Neuroradiologia, l’intervento precoce salva la vita
24 Ottobre 2019La mancanza di figure professionali mediche, segnatamente nell’area critica dell’emergenza-urgenza, già da ora rappresenta un problema che si aggraverà nel futuro.
C’è carenza di medici ospedalieri nell’area urgenza-emergenza per la gestione dello stroke. Il topic è quello di porre in risalto non solo quella che è una problematica oramai nota (futura carenza medica a breve termine), ma soprattutto che tale carenza andrà a colpire alcuni settori dell’assistenza sanitaria, in particolare quella connessa all’area dell’urgenza-emergenza ospedaliera, soprattutto in quella pubblica, collegata alla gestione del politrauma, dell’infarto miocardico acuto e dello stroke, quest’ultimo settore di nostra competenza.
Sono difatti queste reti tempo-dipendenti che maggiormente necessitano di una assistenza immediata (si parla spesso in tali settori di golden hour e tempo=cervello) e nelle quali un’eventuale carenza di personale medico determinerebbe un ritardo assistenziale per la salute dei pazienti colpiti da tali patologie.
Lo Stroke, deficit neurologico acuto, può essere di tipo emorragico (rottura di un vaso-20%) o trombo-embolico (chiusura di un vaso-80%). I pazienti affetti da tale patologia molto spesso hanno eventi acuti drammatici con improvvisa perdita di coscienza, o improvviso disturbo del linguaggio e netta riduzione della forza di un emilato o di un arto.
Si parlerà da ora in poi specificamente di stroke ischemico.
Nella gestione dello stroke è fondamentale avere una rete che parta dal 118, che identifica il tipo di patologia, coinvolgendo i centri cosiddetti Hub (centri di riferimento dotati di tutta la tecnologia e personale idoneo per la gestione di tali pazienti) e Spoke (centri minori, spesso periferici, in grado di indirizzare i pazienti successivamente).
Una volta arrivato al Pronto soccorso, dopo una accurata valutazione neurologica che indica la gravità clinica del paziente con una scala di riferimento, il paziente è inviato ad eseguire esami neuroradiologici diagnostici, normalmente una Tac e Angio Tac, che consentono, quindi, di capire se lo stroke è emorragico o ischemico, permettendo così di individuare il trattamento più adatto al paziente: se solo farmacologicamente con fibrinolisi endovena, o se il paziente può giovarsi di nuove tecniche endovascolari per via arteriosa di rimozione o aspirazione del trombo. Le tecniche venute fuori negli ultimi anni, che stanno rivoluzionando la terapia di questi pazienti e trovano grande applicazione in molti centri italiani. Si parla quindi trombectomia e tromboaspirazione per identificare la rimozione del trombo con uno stent (trombectomia) o mediante cateteri di tromboaspirazione che letteralmente aspirano il trombo. Il punto fondamentale è che il risultato clinico finale di tali trattamenti è “tempo dipendente”, cioè più tempo passa, più neuroni muoiono e maggiore è il deficit neurologico o il rischio di morte. Da qui la necessità di intervenire, il prima possibile, sia farmacologicamente sia per via endovascolare.
La riduzione-assenza della disabilità post-trattamento determina quindi una riduzione dei costi sociali di questi pazienti (minore assistenza e cure) e quindi ripercussioni positive anche da un punto di vista economico per lo Stato.
È necessario che ci sia una adeguata rete che coinvolga il 118, l’accettazione dei Pronto Soccorso, il neurologo ed adeguato numero di neuroradiologi-radiologi diagnostici e interventisti in grado di soddisfare le esigenze assistenziali di tale patologia, al momento non adeguati numericamente sia per motivi in premessa che per carenza di formazione.
*Direttore del dipartimento di diagnostica per immagini e neuroradiologia interventistica dell’azienda ospedaliera “Antonio Cardarelli” di Napoli