Nuovo studio, tutto italiano, per combattere la Sla
31 Agosto 2020Identificato un nuovo potenziale bersaglio terapeutico per il trattamento della Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), la più grave e conosciuta fra le malattie neurodegenerative.
Un lavoro scientifico, tutto italiano, mette a segno un importante passo in avanti nel trattamento della gravissima patologia che colpisce i motoneuroni, ossia i neuroni responsabili del movimento, localizzati a livello della corteccia cerebrale e del midollo spinale. La scoperta è opera di un gruppo di ricercatori guidati dall’Irccs ospedale San Raffaele, in collaborazione con Università degli studi di Milano e Istituto di biofisica del Cnr. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica ‘Nature Communication’.
L’equipe ha osservato in laboratorio – in colture cellulari di motoneuroni e in modelli sperimentali di malattia – una riduzione del complesso molecolare del Retromer, un meccanismo che media il trasporto intracellulare delle proteine che stanno per essere riciclate o distrutte e che già da diversi anni è associato a malattie neurodegenerative, quali Parkinson e Alzheimer, ma mai alla Sla. I ricercatori hanno poi sviluppato una serie di molecole in grado di stabilizzare questo complesso molecolare, riducendo efficacemente nei modelli sperimentali il processo degenerativo dei motoneuroni. E rallentando, così, la progressione della malattia.
“Il lavoro è di natura strettamente pre-clinica – precisa Gianvito Martino, neurologo e direttore scientifico dell’Irccs ospedale San Raffaele, tra i coordinatori dello studio insieme al professor Pierfausto Seneci dell’Università degli Studi di Milano e al dottor Mario Milani dell’Istituto di Biofisica del Cnr di Milano – e si basa su osservazioni fatte in modelli sperimentali della malattia. Ma, con debita cautela, pensiamo che questo approccio possa essere ulteriormente sviluppato sino alla sperimentazione sui pazienti – sottolinea – Sebbene al momento non esista una terapia in grado di guarire la Sla, negli ultimi anni le ricerche in questa direzione si sono moltiplicate e la speranza di trovare presto un rimedio definitivo si fa sempre più concreta”.