Niente tasse sul rimborso accessi
23 Dicembre 2018Medico specialista ambulatoriale: una sentenza della suprema Corte la voce stipendiale relativa al rimborso per gli accessi non va tassata.
La Corte di Cassazione ha sancito che la voce stipendiale denominata “Rimborso accessi” presente nei cedolini relativi agli emolumenti degli specialisti ambulatoriali non deve essere tassata.
Il rimborso degli accessi risulta essere disciplinato dall’Accordo Collettivo Nazionale degli Specialisti Ambulatoriali nel quale è stabilito che per incarichi svolti in comune diverso da quello di residenza, purché entrambi siano compresi nello stesso ambito zonale, viene corrisposto, per ogni accesso, un rimborso spese.
Ebbene, la Suprema Corte nella propria Ordinanza ha sancito che in tema di imposte sui redditi non ogni somma corrisposta in dipendenza del rapporto di lavoro deve considerarsi di natura retributiva, e perciò, assoggettabile tanto ai sensi dell’articolo 48 del D.P.R. 29.09.1973 n. 597 che dell’articolo 48 del t.u.i.r. del 1986, a ritenta IRPEF, salve le eccezioni dagli stessi articoli previste.
In sintesi, sostiene sempre la Corte, assumono funzione risarcitoria e non retributiva le somme corrisposte al medico in relazione all’attività da esso svolta che comporti delle spese superiori rispetto a quelle rientranti nella normalità della prestazione lavorativa e, quindi, tali da rendere l’incarico in questione depauperativo.
Nel caso dei medici specialisti ambulatoriali, il rimborso spese di cui trattasi è determinato non con criterio forfettario e perciò sganciato dall’effettivo esborso sostenuto dal prestatore d’opera, ma con specifica parametrazione rispetto al chilometraggio effettivamente percorso ed al costo del carburante di tempo in tempo rilevato, sicchè non vi è dubbio che l’indennità di cui si tratta assolva alla concreta fruizione di ripristinare il patrimonio del prestatore d’opera depauperato per causa degli esborsi effettivamente sostenuti nell’interesse dell’amministrazione datrice di lavoro.
Ciò consente di differenziare, pertanto, l’emolumento di cui qui si tratta da altri tipi di emolumenti; infatti, la natura restitutoria costituisce, infine, elemento sufficiente ad escludere qualsivoglia contrasto con i principi che ne giustificano il mancato assoggettamento a tassazione a differenza di tutte le altre voci retributive connesse alla medesima attività lavorativa.
Per ciò che concerne invece l’iter che si dovrà osservare per ottenere il rimborso di tali somme ingiustamente tassate da parte dell’erario, così come sancito dalla Suprema Corte di Cassazione occorrerà procedere per gradi, ovvero:
in primis è doveroso ricordare che la prescrizione di tale diritto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate è di soli quattro anni, pertanto, si potrà procedere a ritroso esclusivamente per questo periodo limitato, quindi, per ciò che concerne tale aspetto, sarà sempre opportuno provvedere ad inviare una raccomandata a/r indirizzata all’Agenzia delle Entrate territoriale nella quale si richiederà in maniera anche generica la restituzione delle somme ingiustamente tassate, sottolineando il carattere interruttivo dei termini prescrizionali della missiva.
Successivamente, per il tramite del proprio legale di fiducia, si procederà con lo studio dei cedolini paga del medico e con il relativo calcolo delle somme ingiustamente trattenute dall’erario. Una volta individuato il quantum si procederà con il deposito di un’istanza di rimborso presso la sede dell’Agenzia delle Entrate territoriale e, una volta trascorso il termine di legge, l’istante potrà procedere al deposito sempre all’Agenzia delle Entrate del ricorso con contestuale richiesta di mediazione, obbligatoria per somme non superiori a cinquantamila euro.
Trascorsi novanta giorni dal sopra indicato deposito, in caso di mancata adesione alla mediazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, la parte, sempre per il tramite del proprio legale, potrà procedere ad iscrivere a ruolo il ricorso al fine di ottenere il rimborso di tali somme, il tutto proprio alla luce dell’Ordinanza emessa dalla Suprema Corte di Cassazione.