
Omega-3 e cancro alla prostata, una dieta mirata potrebbe fare la differenza
18 Marzo 2025Una dieta ricca di omega-3 e povera di omega-6, insieme a integratori di olio di pesce, potrebbe rallentare la crescita delle cellule del cancro alla prostata negli uomini con malattia in fase iniziale. Tra gli uomini in sorveglianza attiva per il cancro alla prostata, il consumo di questa dieta per un anno ha portato a una significativa diminuzione, nei tessuti neoplastici, dell’indice Ki-67, un biomarcatore per la progressione, le metastasi e la mortalità del cancro alla prostata. È quanto è emerso dai risultati dello studio di fase 2 CAPFISH-3 presentati al 2025 American Society of Clinical Oncology Genitourinary Cancers Symposium, che si è tenuto di recente a San Francisco.
Le diete che includono cibi fritti e processati tendono a essere ricche di omega-6, mentre quelle che includono salmone e tonno sono più ricche di omega-3. La ricerca ha dimostrato che consumare più acidi grassi omega-3 è associato a un rischio inferiore di mortalità per cancro alla prostata, ha spiegato il ricercatore principale dello studio William Aronson, della David Geffen School of Medicine dell’Università della California, Los Angeles (UCLA). La ricerca suggerisce che ingerire più omega-6 accelera la crescita dei tumori umani nei topi, mentre l’aumento dei livelli di omega-3 la riduce. Si sa anche che alti livelli di omega-3 e bassi livelli di omega-6 hanno un effetto inibitorio sui macrofagi di tipo M2, che sono il tipo predominante di cellula immunitaria nelle metastasi del cancro alla prostata.
Per valutare l’impatto di questi acidi grassi sul cancro alla prostata in fase iniziale, Aronson e colleghi hanno condotto uno studio randomizzato, monocentrico, di fase 2, in aperto, in 100 uomini con cancro alla prostata di grado 1/2 che avevano scelto la sorveglianza attiva. I pazienti sono stati assegnati casualmente in un rapporto 1:1 a un gruppo di controllo che ha continuato la dieta normale (senza olio di pesce) o a un gruppo di intervento che ha seguito una dieta povera di omega-6 e ricca di omega-3, integrata con olio di pesce (2,2 g/d), per un anno. L’endpoint primario era il cambiamento dell’indice Ki-67 dal basale a 1 anno nei campioni di biopsia prelevati dallo stesso sito tra i gruppi. Risultato: l’indice Ki-67 è diminuito nel gruppo di intervento del 15% a un anno rispetto al basale ed è aumentato nel gruppo di controllo del 24%. La differenza tra i gruppi era statisticamente significativa (P = 0.043).
Per gli endpoint secondari, l’intervento ha portato a una riduzione dei livelli di trigliceridi e del fattore stimolante le colonie di macrofagi, ma non ha avuto effetto sul volume del tumore, sul livello di PSA o sul punteggio Decipher a 22 geni (classificatore genomico utilizzato per la stratificazione del rischio).
Aronson ha affermato che i risultati supportano futuri trial di fase 3 che incorporino questo intervento tra gli uomini in sorveglianza attiva per il cancro alla prostata. Quattro uomini hanno interrotto lo studio a causa degli effetti collaterali, principalmente gastrointestinali come diarrea e nausea; campioni di dimensioni maggiori saranno fondamentali per comprendere meglio la tollerabilità. «Sulla base di questi soli dati da soli», ha commentato Bradley Alexander McGregor, del Dana-Farber Cancer Institute di Boston, che non è stato coinvolto nello studio, tale intervento «non dovrebbe essere raccomandato ma può essere considerato per pazienti altamente motivati dopo aver discusso i limiti dei dati disponibili e gli effetti collaterali».