Medicina territoriale, arriva l’infermiere di famiglia
24 Settembre 2023Almeno a livello nazionale, l’acronimo sarà Ifoc – “Infermiere di famiglia o comunità” -anziché Ifec (Infermiere di Famiglia e comunità). La riforma della medicina territoriale ne prevede uno ogni 3 mila abitanti -ma al momento è uno ogni 12 mila -che operi sul territorio in conformità con il DM 77 sugli standard assistenziali. La sua area d’azione comunque varierà a seconda delle caratteristiche del territorio (aree montane hanno esigenze diverse dalle metropoli). E condividerà lo stesso ambito distrettuale dei medici di famiglia e pediatri e come questi sarà riferimento della popolazione assistita, lavorando nelle case e negli ospedali di comunità, nelle centrali operative territoriali e nelle unità di continuità assistenziale. A dettare le linee di indirizzo dell’Ifoc è un documento dell’Agenas, l’agenzia dei servizi sanitari regionali, promosso da un board di rappresentanti di 10 regioni, della Federazione degli ordini degli Infermieri-Fnopi, delle società scientifiche Aifec ed Aprire, delle Università di Torino e Sant’Anna di Pisa e del laboratorio Mes. Non sarà pagato a prestazione, e svolgerà una funzione integrata ed aggiuntiva rispetto ai suoi colleghi già operativi sul territorio e quindi pure rispetto all’infermiere dipendente del medico di famiglia. In certe regioni la svolge già: il documento Agenas, infatti, mette a sistema la figura originariamente pensata in Friuli-Venezia Giulia nel 1999 ed oggi pienamente operativa, quindi da Piemonte e Liguria nel 2006 nel progetto Consenso, quindi in Toscana, Emilia Romagna in parallelo con il Patto Salute 2019-21 firmato tra stato e regioni nel 2020. Lazio, Sicilia, Puglia stanno oggi sperimentando. Le nuove linee esortano tutte le regioni a fare attenzione: si tratta di, comunque, di una figura rivolta tanto al malato quanto alla famiglia e alla comunità per la quale disegna progetti di educazione sanitaria e di auto-aiuto. Nelle case di comunità e negli ambulatori Asl è direttamente accessibile e si occupa in prima battuta di prevenzione collettiva (ma le regioni possono dirottarlo su cronicità, reti ed ambiti diversi). Può poi trovarsi nelle case dei fragili e degli anziani per l’assistenza domiciliare nel cui ambito valuta le condizioni del singolo, coordina interventi assistenziali, rende malato e familiare capaci di gestire la malattia, individua ed usa mezzi per il monitoraggio a distanza. In ambito comunitario infine lo troveremo anche nelle scuole.
Nella definizione professionale dell’Ifoc sono descritte altre funzioni: a tutte le età assicura assistenza infermieristica a diversi livelli di complessità in tandem con medico di famiglia e pediatra, ha forte orientamento alla prevenzione ed alla gestione proattiva della salute, attiva percorsi di presa in carico con le altre professioni del territorio, intercetta i bisogni di salute comunitari e quindi progetta interventi di educazione sanitaria e counseling sugli stili di vita, promuove il coinvolgimento attivo di paziente, familiari, volontariato e lavora in rete con le professioni sanitarie e sociosanitarie. Queste ultime si avvia a coordinarle, lo scopriamo anche leggendo le “core competence” subito dopo.
Qui si ritrovano, oltre alla competenza di valutare i bisogni di salute in tutte le fasi della vita, la conoscenza dei fattori di rischio nel territorio di riferimento, la tutela di un sano inizio della vita, la presa in carico individuale da 0 a 100 anni ed in particolare del disagio psichico, la valutazione dei bisogni individuali familiari e comunitari con identificazione precoce dei fattori di rischio, la promozione della prevenzione primaria secondaria e terziaria secondo i modelli concettuali “Population Health Promotion Model”-“Expanded Chronic Care Model”-“Population Health Management”. Ritroviamo poi il ruolo di case manager nelle cronicità, la facilitazione di dimissioni precoci nelle Cot (facendo da tramite tra ospedale e territorio), il monitoraggio degli aspetti clinico-assistenziali delle malattie in integrazione con i medici di famiglia, il monitoraggio dell’aderenza terapeutica con la segnalazione di problemi al mmg, l’adozione di strumenti di teleassistenza per favorire la presa in carico a domicilio, l’attivazione di consulenze infermieristiche per specifici problemi assistenziali. A livello comunitario all’IFoC si chiede in realtà, in primo luogo, di presidiare le centrali operative territoriali e di collaborare con mmg ed altri professionisti a percorsi di prevenzione-informazione. Si chiede poi di formare e supervisionare il volontariato in zona, progettare occasioni d’incontro e formazione di gruppi di auto-aiuto di pazienti secondo il modello Stanford, collaborare con le autorità per mappare i bisogni assistenziali del territorio.
La formazione sulle competenze dell’Ifoc è impostata sul profilo proposto da AIFeC nel 2018, sul progetto europeo Enhance, sul Position Statement Fnopi e soprattutto sull’esperienza dei master di I° livello in Infermieristica di Famiglia e di Comunità negli atenei che li hanno attivati. Questi ultimi sarebbero titolo preferenziale; ma siccome gli infermieri sul territorio sono pochi -gli Ifoc inseriti nei servizi sono circa 1.380 al 25 giugno 2021, rispetto ai 9.552 previsti dal legislatore – per chi non sia in possesso di diploma, “si ritiene di valorizzare gli Infermieri che operano già sul territorio e vi abbiano maturato almeno un’esperienza biennale” nonché di realizzare percorsi formativi regionali, progettati in collaborazione con gli Atenei.
Nella definizione professionale dell’Ifoc sono descritte altre funzioni: a tutte le età assicura assistenza infermieristica a diversi livelli di complessità in tandem con medico di famiglia e pediatra, ha forte orientamento alla prevenzione ed alla gestione proattiva della salute, attiva percorsi di presa in carico con le altre professioni del territorio, intercetta i bisogni di salute comunitari e quindi progetta interventi di educazione sanitaria e counseling sugli stili di vita, promuove il coinvolgimento attivo di paziente, familiari, volontariato e lavora in rete con le professioni sanitarie e sociosanitarie. Queste ultime si avvia a coordinarle, lo scopriamo anche leggendo le “core competence” subito dopo.
Qui si ritrovano, oltre alla competenza di valutare i bisogni di salute in tutte le fasi della vita, la conoscenza dei fattori di rischio nel territorio di riferimento, la tutela di un sano inizio della vita, la presa in carico individuale da 0 a 100 anni ed in particolare del disagio psichico, la valutazione dei bisogni individuali familiari e comunitari con identificazione precoce dei fattori di rischio, la promozione della prevenzione primaria secondaria e terziaria secondo i modelli concettuali “Population Health Promotion Model”-“Expanded Chronic Care Model”-“Population Health Management”. Ritroviamo poi il ruolo di case manager nelle cronicità, la facilitazione di dimissioni precoci nelle Cot (facendo da tramite tra ospedale e territorio), il monitoraggio degli aspetti clinico-assistenziali delle malattie in integrazione con i medici di famiglia, il monitoraggio dell’aderenza terapeutica con la segnalazione di problemi al mmg, l’adozione di strumenti di teleassistenza per favorire la presa in carico a domicilio, l’attivazione di consulenze infermieristiche per specifici problemi assistenziali. A livello comunitario all’IFoC si chiede in realtà, in primo luogo, di presidiare le centrali operative territoriali e di collaborare con mmg ed altri professionisti a percorsi di prevenzione-informazione. Si chiede poi di formare e supervisionare il volontariato in zona, progettare occasioni d’incontro e formazione di gruppi di auto-aiuto di pazienti secondo il modello Stanford, collaborare con le autorità per mappare i bisogni assistenziali del territorio.
La formazione sulle competenze dell’Ifoc è impostata sul profilo proposto da AIFeC nel 2018, sul progetto europeo Enhance, sul Position Statement Fnopi e soprattutto sull’esperienza dei master di I° livello in Infermieristica di Famiglia e di Comunità negli atenei che li hanno attivati. Questi ultimi sarebbero titolo preferenziale; ma siccome gli infermieri sul territorio sono pochi -gli Ifoc inseriti nei servizi sono circa 1.380 al 25 giugno 2021, rispetto ai 9.552 previsti dal legislatore – per chi non sia in possesso di diploma, “si ritiene di valorizzare gli Infermieri che operano già sul territorio e vi abbiano maturato almeno un’esperienza biennale” nonché di realizzare percorsi formativi regionali, progettati in collaborazione con gli Atenei.