Medici a gettone, costano troppo e non danno garanzie
2 Marzo 2023Un medico gettonista costa fino a cinque volte e mezza di più di uno strutturato e probabilmente, non conoscendo a pieno il servizio che svolge, rende meno. E ora si levano due voci importanti dei magistrati contabili a sottolineare il fenomeno. La prima è della Corte dei Conti del Piemonte che scrive al ministro della Salute Orazio Schillaci di porre un freno al fenomeno – “non solo regionale ma nazionale” – e lo invita a indirizzare la programmazione delle assunzioni nel Servizio sanitario nonché a bloccare l’esodo dei medici verso il privato. La seconda voce viene dalla Corte dei Conti del Lazio che con il procuratore Pio Silvestri nella relazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario ha annunciato l’intenzione di approfondire la questione del crescente impiego dei “gettonisti” per coprire i buchi in organico e di verificare possibili omissioni dei manager specie nell’individuare profili adeguati alla medicina di urgenza ed ai pronto soccorso. A dar seguito alla relazione di Silvestri, è il presidente dell’Ordine di Roma Antonio Magi, che all’Agenzia Dire ricorda come all’Asl i medici a gettone costino da 150 fino a 250 euro/ora, contro i 45 euro orari di un medico dirigente strutturato.
Ma perché il servizio sanitario italiano si è consegnato alle coop di gettonisti? La presidente della sezione di controllo della Corte dei Conti piemontese Maria Teresa Polito nella lettera a Schillaci individua quattro fattori che hanno reso insufficiente l’offerta di medici nel Ssn: primo, assenza di una programmazione adeguata e di una valutazione degli esiti delle scelte pregresse; secondo, il numero chiuso all’ingresso a Medicina; terzo, la messa a bando di un numero limitato di posti nelle scuole di specializzazione; quarto, la gestione restrittiva dei piani di rientro delle regioni in deficit. Risultato: i manager sono stati indotti “a ricercare formule organizzative necessitate ma non adeguate, sia sotto il profilo economico che della qualità del servizio reso, con evidente nocumento di un diritto essenziale come quello della salute costituzionalmente tutelato”. Ciò per garantire servizi essenziali, fra cui il pronto soccorso “e altri in diverse specialità”. Rilevando che negli ultimi anni i rapporti a gettone si sono “decuplicati”, Polito esprime preoccupazione “per l’abbandono delle strutture pubbliche da parte dei medici” e perché “non esistono regole di accreditamento che impongono standard comuni e imprescindibili” nel definire le convenzioni.
Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente Omceo Roma. Magi sottolinea come l’attività di pronto soccorso sia ad alto rischio e vada pagata di più di come lo è adesso. Ma c’è un problema: i tetti al personale, fissati per legge, spingono i manager, anziché ad allocare le risorse sulla spesa per assunzioni, ad intitolare gli esborsi alla voce “beni e servizi”. Laddove forse questi soldi potrebbero essere allocati in ambito strutturale. C’è poi la problematica legata alla qualità della prestazione. «Oggi per lavorare nel Servizio sanitario nazionale bisogna, per legge, essere specialisti mentre i gettonisti possono essere non specialisti, avere qualsiasi età e non è detto che siano competenti in una determinata materia», dice Magi. Viaggiando da un pronto soccorso a un altro, «non hanno la conoscenza dei reparti di quel determinato ospedale, compresi i percorsi per ricoverare i pazienti, magari agevolando e accelerando le attività. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha già messo in conto questa tematica e vuole risolvere prima possibile». Ad offrire uno spunto di riflessione ulteriore al Ministro, la lettera dai magistrati contabili piemontesi: Polito sottolinea come gli stessi ingenti investimenti legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza non possano accompagnarsi ad “assunzioni periodiche e temporanee fino al 2026 del personale sanitario», specie tenendo conto della creazione di case ed ospedali di comunità “e delle innovazioni tecnologiche acquisite”.