Progressi rivoluzionari nelle terapie per Malattia di Crohn
5 Dicembre 2020Alessandro Armuzzi: “I pazienti potranno beneficiare sempre più di una medicina personalizzata, basata sui farmaci più adatti a seconda delle caratteristiche fenotipiche”.
Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali – MICI (o IBD – Inflammatory Bowel Diseases secondo l’acronimo anglosassone) sono patologie infiammatorie croniche dell’intestino e si distinguono in Malattia di Crohn e Colite Ulcerosa. Si stima che in Italia siano circa 250mila i pazienti affetti da MICI: sebbene possa sembrare un numero esiguo, bisogna tenere presente una serie di implicazioni che ne amplificano gli effetti, come i ritardi diagnostici, il peso che ricade sulle famiglie, i contraccolpi psicologici. Le MICI sono malattie altamente invalidanti, che riguardano soprattutto la popolazione giovanile, con un picco d’esordio generalmente compreso nella fascia tra i 15 e i 30 anni, con un 20% di casi addirittura già in età pediatrica, inficiando la qualità di vita e provocando conseguenze anche a livello psicologico. Tuttavia, la ricerca scientifica ha prodotto importanti risultati in grado di permettere a chi è affetto da queste patologie di condurre una vita normale.
“Alcune classi terapeutiche di farmaci biologici sono ormai consolidate – evidenzia il dottor Marco Daperno, segretario generale IG-IBD, AO Ordine Mauriziano di Torino – Il prossimo passo in cui siamo impegnati è quello di migliorare il sequenziamento dei farmaci in virtù della varietà a cui siamo giunti, al fine di migliorare gli effetti sul lungo termine ed evitare gli effetti collaterali. Inoltre, si aggiungono nuovi farmaci di recente introduzione che permettono un approccio più razionale e una gestione più soddisfacente di queste patologie”.
“Stiamo definendo nuove strategie terapeutiche per applicare i diversi farmaci oggi a disposizione per ottenerne il massimo risultato nell’ottica del rapporto tra efficacia e sicurezza – sottolinea il professor Alessandro Armuzzi, responsabile Comitato Educazionale IG-IBD, Fondazione Policlinico Gemelli, Roma – questo discorso riguarda tutti i farmaci biotecnologici anti-TNF per poi continuare con gli anti-alfa4/beta7 integrina e gli anti-interleuchina 12/23, ma si inseriscono anche le cosiddette Piccole Molecole, Small Molecules. Queste ultime sono farmaci orali che a breve potranno essere usati per la Colite Ulcerosa e nel prossimo futuro anche per la malattia di Crohn; si caratterizzano per la rapidità d’azione e per la possibilità di essere assunti per via orale. Ci sono molti trials in corso, alcuni molto avanzati, quindi contiamo nell’arco di 3-4 anni di averne alcuni a disposizione per i nostri pazienti. Nell’elaborare una più strutturata offerta terapeutica, valutiamo anche la sostenibilità per l’utilizzo di questi farmaci. Da una parte, quindi, i pazienti potranno beneficiare sempre più di una medicina personalizzata, basata sui farmaci più adatti a seconda delle proprie caratteristiche fenotipiche; dall’altra, si cerca un giusto equilibrio tra innovazione, personalizzazione e sostenibilità del SSN”.
Il concetto di farmaco biosimilare fa riferimento a prodotti medicinali biologici che sono simili agli originatori in termini di qualità, sicurezza ed efficacia, pur non essendo identici. Non sono nuovi farmaci, bensì una rivisitazione, una versione più moderna e meno costosa rispetto agli orginatori. Queste molecole seguono una rigorosa e complessa procedura di approvazione per dimostrarne efficacia e sicurezza: le prime conferme sono giunte in ambito reumatologico; successivamente si è attuato il cosiddetto meccanismo di estrapolazione anche per altre malattie, tra cui proprio le MICI, quindi è stata data dall’EMA l’indicazione per usarli anche per queste altre malattie.
“Per alcuni biosimilari siamo già alla seconda e terza generazione – spiega il dottor Ambrogio Orlando, responsabile IBD Unit della A.O. Ospedali Riuniti “Villa Sofia-Cervello”, Palermo, e membro del Comitato Educazionale di IG-IBD – sono efficaci e sicuri quanto gli originatori, ma permettono un abbattimento dell’80% dei costi, grazie al quale diventa possibile liberare risorse da utilizzare per prescrivere altri farmaci originatori per chi ha una forma grave della malattia. Se fossero rimasti solo i farmaci ai costi più elevati, il sistema sarebbe imploso, visto che per un trattamento si può arrivare anche a 10 o 20mila euro l’anno per paziente”.
“Il primo studio al mondo a pubblicare dati scientifici in Real Life su efficacia e sicurezza dei farmaci biosimilari di Infliximab di seconda generazione è stato effettuato dalla Rete siciliana, composta da 16 centri, 7 Hub & 9 Spoke, che ha realizzato un’esperienza significativa sui pazienti affetti da Crohn e Colite, presi in una numerosità significativa, 276 pazienti – sottolinea Orlando – questo studio ha anche rilevato, in un piccolo sottogruppo, che il cambio di un biosimilare di prima o seconda generazione non crea problemi di immunogenicità o di eventi avversi e l’efficacia è sovrapponibile all’originator. La Rete siciliana ha concluso un altro studio in via di pubblicazione basato su una numerosità ancora più ampia, pari a 559 pazienti, di cui l’88% con Crohn e il 12% con Colite Ulcerosa, che ha dimostrato efficacia e sicurezza anche di un altro farmaco biosimilare di Adalimumab. È un messaggio importante per il mondo scientifico e per le associazioni dei pazienti, che attesta l’appropriatezza terapeutica di questa metodologia e soprattutto fornisce informazioni epidemiologiche sull’efficacia e la sicurezza dei trattamenti”.
Nell’ambito del XI Congresso Nazionale dell’IG-IBD è stato organizzato anche il “2nd Training Course of Surgery for IBD”, dedicato alla formazione e all’aggiornamento dei chirurghi che si occupano di MICI. Obiettivo dell’iniziativa è stato unire la comunità chirurgica nazionale per standardizzare e alzare al massimo il già ottimo livello con cui vengono seguiti questi pazienti. Infatti, avere a disposizione una chirurgia dedicata alle MICI è un punto essenziale per la gestione di questi pazienti.
“Un primo aspetto importante è stato la stesura da parte della Società Italiana di Chirurgia Colo-Rettale delle Linee Guida Italiane per il trattamento chirurgico delle MICI – ha spiegato il professor Gianluca Sampietro, direttore della Divisione di Chirurgia Generale ed Epato-Bilio-Pancreatica, ASST Rhodense, Milano – l’altro argomento di grande interesse ha riguardato la possibilità di ridurre la recidiva della Malattia di Crohn dopo intervento chirurgico. Le novità in questo campo riguardano l’utilizzo della tecnica del Giapponese Kono per ricongiungere l’intestino dopo una resezione, e l’eventualità di rimuovere o meno il mesentere. Per chiarire quest’ultimo aspetto l’ASST Rhodense di Milano e l’Ospedale Mauriziano di Torino stanno coordinando uno studio che riunisce oltre 30 centri sia, italiani che da tutto il mondo, e in cui l’Italia farà da leader. Attenzione è stata riservata anche sull’uso della chirurgica laparoscopica, che ha mostrato negli anni un gran numero di vantaggi, riducendo le complicanze peri-operatorie, migliorando il decorso post-operatorio e diminuendo le conseguenze di lungo periodo”.
Tutti questi temi sono oggetto di analisi nell’ambito dell’XI Congresso IG-IBD – Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease, organizzato da Health Meetings Group, con responsabile scientifico il dottor Marco Daperno, in svolgimento online fino al 5 Dicembre. Nonostante l’approccio insolito, vi sono ben 550 medici iscritti, 96 comunicazioni orali presentate, 24 di queste già selezionate come ricerche innovative, 4 corsi precongressuali per coprire ogni novità nell’ambito delle MICI. Le principali tematiche affrontate sono il ruolo della fibrosi nelle IBD, il posizionamento dei farmaci, la sovrapposizione tra intestino irritabile e MICI, la medicina di genere, l’imaging cross-sectional, l’ultrasonografia, le tecniche di intelligenza artificiale applicata in endoscopia.