Obesità, una malattia della quale si sa ancora troppo poco
25 Maggio 2024A differenza di molte altre, l’obesità è una patologia che coinvolge la persona in modo multidimensionale e, per questo, il chirurgo bariatrico non può occuparsi esclusivamente
dell’intervento. Tra i maggiori esperti in chirurgia laparoscopica dell’apparato digerente e dell’obesità, il primo a rendersi conto (già nel 1995) dell’esigenza di un cambio di paradigma, Luigi Angrisani, spiega che l’obesità è «una malattia della quale sappiamo ancora poco, che continua a implicare un forte stigma sociale, ma che – con il giusto approccio – può essere ben gestita». Partiamo dai dati: l’ultima fotografia Istat disponibile certifica che, nella popolazione adulta, la quota di sovrappeso è pari al 36,1% (maschi 43,9%, femmine 28,8%), mentre gli obesi sono l’11,5% (maschi 12,3%, femmine 10,8%), evidenziando un trend in costante crescita. Complessivamente, quindi, in Italia si possono stimare circa 4 milioni di adulti obesi.
Caldo, anzi caldissimo, è il tema dei farmaci anti-diabete che hanno dimostrato di avere un enorme potere dimagrante. Angrisani, che è anche professore associato in Chirurgia generale dell’Università di Napoli Federico II, riconosce il ruolo importante che le terapie farmacologiche hanno nella gestione dell’obesità, ma mette in guardia dai possibili rischi e
dalle tante incognite di questa nuova frontiera. Oggi la terapia farmacologica consente in molti casi di accompagnare il paziente all’intervento di chirurgia bariatrica e di affrontare
eventuali recidive a distanza di tempo, visto che «l’obesità è una malattia recidivante e cronica». Ma il farmaco non deve essere visto come la panacea di tutti i mali. «Le attuali terapie – prosegue lo specialista – hanno un grosso limite nelle modalità di somministrazione: costringono i pazienti a continue iniezioni intradermiche, alle quali non tutti accettano di sottoporsi». Inoltre, non mancano gli effetti collaterali. «Questi farmaci
ritardano lo svuotamento gastrico e quindi possono favorire un senso di nausea o aggravare il reflusso gastrico in pazienti che, per il loro peso, già soffrono di questo disturbo». Tralasciando ogni deriva negativa favorita da mode del momento, i nuovi farmaci dimagranti possono essere validi alleati, assieme alla chirurgia, per una gestione di successo dell’obesità, ma resta cruciale affidarsi a uno specialista che abbia una visione a 360 gradi del problema e che possa individuare le soluzioni migliori nel momento più opportuno. Un concetto di gestione che Angrisani ha introdotto alla Federico, già nel 1995, quando creò nel Policlinico l’equipe multidisciplinare al servizio dell’allora pionieristica tecnica laparoscopica. E la chirurgia resta ancora oggi determinante per affrontare la malattia.
LE TECNICHE
«Ogni intervento viene pianificato a seconda del caso, ricorrendo alla tecnica più adatta».
E tra le tecniche più efficaci, spiega Angrisani, c’è la sleeve gastrectomy (o gastrectomia
verticale) nata come primo tempo di un intervento più complesso chiamato duodenal switch. «In sostanza, l’intervento consiste nella resezione verticale e asportazione del
70-80% dello stomaco. In questo modo si ottiene la trasformazione della naturale conformazione del viscere da sacciforme a tubulare. Il tubulo gastrico neoformato può contenere 150-200 centimetri cubi di volume ed è in diretta continuità con l’esofago e il duodeno. L’asportazione del fondo dello stomaco determina una diminuzione dei livelli ematici di grelina, ormone che controlla il senso della fame. Questo, assieme alla diminuita capacità di riempimento dello stomaco, consente di ridurre l’introito calorico alimentare e quindi procurare la perdita di peso corporeo». La gastrectomia verticale è particolarmente
indicata nei pazienti diabetici, nei super obesi, e offre dei risultati del tutto sovrapponibili a quelli del bypass gastrico nei primi tre anni dopo l’intervento. «Questo intervento – conclude Angrisani –, oltre a essere considerato quello di prima scelta nel nostro centro, può essere usato anche come intervento di revisione dopo il fallimento del bendaggio
gastrico».