Quinto, “non uccidere”
17 Maggio 2019E questo vale non solo per i fratelli ma per la speranza stessa di un’intera comunità, messa a dura prova da atti scellerati che hanno suscitato l’ira persino del Pastore di Napoli.
“Convertitevi”: l’anatema o meglio l’invito rivolto dal cardinale di Napoli Crescenzio Sepe, alle giovani e vecchie generazioni di camorristi napoletani, ha bisogno di una rilettura ed interpretazione profonda, per chi ancora una volta mette a ferro e fuoco una città indifesa ed indifendibile, senza avere alcun rispetto per la vita umana. “Convertitevi” noi lo interpretiamo come un’esortazione a lasciare la foresta ed il vivere, crescere e pensare, da bestie feroci, e tornare nella cosiddetta società civile, fatta di regole, studio, sacrifici, ma soprattutto rispetto per la vita. Una sorta di pentimento, di ravvedimento.
Anche San Paolo, come è descritto negli Atti degli Apostoli, feroce persecutore dei cristiani ebbe a convertirsi. Allora intervenne, sulla via di Damasco una “luce misteriosa” che l’avvolse e gli chiese “perchè mi perseguiti”. Oggi nella città di Napoli si spara all’impazzata quando e dove si vuole, senza “regole” d’onore. Nelle sacrestie, all’uscita dalla scuola, in mezzo alle affollate strade, addirittura negli ospedali. Sono violati tutti i codici. Non c’è argine a questa ferocia umana: le forze dell’ordine sono impotenti, lo stesso ordinamento giudiziario permette a queste bestie feroci di “rientrare” troppo in fretta nelle città indifese. Manca la cultura della vita, del rispetto per esseri indifesi (Noemi vittima sacrificale di cultura malavitosa sta lottando per la vita). La maggior parte dei camorristi va in chiesa, le proprie case sono piene di santini ed ex voto così come nei rifugi dei grandi latitanti sono state trovate cappelle votive e statue di Santi. Non basta comunque allontanare “i mercanti dal tempio”. Bisogna lavorare nelle scuole, nelle parrocchie, in strada, fra i giovani sani. Sono l’unica speranza per il futuro della città.