di me quella bambina che partecipava alle competizioni per divertirsi.
Al di là delle doti personali e delle attitudini, quanto conta la forza di volontà nel raggiungimento degli obiettivi?
Qualche anno fa avrei risposto che la forza di volontà è l’unica cosa essenziale per raggiungere degli obiettivi. Oggi, per esperienza personale, rispondo invece che sì, è una virtù necessaria, ma da sola non è sufficiente. È essenziale per iniziare un percorso e per essere costanti nel perseguirlo ma ad essa devono essere affiancati anche altri mezzi. Sono dell’idea che nel mondo sportivo, o quanto meno nel Judo, un atleta da solo non possa andare molto lontano. Soprattutto nell’alto livello, necessita di essere supportato da un Team di professionisti: partendo dal fatto che è necessario essere affiancati da un ottimo tecnico, passando poi al preparatore atletico, al nutrizionista, al mental coach, per esempio. È fondamentale avere anche un luogo ben attrezzato per potersi allenare con i giusti mezzi ed attrezzature necessarie.
Va da sé che un ragazzo, anche molto motivato e con grande forza di volontà, se vive in una piccola realtà, non può confrontasti ad armi pari con uno che magari è meno convinto ma in un contesto più assistito.
Se dovesse dare qualche “consiglio utile” ai ragazzi che si avvicinano alla sua specialità, cosa suggerirebbe?
Lo stesso che è stato dato a me: prima di tutto DIVERTISI! Se si fa uno sport, o un lavoro, con piacere e leggerezza allora gli allenamenti non saranno pesanti e i sacrifici non si sentiranno, al punto che non verranno neanche chiamati così. Bisogna ricordarsi sempre perché si ha iniziato e perché lo si sta facendo: se le motivazioni iniziali non sono più valide, allora è d’obbligo fermarsi e riflettere finché non si trova dentro di noi la nuova scintilla che alimenterà la fiamma. Solo così la passione non si sciuperà mai, finché il fuoco continua ad ardere.