
Quando le cicogne non volano più
1 Aprile 2025Continua a scendere l’indice di natalità in Italia. Con 1,18 figli per donna nel 2024 viene superato il minimo di 1,19 del 1995, anno nel quale sono nati 526mila bambini a fronte dei 370mila del 2024 (-2,6% rispetto al 2023). È quanto emerge dagli indicatori demografici dell’Istat pubblicati oggi.
Calano anche i decessi (651mila), il 3,1% in meno sul 2023, dato più in linea con i livelli pre-pandemici che con quelli del triennio 2020-22. Il saldo naturale, ovvero la differenza tra nascite e decessi, è quindi ancora fortemente negativo (-281mila).
Accanto alla riduzione della fecondità, nel 2024 continua a crescere l’età media al parto, che si attesta a 32,6 anni (+0,1 in decimi di anno sul 2023). Il fenomeno della posticipazione delle nascite è di significativo impatto sulla riduzione generale della fecondità – viene sottolineato – poiché più si ritardano le scelte di maternità più si riduce l’arco temporale a disposizione delle potenziali madri per la realizzazione dei progetti familiari.
L’aumento dell’età media al parto si registra in tutto il territorio nazionale, con il Nord e il Centro che continuano a registrare il valore più elevato: rispettivamente 32,7 e 33,0 anni, contro 32,3 anni del Mezzogiorno. Diminuiscono anche i matrimoni che, ormai da tempo, non rappresentano più un passaggio preliminare alla nascita di un figlio.
Il primato della fecondità più elevata continua a essere detenuto dal Trentino-Alto Adige, con un numero medio di figli per donna pari a 1,39 nel 2024, comunque in diminuzione rispetto al 2023 (1,43). Come lo scorso anno seguono Sicilia e Campania. In queste regioni le madri sono mediamente più giovani: l’età media al parto è pari a 31,7 anni in Sicilia e a 32,3 in Trentino-Alto Adige e Campania.
La Sardegna si conferma la regione con la fecondità più bassa: nel 2024, il numero medio di figli per donna è pari a 0,91, stabile rispetto al 2023. Tra le regioni con i valori più bassi di fecondità figurano il Molise (1,04), la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (che sperimenta la flessione maggiore, da 1,17 a 1,05) e la Basilicata (1,09, stabile sul 2023). Basilicata, Sardegna e Molise sono anche le regioni con il calendario riproduttivo più posticipato, dopo il Lazio (33,3 anni): nelle prime due l’età media al parto è pari a 33,2 anni, per il Molise è uguale a 33,1.