Nursing Up: in Italia c’è una drammatica voragine di infermieri, ma la politica pensa a formare nuovi medici
2 Settembre 2023Siamo di fronte ad un gap pesante, pesantissimo da colmare, una matassa sempre più intricata, che non può attendere ancora per essere sbrogliata, quella di circa 100mila infermieri in meno rispetto agli standard dei paesi di una sanità europea post-Covid che corre veloce verso il futuro, pienamente consapevole delle sfide da dover affrontare.
Per tutta risposta, il nostro Governo, apparentemente per nulla scosso dalla gravità di questo deficit di professionisti, attraverso un intervento ufficiale del nostro Ministro dell’Università Bernini, poco prima di ferragosto, ha lasciato intendere apertamente, attraverso dichiarazioni ufficiali programmatiche, che la priorità, adesso, è addirittura quella di aumentare i posti disponibili ai test di Medicina, inserendo da subito oltre 4mila posizioni in più, per poi arrivare addirittura a 30mila entro il 2030.
Cosa succede? Rimaniamo ancora una volta basiti e interdetti. Siamo di nuovo di fronte all’ennesimo paradosso nel modus operandi di una classe politica che, nasconde pericolosamente la testa sotto la sabbia e ignora i contenuti di report autorevoli che nel 2022 ci hanno fatto letteralmente sobbalzare dalle sedie.
Ocse, Agenas, Corte dei Conti, nonché , se dovesse servire altro ed a livello mondiale, la stessa Oms, evidenziano, all’unisono che, a mancare principalmente, non sono i certi medici, ma sono infermieri e ostetriche. Siamo di fronte ad una popolazione di pazienti, se guardiamo in particolare in casa nostra, la cui età media si innalza sempre di più, con tutte le conseguenze legate alle patologie croniche che il nostro sistema sanitario dovrà affrontare, “armandosi” di professionisti specializzati nell’assistenza anche e soprattutto al di fuori delle realtà ospedaliere, come indicato dai contenuti della Missione 6 del nuovo Pnrr».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«Ascoltando proposte come quelle del Ministro Bernini, viene da pensare che quelli che stiamo per affrontare, nei mesi residui che ci accompagnano da qui alla fine del 2023, saranno ancora una volta tempi di forti tensioni, legate al modo di agire di una politica che non vuole saperne di prendere il toro per le corna, correndo il grave rischio che la carenza di infermieri e ostetriche, perni dell’assistenza del presente e del futuro, si aggravi ancora di più, ricadendo come un pesantissimo macigno sulla qualità dei servizi sanitari destinati alla collettività.
Con una media di oltre 4.1 medici ogni 1000 abitanti, i recenti dati del Cergas e di Sda Bocconi hanno confermato che il numero dei camici bianchi in Italia è perfettamente in linea con gli standard della sanità dei Paesi europei più evoluti, a differenza di una realtà, quella di infermieri e ostetriche, la cui professionalità giocherà un ruolo sempre più decisivo per l’assistenza ai pazienti, e che già oggi, alla luce degli allarmanti dati Oms, ci racconta che, indiscutibilmente, in quei paesi dove la carenza di professionisti dell’assistenza pesa come un macigno, aumentano addirittura di netto il tasso di mortalità dei pazienti.
Sempre l’Oms rivela che esiste una carenza globale di operatori sanitari, in particolare infermieri e ostetriche, che rappresentano oltre il 50% dell’attuale carenza di operatori sanitari. Per tanto, e lo ha confermato anche l’Ocse, in Italia e nel mondo, non sono i medici a mancare, ma prima di tutto gli infermieri.
Insomma, affinché tutti i paesi raggiungano l’obiettivo di sviluppo sostenibile su salute e benessere, l’OMS stima che il mondo avrà bisogno di altri 9 milioni di infermieri e ostetriche entro il 2030.
E se l’Oms corrobora in modo autorevole le nostre denunce, la Corte dei Conti evidenzia, senza mezzi termini, che la “cattiva politica”, in Italia, quella dei tagli, quella dell’immobilismo, quella dell’austerity, ha contribuito a mettere in ginocchio, da tempo il nostro sistema sanitario.
Siamo di fronte a report incrociati che qualcuno continua volutamente a ignorare, gettando fumo negli occhi alla collettività.
L’Italia è uno dei Paesi con il tasso di anzianità più elevato d’Europa (gli over 65 sono il doppio degli under 15, ovvero il 25% della popolazione), quindi, come detto, prevalgono patologie croniche e fragilità, che richiedono poche e puntuali prestazioni cliniche e lunghe stagioni assistenziali, che necessitano maggiormente di infermieri e operatori socio-sanitari e meno medici. Mancando questi ultimi o non riconoscendone il ruolo, ingaggiamo impropriamente i medici, e lasciamo intendere, ancora più impropriamente, che sono i medici a mancare all’appello.
Non smetteremo mai di ribadire, sostiene ancora De Palma, che siamo di fronte alla necessità dell’indispensabile ricostruzione della sanità territoriale, “predicata” fortemente dal nuovo DM 77, laddove, nella prima giornata dei lavori del Tavolo Tecnico voluto da Schillaci, il nostro sindacato ha confermato che solo una equilibrata comunicazione e una ritrovata sinergia tra professionisti della salute, seppur nel pieno rispetto dei differenti ruoli, può giovare all’innalzamento della qualità dei servizi sanitari mesi a disposizione dei cittadini nell’ambito dei nuovi modelli organizzativi richiesti.
E non è certo ignorando la realtà o confutandola, o continuando a creare squilibri tra le professioni sanitarie, facendo pendere l’ago della bilancia dalla parte di talune professioni a discapito di altre, che la nostra politica ci permetterà di intravedere la luce in fondo al tunnel buio di una sanità che non può permettersi più di lasciare che la crisi da carenza di personale infermieristico ed ostetrico rimanga drammaticamente irrisolta», chiosa De Palma.