Pasquale D’Antonio: “I tuoi obiettivi devono essere la tua ossessione”
7 Luglio 2022“Nel calcio, attaccare è il miglior modo per difendere la propria porta” (Robert Carlos).
Oggi parliamo di Covid, sport e salute con un grande esperto di questa disciplina: Pasquale D’Antonio.
La fase pandemica più acuta sembra essere alle spalle. Come vive e ha vissuto la situazione? Come l’ha affrontata? Come ha gestito la paura del contagio e il disagio legato alle misure restrittive?
La pandemia ha avuto un grande impatto sulla vita sociale, economica e ovviamente anche sulle attività sportive professionistiche e dilettantistiche. Oltre a creare tanti disagi di salute acuti e cronici e purtroppo tante morti, ha destabilizzato ognuno di noi nelle nostre attività lavorative e non. In ogni caso, nella mia vita sono abilitato a focalizzarmi sulle opportunità che ti offre una situazione, anche da un problema nasce un’opportunità. Bisogna sapere cogliere l’1% di positivo che questa situazione ci ha dato, ad esempio migliorare le proprie skills digitali, rimettere al centro della vita di ognuno di noi la salute, digitalizzare le proprie attività lavorative e perché no nel lockdown abbiamo avuto tempo e modo di riflettere su noi stessi, su cosa e come migliorare. Nello sport l’impatto è stato grande con l’impossibilità di allenarsi, competere o semplicemente muoversi per la salute. Però, chi fa dello sport un compagno di vita ha imparato che dalla sofferenze, dalle privazioni e dalle difficoltà si esce migliori o meglio, più “adattati”, per dirla alla Darwin.
Insieme alle restrizioni, i tentennamenti della politica hanno causato molti disagi al mondo dello sport, specie quello minore. Cosa è successo alla sua socialità?
Nel calcio ha avuto un grande impatto negativo, soprattutto economico. Per gli sportivi professionisti, per i gestori di strutture sportive e per tutti gli stakeholders del mondo sportivo sono tempi dura. Ognuno di noi si è rimboccato le maniche per ripartire e si spera che come dopo ogni crisi ci sia una periodo florido.
Chi è stato tra gli amici o in famiglia a spingerla verso l’attività agonistica? Oppure si è trattato di una sua folgorazione, magari guardando ai modelli dei grandi campioni?
Sin da piccolo ho giocato a calcio, anche attraverso una passione trasmessa da mio padre. Poi, non riuscendo a diventare calciatore professionista ho provato a conciliare amore per lo sport, per lo studio e per il calcio, volevano sin da subito provare a diventare preparatore atletico. E ancora ci sto provando…deve essere un’ossessione, ogni giorno si cancella quanto fatto e si riparte.
Al di là delle doti personali e delle attitudini, quanto conta la forza di volontà nel raggiungimento degli obiettivi?
Lo studio, la passione e la pratica continuativa di uno sport sono la conditio sine qua non, ma la differenza la fa la determinazione, la perseveranza, “la fame”, la voglia. Lo sport è un mondo chiuso, è dura entrare nei circuiti lavorativi senza conoscenze, bisogna fare di tutto per farsi conoscere e apprezzare. Io non ho parenti sportivi professionisti e ne avevo prima di iniziare amici nel mondo del calcio professionistico, mi sono fatto spazio con tanta voglia di fare, insistenza e quella cosiddetta “faccia tosta” che ti aiuta ad osare dove altri non lo fanno. E ancora oggi continuo a farlo…solo se ci credi davvero un sogno si realizza. Crederci significa non dormirci la notte perché non devi sognarlo, devi realizzarlo.