Maurizio Serra, i forti danni economici e psicologici portati dalla pandemia
4 Settembre 2021La danza può essere classificata come una disciplina sportiva completa, perché si tratta di un’attività essenzialmente aerobica. I benefici fisici riguardano essenzialmente l’apparato cardiocircolatorio dal momento che l’allenamento costante migliora l’ossigenazione dei tessuti e la capacità respiratoria; diminuisce inoltre la frequenza cardiaca, potenziando quindi la resistenza del cuore.
Un altro aspetto da non dimenticare, è l’attenzione alla postura: una continua ricerca dell’allineamento corretto consentirà di prevenire dolori, soprattutto alla schiena.
Il riscaldamento iniziale e gli esercizi di stretching favoriscono la flessibilità e l’elasticità coinvolgendo muscoli ed articolazioni contribuendo a prevenire artrosi e osteoporosi. Grazie al valore aggiunto di ritmo e musica, migliora agilità, equilibrio e coordinazione.
Oggi parliamo di Sport, Covid e Salute con un atleta di vaglia: Maurizio Serra, nato a Cagliari nel Dicembre del 1986. La pratica della Danza Sportiva inizia con le Danze latino-Americane e con le Danze Standard all’età di 5 anni, nella Scuola di Ballo del suo paese Donori, non lontano da Cagliari, trasferendosi successivamente, all’età di 11 anni a Cagliari per dedicarsi esclusivamente alle Danze Latino-Americane.
Partecipa a competizioni di livello regionale, successivamente dai 16 anni in poi Anche a quelle di livello nazionale ed internazionale.
Figura tra le prime 20 coppie italiane della classe internazionale nel 2018, raggiunge l’apice della carriera nella categoria degli Amatori a Dicembre a Mosca.
Professionista di Show Dance Freestyle Latin parteciperà al campionato del mondo per la nuova categoria dopo aver conquistato il titolo di Campione Italiano lo scorso luglio 2021. Nel Settembre del 2019, dopo aver collaborato con molti centri di danza apre la sua Scuola a Cagliari.
Come ha vissuto e come vive, come ha affrontato e come affronta la paura della pandemia, del contagio ed il notevole disagio legato alle indispensabili severe misure restrittive?
Inizialmente, atteso che il lockdown è scattato in un fine settimana e la combinazione fra paura e media, che da subito hanno giustamente invaso con le loro notizie terrificanti le nostre case, mi sembrava di essere stato catapultato in un mondo surreale che quasi non riuscivo a capire ed accettare. Successivamente, vedendo che il tempo passava, iniziavo a star male per una moltitudine di motivi: intanto per il discorso salute, per me ma soprattutto per i miei cari; e in seconda battuta per il lavoro, perché a Settembre apro la mia scuola di danza che chiudo dopo pochi mesi, nonché per la carriera sportiva che mai avrei voluto interrompere per volontà “esterne”.
Da quel momento in poi, le mie ansie e le mie preoccupazioni si sono triplicate giorno dopo giorno, anche se tutte sono finite per fare capo ad un unico pensiero, ovvero “cosa ne sarebbe stato del mio percorso sportivo”.
Considerato che nel corso della mia vita sportiva, nonostante i tanti momenti di lockdown, non mi ero MAI fermato e non avevo MAI interrotto i miei allenamenti a prescindere da quello che stessi vivendo nel mio quotidiano, fermarmi così tanto è stato molto deleterio. Uno stop sportivo ai 15 anni non pesa quanto uno stop sportivo ai 30. Così ho affrontato le mie ansie e le mie paure confrontandomi con la mia famiglia e con i miei affetti, ma anche grazie all’intervento della psicologa sportiva che già mi conosceva alla perfezione, andando alla ricerca dell’aspetto vantaggioso, seppur minimo, di questa pausa che eventualmente avrebbe anche potuto rimescolare le carte della mia vita, andando anche a considerare che quello che avevo fatto fino a pochi mesi prima, forse, sarebbe stato difficile farlo a pandemia conclusa. Sotto il profilo delle restrizioni, non ho accusato il colpo, perché tendenzialmente sto alle regole, quindi tirare su il livello di attenzione con le precauzioni per quanto non ne sia felice, non mi ha pesato nel quotidiano, ma mi ha pesato sotto il profilo lavorativo e sportivo. Ovviamente, ad oggi così come tutti credo, attendo il giorno in cui questo periodo sia un lontano ricordo.
Quanti danni secondo lei hanno arrecato allo Sport in generale e alle discipline sportive che lei pratica in particolare la pandemia, le chiusure indiscriminate e la cattiva, se non confusa gestione politica?
Se consideriamo l’aspetto dei danni, potremmo a mio avviso parlare di due tipi di danni: quello economico e quello psicologico. Entrambi hanno avuto il loro peso in questo periodo ma se devo essere onesto, non so quale dei due abbia influito maggiormente nella nostra vita. Il danno economico è stato un danno oggettivo, sotto gli occhi di tutti, perché chiunque anche se in proporzioni diverse a seconda del lavoro, ha dovuto trovare soluzioni alternative, aiuti o sostegni per sopravvivere, per sopperire ai mancati incassi. Nel nostro ambito poi, nonostante gli aiuti su più fronti, i danni economici sono stati immensurabili. Purtroppo, lo Sport ne ha risentito tanto, in quanto specialmente nel nostro mondo, i professionisti del settore nonché i campioni, vengono considerati come persone che “fanno anche sport”, non come persone che invece dedicano per intero le loro giornate e ne fanno un lavoro, una passione e, soprattutto, una fonte di guadagno.
E qui mi sento di parlare di danno psicologico, perché è stato proprio durante la chiusura del lockdown che noi sportivi abbiamo avuto la mera sensazione di essere dei lavoratori un po’ diversi. Non mi sento di puntare il dito sulla classe politica in merito ai protocolli difficili che abbiamo avuto l’obbligo di seguire, perché una situazione epidemiologica così, forse l’uomo non l’aveva mai affrontata in termini così devastanti. Amministro con difficoltà la mia scuola di danza, non immagino cosa possa essere amministrare una Nazione nel corso di una pandemia di carattere globale. Mi sento però invece di dire che nonostante i Protocolli di profilassi che minuziosamente abbiamo rispettato, palestre, piscine, associazioni sportive ecc, sono state le prime ad essere nel mirino, considerate come luoghi di facile diffusione del virus, quando a mio avviso, ben altre circostanze e ben altri dati hanno dimostrato il contrario.
Quanto valore lei attribuisce al binomio Sport-Salute, ovvero quanto è fondamentale l’attività sportiva per il conseguimento ed il mantenimento del benessere psico-fisico?
Personalmente parlando, praticando attività sportiva da un’età molto precoce, farei fatica a dare un valore basso a questo binomio. Sono spudoratamente di parte e farei fatica ad immaginare di vivere una vita senza una pratica sportiva. Detto ciò, provando ad estraniarmi da quella che è la mia personalissima esperienza mi sento di dire comunque che la correlazione fra sport e salute sia di fondamentale importanza per il benessere della persona. Un benessere che si sviluppa a 360°, in quanto una persona che pratica uno sport anche a carattere amatoriale o semplicemente per hobby (costante) è certamente più dinamica, più attiva e soprattutto più energica. La società moderna e la tecnologia hanno elevato (soprattutto nei giovanissimi) il livello di pigrizia e della sedentarietà quotidiana, che sappiamo benissimo non essere amica della salute. Inoltre, a mio avviso, praticare sport, implica anche una maggiore predisposizione al rispetto del proprio corpo in termini di alimentazione, che benché comporti qualche sacrificio e qualche rinuncia, premia sicuramente e va a completare quell’aspetto “fisico” visibile a tutti, ma soprattutto a noi stessi. Come ultimo punto, non per importanza ma perché molto più esteso, mi sento di citare l’aspetto psicologico; infatti nel binomio sport e salute si usa quasi sempre il termine “psico-fisico” a seguito della parola “benessere”. Io credo fortemente che la pratica dell’attività sportiva, oltre al discorso fisico, salutistico e alimentare che dicevo qualche riga più su, se fatta in maniera assidua e costante nel tempo, aiuti fortemente anche sotto il profilo mentale. Viviamo in una società in cui lo stress “padroneggia” nelle nostre giornate frenetiche, quindi trascorrere alcune ore in palestra, in piscina o anche all’aria aperta per praticare sport, contribuisca a scaricare la tensione. Se poi lo sport è svolto a livello agonistico, la disciplina, la diligenza, l’assiduità, la costanza e la forza interiore che ne conseguono, diventano il fulcro della personalità, anche nel quotidiano.
Cosa le hanno dato in termini di crescita personale, sociale e professionale lo Sport in generale e la Danza in particolare?
Questa è la domanda che mi entusiasma maggiormente. Chiarito il mio pensiero circa l’aspetto sportivo-salutistico e del benessere, la pratica dello sport, in particolare della danza sportiva, mi ha permesso di vivere (quasi) due vite in una.
Potrebbe sembrare esagerata come affermazione, ma essere un ballerino significa creare quella giusta sintonia fra la pratica sportiva e la pratica artistica. Banalmente parlando, saper muovere il corpo rappresenta qualcosa di chiaramente oggettivo; saper “muovere” le proprie emozioni, invece è un “moto” sicuramente soggettivo. Questi due aspetti talvolta confliggono fra loro, altre volte creano una perfetta sinergia. Andare alla ricerca del proprio miglioramento sportivo nonché fare in modo che quello emozionale venga ben gestito e sia comprensibile agli occhi degli osservatori, qualsiasi essi siano, richiede un lavoro minuzioso, puntuale, ma soprattutto lungo. Questo lavoro, fatto di ore trascorse in sala con sé stessi, con il proprio partner artistico, con i propri insegnanti e preparatori, scava talmente tanto all’interno del proprio mondo interiore, che è quasi impossibile non riconoscersi a menadito. Ed è qui che salta fuori l’individuazione dei propri punti di forza e delle proprie debolezze, dei propri limiti e dei propri valori, dei propri difetti ma anche dei propri pregi. Avendo fatto questo percorso interiore, a volte con piacere, altre con difficoltà, sono cresciuto veramente tanto sotto l’aspetto personale e caratteriale, e anche se di conoscersi non si finisce mai credo di essere pienamente consapevole dei i miei “mostri interiori”, ma anche i miei grandi punti di forza.
Per questo devo tanto alla mia famiglia che è stata una guida efficace e silenziosa, indicandomi, con invidiabile discrezione, severi margini educativi ma mai vincolanti nei confronti di scelte che non fossero le mie. Devo tanto ai miei insegnanti, Massimiliano Matta ed Elvia Martis che sono stati sicuramente due genitori “extra”, considerato che non ho MAI cambiato club di appartenenza e che ho trascorso con loro una buona parte della mia vita. Conoscendomi alla perfezione, mi hanno insegnato tanto sia in sala che nella vita. Auguro infatti a tutte le nuove leve sportive di avere un percorso lineare con i propri Maestri, esattamente come l’ho avuto io, perché avere dei punti di riferimento che guidano per un periodo così lungo di vita significa anche avere una formazione stabile e coerente sia come sportivo che come persona. Devo tanto alla mia ballerina Ilaria Fadda, perché grazie alla sua cooperazione e alle sue insuperabili forza, costanza e determinazione, non avrei potuto conseguire gli obbiettivi che ogni sportivo si prefigge di raggiungere.
Devo tanto alla Danza Sportiva perché con lei sono cresciuto, ho conosciuto me stesso alla perfezione ma soprattutto mi ha insegnato ad affrontare la vita quotidiana in tutte le sue scelte (anche le più semplici), come se ogni giorno fosse un allenamento, svegliandomi la mattina più preparato di ieri, e andando a dormire meno preparato di domani.