Quando l’orco è ministro di culto (IX parte)

Quando l’orco è ministro di culto (IX parte)

18 Novembre 2019 0 Di Aureliano Pacciolla* e Antonio Iaia**

Il ruolo della psicologia giuridica nei casi di abuso sessuale perpetrato da sacerdoti in Italia. L’adozione di “Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili”.

 Le prime emozioni nel leggere le “Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili” sono state di sorpresa e sollievo per la volontà espressa di affrontare il gravissimo tema delle violenze su tutte le persone vulnerabili, in primis i minori, perpetrati nell’ambito ecclesiastico, soprattutto dai sacerdoti. Di conseguenza, la prima speranza è che queste volontà espresse in modo progettuale con delle nuove strutture operative possano essere realmente messe in atto.

La seconda speranza è quella di trovare molti collaboratori – all’interno e all’esterno della Chiesa – soprattutto fra i giuristi e gli psicologi che possano collaborare con la Chiesa, intesa come “Popolo di Dio” più che come Autorità Ecclesiastica.

A queste speranze seguono delle domande e perplessità.

È realistico chiedersi se queste nuove tre strutture: il Srtm (Servizio Regionale per la Tutela dei Minori); il Sitm (Servizio Interdiocesano per la Tutela dei Minori) e il RDTM (Referente Diocesano per la Tutela dei Minori) per prevenire e trattare i casi di abuso sessuale nella Chiesa siano realizzabili. Una prima perplessità potrebbe derivare dal fatto che, nonostante la crisi vocazionale, sia possibile assicurare in ogni diocesi la presenza di chierici, particolarmente distinti per esperienza giuridica, che possano eventualmente essere chiamati a far parte di un Collegio giudicante. Inoltre, tutti i soggetti indicati devono essere sacerdoti provvisti almeno di licenza in diritto canonico (salvo dispensa della Congregazione per la Dottrina della Fede) (6.13)

Di fatto, appare chiaro che a un aumento delle strutture corrisponde un numero sempre inferiore dei sacerdoti e in particolare degli specialisti. Tuttavia questa prima perplessità non è rilevante quanto la seconda di tipo psicogiuridico: cosa faranno i Vescovi Italiani che non hanno l’obbligo giuridico di denuncia ma l’obbligo morale di procedere all’inoltro dell’esposto all’autorità civile? Non potranno esserci sanzioni civili ma quali saranno le sanzioni canoniche?

Altre domande e perplessità sono sulla tempistica e su alcuni casi isolati.

Le tre nuove strutture (diocesane, interdiocesane e regionali) dovranno essere operative in tempi brevi e valutati ogni anno. ( ) La nostra speranza è che sia veramente così.

Alcuni casi di rilievo in questo tema sono le false accuse e la cura dei colpevoli.

Così come è giusta la tolleranza zero nei confronti rei nello stesso modo dovrebbe essere applicata il criterio della tolleranza zero nei confronti dei diffamatori. “La persona falsamente accusata di avere compiuto abusi ha il diritto di vedere tutelata e ripristinata la sua buona fama e onorabilità”. (§ 9: False accuse) Soprattutto il Vescovo (o il Superiore Maggiore) devono adoperarsi a ristabilire la verità e l’onorabilità della persona accusata e dell’intera comunità ecclesiale. Gli altri sacerdoti e laici sono moralmente tenuti a collaborare attivamente a questa opera di giustizia e carità.

Altri casi da considerare in modo singolare sono quelli di sacerdoti che sono stati riconosciuti rei. In questo documento si fa esplicito riferimento al “… chierico colpevole di questi gravi abusi … non deve essere lasciato solo, ma accompagnato nel suo cammino di responsabilizzazione, richiesta di perdono e riconciliazione, riparazione, cura psicologica e sostegno spirituale.” (7. L’accompagnamento degli abusatori: 7.1) Questo accompagnamento viene garantito anche nei casi in cui il chierico reo è dimesso dallo stato clericale.

Nel contesto della tutela delle persone più vulnerabili, ci sembra importante ribadire l’impegno della Comunità Ecclesiale – in primis dei Vescovi – a: 1) considerare un indagato innocente fino a prova contraria; 2) applicare la tolleranza zero anche nei confronti delle false accuse; 3) non lasciare solo nessuno, neanche il reo.

Fra le persone più vulnerabili – oltre ai minori – bisogna includere anche che è stato isolato a causa di false accuse e di chi è stato condannato prima dell’ultima sentenza. La Chiesa, come anche lo Stato, dovrebbe avere dei programmi di riabilitazione psicosociale anche per i rei. Qui si apre un altro dibattito al quale accenniamo con due domande: a) non vi sono sufficienti programmi per le vittime, immaginiamoci se ve ne possano essere per i rei? b) Qualora si mettano a disposizioni dei trattamenti per questi rei, siamo sicuri che costoro accettano i trattamenti proposti?

*Psicologo e psicoterapeuta, perito forense, già docente di psicologia generale e psicologia della personalità all’Università Lumsa-Humanitas di Roma.

** Avvocato