Pediatri in via di estinzione? I numeri aggiornati dall’Annuario statistico Ssn
11 Aprile 2023Pediatri e medici di famiglia in via di estinzione? Dall’annuario statistico del Servizio sanitario nazionale, dati 2021, lo scenario non è tutto scuro, e va letto tra le righe. Siamo sì nel picco degli esodi, la parte di convenzionati prossimi alla pensione è al massimo in entrambe le categorie. Ma a differenza che in settori veramente in difficoltà – la guardia medica, dove il rapporto medio è di 1 medico ogni 5555 abitanti quando ce ne vorrebbe uno ogni 5 mila -si leggono situazioni di quasi “normalità”.
In particolare, la pediatria di libera scelta, dove in questi anni politiche “demografiche” errate non hanno consentito un idoneo ricambio, in 3-5 anni potrebbe coprire anche le più complesse tra le attuali carenze. Partiamo però con un rapido sguardo sui medici di famiglia: in media nel 2021 le scelte erano 1260 a medico e i residenti 1.295. Il numero di scelte segue in genere quello dei residenti, e al Nord ci sono numeri più alti, a Bolzano ad esempio ci sono 1.560 residenti adulti per Mmg. Invece al Centro-Sud, il carico potenziale è tuttora inferiore al valore medio nazionale; l’Umbria registra il valore minimo di 1.063 residenti adulti per medico. In ogni caso, si è saliti da una media di 1160 scelte a medico degli anni Duemila ai 1260 assistiti di oggi. I mmg però sono sempre meno, quelli con anzianità di laurea oltre 27 anni erano meno di metà nel 2009 ora sono i tre quarti. Latitano i ricambi: i “delfini” con anzianità 20-27 anni sono diminuiti dal 35 al 20% del totale e c’è stato un crollo, dal 15 al 5%, dei medici con 13 – 20 anni di anzianità, mentre ancorché sestuplicato da 100 a oltre 600 unità resta basso il numero dei giovani con anzianità fino a 2 anni.
Il problema del mancato ricambio parrebbe più accentuato nei 7 mila pediatri di libera scelta. Che, a fronte di un massimale di 880 assistiti (cui si aggiungono fino a 120 stranieri temporaneamente presenti e, ovviamente, le scelte in deroga), hanno un carico medio potenziale di 985 bambini l’uno. Lo scarto tra regioni è elevato, si va da 842 bambini per pediatra in Puglia a 1.262 bambini a Bolzano. Però la categoria invecchia: nel 2009 i pediatri con oltre 23 anni di anzianità erano il 40% e ora sono l’80%, nel contempo i “delfini” (16-23 anni di anzianità di laurea) scarseggiano ancor più che tra i mmg essendosi ridotti dal 40% della composizione del 2009 al 9% del 2021! E se con 10-16 anni di anzianità nel 2009 avevamo un 17%, adesso la percentuale di queste figure, che dovrebbero portare con sé dinamicità organizzativa è dimezzata. Tra i giovani si vedono ancora minori spazi di ricambio che nel caso dei medici di famiglia: tra 0 e 2 anni di anzianità i pediatri sono lo 0% da sempre, tra 2 e 9 anni oscillano fra il 3 ed il 4%. Ma attenzione: il presidente dei pediatri di famiglia FIMP Antonio D’Avino sottolinea che «nel caso dei pediatri di libera scelta non tutte le regioni sono in sofferenza. Quando vengono bandite zone carenti, le sole aree dove non si riesce a coprirle sono quelle a popolazione sparsa (valli e montagna) e le zone disagiate e disagiatissime, ad esempio le piccole isole, oltre qualche puntiforme difficoltà in poche città metropolitane».
«Il picco di pensionamenti secondo i dati Enpam -dice D’Avino- sarà raggiunto nel 2025 quando usciranno 621 colleghi. Poi, gli esodi inizieranno a decrescere e già nel 2029-30 saranno dimezzati. Il vero problema è questo triennio che ci porta al picco di uscite. Per evitare che le carenze creino oggettivi problemi all’assistenza nel Milleproroghe si è consentito di differire a 72 anni, su base volontaria ed in specifiche condizioni, il pensionamento. Se poi andiamo a guardare le borse di specializzazione decise in pediatria negli ultimi 5 anni sono triplicate: quest’anno erano 841; una volta che questi colleghi saranno specialisti non avremo nessun problema a riempire le stesse aree disagiate. Posto che, in base al decreto legge Calabria le Università potrebbero già adesso favorire un maggior ricorso a specializzandi al penultimo-ultimo anno per l’impiego sul territorio con incarichi a tempo indeterminato». Per quanto riguarda i deficit tra i “rincalzi” nelle classi di età subito precedenti, «è chiaro che c’è stata una programmazione inadeguata in passato, che non ha guardato alla composizione della categoria per classi d’età ed alle uscite prevedibili. Si è così generato un problema diverso a seconda delle regioni, tra le quali sono in sofferenza solo quelle con aree dove ci sono oggettivi problemi di mobilità. Tra 4 anni -sottolinea D’Avino -si potrà attingere a circa mille specialisti usciti dalle scuole universitarie oltre a poter contare sui trasferimenti dei pediatri che hanno lavorato per anni lontano dai propri luoghi di residenza. Certo ci vorranno incentivi, non solo economici ma anche tecnologici che la telemedicina potrebbe mettere a disposizione: colleghi che vivono a 60-70 km da un ospedale di riferimento vanno messi in condizione di offrire consulti specialistici ai loro piccoli pazienti. E in simili condizioni geografiche la risposta in chiave di prossimità non è tanto la casa di comunità con dentro il pediatra, quanto la possibilità di rendere teleconsulti e televisite, con centri di 2° e 3° livello, disponibili e gestibili negli studi professionali dei medici delle cure primarie, atteso che le cronicità tra gli under 18 riguardano appena il 16-17% degli assistiti».
In particolare, la pediatria di libera scelta, dove in questi anni politiche “demografiche” errate non hanno consentito un idoneo ricambio, in 3-5 anni potrebbe coprire anche le più complesse tra le attuali carenze. Partiamo però con un rapido sguardo sui medici di famiglia: in media nel 2021 le scelte erano 1260 a medico e i residenti 1.295. Il numero di scelte segue in genere quello dei residenti, e al Nord ci sono numeri più alti, a Bolzano ad esempio ci sono 1.560 residenti adulti per Mmg. Invece al Centro-Sud, il carico potenziale è tuttora inferiore al valore medio nazionale; l’Umbria registra il valore minimo di 1.063 residenti adulti per medico. In ogni caso, si è saliti da una media di 1160 scelte a medico degli anni Duemila ai 1260 assistiti di oggi. I mmg però sono sempre meno, quelli con anzianità di laurea oltre 27 anni erano meno di metà nel 2009 ora sono i tre quarti. Latitano i ricambi: i “delfini” con anzianità 20-27 anni sono diminuiti dal 35 al 20% del totale e c’è stato un crollo, dal 15 al 5%, dei medici con 13 – 20 anni di anzianità, mentre ancorché sestuplicato da 100 a oltre 600 unità resta basso il numero dei giovani con anzianità fino a 2 anni.
Il problema del mancato ricambio parrebbe più accentuato nei 7 mila pediatri di libera scelta. Che, a fronte di un massimale di 880 assistiti (cui si aggiungono fino a 120 stranieri temporaneamente presenti e, ovviamente, le scelte in deroga), hanno un carico medio potenziale di 985 bambini l’uno. Lo scarto tra regioni è elevato, si va da 842 bambini per pediatra in Puglia a 1.262 bambini a Bolzano. Però la categoria invecchia: nel 2009 i pediatri con oltre 23 anni di anzianità erano il 40% e ora sono l’80%, nel contempo i “delfini” (16-23 anni di anzianità di laurea) scarseggiano ancor più che tra i mmg essendosi ridotti dal 40% della composizione del 2009 al 9% del 2021! E se con 10-16 anni di anzianità nel 2009 avevamo un 17%, adesso la percentuale di queste figure, che dovrebbero portare con sé dinamicità organizzativa è dimezzata. Tra i giovani si vedono ancora minori spazi di ricambio che nel caso dei medici di famiglia: tra 0 e 2 anni di anzianità i pediatri sono lo 0% da sempre, tra 2 e 9 anni oscillano fra il 3 ed il 4%. Ma attenzione: il presidente dei pediatri di famiglia FIMP Antonio D’Avino sottolinea che «nel caso dei pediatri di libera scelta non tutte le regioni sono in sofferenza. Quando vengono bandite zone carenti, le sole aree dove non si riesce a coprirle sono quelle a popolazione sparsa (valli e montagna) e le zone disagiate e disagiatissime, ad esempio le piccole isole, oltre qualche puntiforme difficoltà in poche città metropolitane».
«Il picco di pensionamenti secondo i dati Enpam -dice D’Avino- sarà raggiunto nel 2025 quando usciranno 621 colleghi. Poi, gli esodi inizieranno a decrescere e già nel 2029-30 saranno dimezzati. Il vero problema è questo triennio che ci porta al picco di uscite. Per evitare che le carenze creino oggettivi problemi all’assistenza nel Milleproroghe si è consentito di differire a 72 anni, su base volontaria ed in specifiche condizioni, il pensionamento. Se poi andiamo a guardare le borse di specializzazione decise in pediatria negli ultimi 5 anni sono triplicate: quest’anno erano 841; una volta che questi colleghi saranno specialisti non avremo nessun problema a riempire le stesse aree disagiate. Posto che, in base al decreto legge Calabria le Università potrebbero già adesso favorire un maggior ricorso a specializzandi al penultimo-ultimo anno per l’impiego sul territorio con incarichi a tempo indeterminato». Per quanto riguarda i deficit tra i “rincalzi” nelle classi di età subito precedenti, «è chiaro che c’è stata una programmazione inadeguata in passato, che non ha guardato alla composizione della categoria per classi d’età ed alle uscite prevedibili. Si è così generato un problema diverso a seconda delle regioni, tra le quali sono in sofferenza solo quelle con aree dove ci sono oggettivi problemi di mobilità. Tra 4 anni -sottolinea D’Avino -si potrà attingere a circa mille specialisti usciti dalle scuole universitarie oltre a poter contare sui trasferimenti dei pediatri che hanno lavorato per anni lontano dai propri luoghi di residenza. Certo ci vorranno incentivi, non solo economici ma anche tecnologici che la telemedicina potrebbe mettere a disposizione: colleghi che vivono a 60-70 km da un ospedale di riferimento vanno messi in condizione di offrire consulti specialistici ai loro piccoli pazienti. E in simili condizioni geografiche la risposta in chiave di prossimità non è tanto la casa di comunità con dentro il pediatra, quanto la possibilità di rendere teleconsulti e televisite, con centri di 2° e 3° livello, disponibili e gestibili negli studi professionali dei medici delle cure primarie, atteso che le cronicità tra gli under 18 riguardano appena il 16-17% degli assistiti».