Medico morsicato dall’assistito, la solidarietà della Fimmg

Medico morsicato dall’assistito, la solidarietà della Fimmg

6 Novembre 2024 Off Di La Redazione
Dagli schiaffi e pugni si passa ai morsi. Nulla cambia. Anzi. Le aggressioni violente ai medici continuano. E così arriva la proposta del sindacato medico: abbandonare il modello degli studi singoli per riunirsi in AFT e studi associati. È questo l’appello che arriva dalla sezione di Napoli della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (Fimmg) per voce del segretario provinciale Luigi Sparano all’indomani dell’ennesima aggressione che ha coinvolto un medico di famiglia. La violenza risale a ieri l’altro, il medico è stato raggiunto nel suo studio da un paziente visibilmente alterato e lì è nata una discussione. Il paziente ha aggredito il medico creando scompiglio nello studio, arrivando a morderlo ad una mano. «Questo ennesimo atto di violenza – dice Sparano – ci conferma una volta di più l’esigenza di un cambiamento della sanità territoriale, che deve evolvere verso una dimensione aggregativa. Gli studi dei singoli medici sono ormai un rischio per i colleghi che sono e si sentono esposti a minacce e violenze. È il momento di prendere atto di questa situazione e di mettere in atto processi di cambiamento che possano garantire l’assistenza di prossimità, ma al contempo assicurare maggiore sicurezza ai colleghi». Una riflessione che nasce anche dalla constatazione di altri episodi. Nel corso dell’ultima riunione sindacale, è emerso infatti che in molte realtà si arriva a veri e propri atti intimidatori, con danni e furti mirati alle auto dei medici. Gesti che, nelle intenzioni di chi li compie, dovrebbero servire a fare pressione per ottenere una prescrizione inappropriata. O che a volte si configurano come “vendette” per un tempo d’attesa ritenuto eccessivo. «In una città come Napoli – conclude Sparano – non ci si può più permettere di lavorare in studi singoli. Occorre che i medici di famiglia possano contare su studi associati, un cambiamento che deve essere portato avanti anche dalle istituzioni con la messa a disposizione di locali pubblici. È così che si inizia a mettere in sicurezza la medicina generale, garantendo un’assistenza di prossimità e, allo stesso tempo, evitando l’abbandono dei territori da parte dei colleghi ormai esausti».