Papilloma Virus, nuovo studio su efficacia del vaccino
19 Novembre 2021Tra le giovani donne vaccinate contro il papilloma virus umano (HPV) all’età di 12 o 13 anni e prima di iniziare l’attività sessuale i tassi di cancro della cervice uterina sono inferiori dell’87% rispetto alle coetanee non vaccinate. Ecco i risultati di uno studio pubblicato su Lancet, che mostra il successo del programma nazionale britannico di prevenzione del cancro del collo dell’utero.
«La vaccinazione contro HPV ha impedito a centinaia di donne di sviluppare il cancro» afferma il coautore Peter Sasieni del King’s College London, spiegando che il programma britannico di vaccinazione HPV è iniziato nel 2008 con il vaccino bivalente Cervarix contro l’HPV 16 e 18, ceppi responsabili del 70-80% dei tumori cervicali. «Nel 2012 è stato introdotto il quadrivalente Gardasil, efficace contro altri due ceppi virali, HPV 6 e 11, responsabili delle verruche genitali» scrivono gli autori che hanno analizzato sette coorti di donne tra 20 e 64 anni, di cui tre formavano la popolazione vaccinata. Complessivamente, da gennaio 2006 a giugno 2019, sono stati registrati 27.946 casi di cancro cervicale e 318.058 casi di CIN3, una lesione in cui quasi tutte le cellule cervicali sono anomale o precancerose. Nelle tre coorti vaccinate, invece, sono stati osservati 450 casi in meno di cancro cervicale e 17.200 casi in meno di CIN3 rispetto alle coorti di coetanee non vaccinate. L’89% delle ragazze immunizzate fra i 12 e i 13 anni ha ricevuto almeno una dose di vaccino HPV, mentre l’85% ha ricevuto tre iniezioni. Tra queste, la frequenza di cancro cervicale è stata dell’87% inferiore ai non vaccinati e quella di CIN3 inferiore del 97%. Per le coorti vaccinate tra 14 e 16 anni e fra 16 e 18 anni le riduzioni sono state rispettivamente del 62% e del 34% per il cancro e del 75% e del 39% per CIN3.
«Da un lato la speranza è che questi risultati siano uno stimolo per i programmi di vaccinazione nei paesi a basso e medio reddito, dall’altro la questione più importante, oltre alla disponibilità del vaccino è l’educazione della popolazione ad accettare la vaccinazione perché un alto tasso di immunizzazione è un elemento chiave del successo», sottolinea in editoriale di commento Maggie Cruickshank ginecologa dell’Università di Aberdeen, Regno Unito.