Responsabilità medica, l’equipe deve garantire il decorso post operatorio
22 Aprile 2021La suprema Corte di Cassazione con recente Sentenza del 2020 recante numero 32871 ha affermato che il medico deve sempre prendere in considerazione i segnali di allarme di una complicazione post chirurgica e, pertanto, il suo dovere di garanzia non può essere limitato solo all’interno della sala operatoria. In tal senso, la conclusione di un intervento chirurgico non può, in alcun modo, comportare, quanto meno per il sanitario che lo ha eseguito, una sorta di automatica legittimazione a disinteressarsi del paziente. In pratica, l’instaurazione della relazione terapeutica tra medico e paziente è fonte della posizione di garanzia che il primo assume nei confronti del secondo e da cui deriva l’obbligo di attivarsi a tutela della salute e della vita. Infatti, nell’attività medico chirurgica, la posizione di garanzia è riferibile, sotto il profilo funzionale ad entrambe le categorie nelle quali tradizionalmente si inquadrano gli obblighi in questione: la posizione di protezione, che impone di preservare il bene protetto da tutti i rischi che possano lederne l’integrità, da un lato, e la posizione di controllo, che impone di neutralizzare le eventuali fonti di pericolo che possano minacciare il bene protetto, dall’altro.
La titolarità di una posizione di garanzia ovviamente non comporta un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante; occorre, infatti, accertare in concreto la violazione da parte del garante di una regola cautelare, la prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare mirava a prevenire e, infine, la sussistenza del nesso causale tra la condotta del garante e l’evento dannoso. Ebbene, nell’attività chirurgica d’equipe, con il compimento di un’operazione chirurgica, tutta l’equipe medica assume nei confronti del paziente una vera e propria posizione di garanzia che impone ad ogni sanitario il rispetto delle regole di prudenza e di diligenza; dalla violazione di tale obbligo può discendere la responsabilità penale dei medici qualora l’evento danno sia causalmente connesso al comportamento omissivo. Nella responsabilità medica d’equipe, tale posizione di garanzia assume connotati importanti con riferimento al capo dell’equipe operatoria, il quale fatta salva l’autonomia professionale dei singoli operatori ha anche il dovere di portare a conoscenza di questi ultimi tutto ciò che è venuto a sapere sulle patologie del paziente. Inoltre, la posizione di garanzia del capo della equipe nei confronti del paziente implica, altresì, il dovere di assicurarsi che il paziente sia adeguatamente assistito anche dopo l’operazione da personale idoneo al quale fornire tutte le indicazioni terapeutiche necessarie.
Ed è proprio sulla scorta di tali rilievi che la Suprema Corte ha stabilito nella Sentenza, sopra enunciata, che l’obbligo di attivarsi per la tutela e la salute del paziente, non si esaurisce assolutamente una volta concluso l’atto operatorio in senso stretto, in presenza di una sintomatologia evidente dopo un’operazione chirurgica.
In questi casi, anche se l’intervento operatorio, inteso in senso stretto, può ritenersi concluso con l’uscita del paziente dalla sala operatoria, sul sanitario grava, sempre, un obbligo di sorveglianza sulla salute del soggetto operato.