Risarcimento danni da emotrasfusione
6 Gennaio 2019La Corte suprema di cassazione ha stabilito che il diritto al risarcimento del danno in caso di emotrasfusioni con sangue infetto ha natura diversa rispetto all’attribuzione indennitaria regolata dalla legge numero 210 del 1992.
La Suprema Corte di Cassazione con una recentissima Ordinanza, recante numero 32944 del 20 dicembre 2018, ha inteso ribadire ulteriormente che il diritto al risarcimento del danno conseguente al contagio da virus HBV, HIV o HCV, a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, ha natura diversa rispetto all’attribuzione indennitaria regolata dalla legge numero 210 del 1992.
Tuttavia, nel giudizio risarcitorio promosso contro il Ministero della Salute per omessa adozione delle dovute cautele, l’indennizzo eventualmente già corrisposto al danneggiato può essere interamente scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno, venendo altrimenti la vittima a godere di un ingiustificato arricchimento consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto (il Ministero) due diverse attribuzioni patrimoniali in relazione al medesimo fatto lesivo.
Nell’ipotesi in cui, pur in presenza di titoli differenti, vi sia unicità del soggetto responsabile del fatto illecito fonte di danni ed al contempo obbligato a corrispondere al danneggiato una provvidenza indennitaria, vale la regola del diffalco, dall’ammontare del risarcimento del danno, della posta indennitaria avente una cospirante finalità compensativa.
La compensatio deve ritenersi operante in tutti i casi in cui sussiste una coincidenza tra soggetto autore dell’illecito, tenuto al risarcimento del danno, e quello chiamato per legge a erogare il beneficio, con l’effetto di assicurare al danneggiato una reintegra del suo patrimonio completa e senza duplicazioni.
In pratica, la Suprema Corte ha ribadito un principio già consolidato a cui è pervenuta anche la giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato che con la Sentenza numero 1 del 2018, in cui si è enunciato il principio di diritto secondo cui la presenza di un’unica condotta responsabile, che fa sorgere due obbligazioni da atto illecito in capo al medesimo soggetto derivanti da titoli diversi aventi la medesima finalità compensativa del pregiudizio subito dallo stesso bene giuridico protetto, determina la costituzione di un rapporto obbligatorio sostanzialmente unitario che giustifica, in applicazione della regola della causalità giuridica ed in coerenza con la funzione compensativa e non punitiva della responsabilità, il divieto del cumulo con conseguente necessità di detrarre dalla somma dovuta a titolo di risarcimento del danno contrattuale quella corrisposta a titolo indennitario. Ovviamente la Suprema Corte ha anche affermato nella detta Ordinanza il concorrente principio in forza del quale l’ammissione della compensazione dell’indennizzo, eventualmente già corrisposto, impone l’allegazione e la prova, di cui è normalmente onerato chi adduce un fatto (parzialmente) estintivo, dell’effettiva corresponsione dell’indennizzo stesso, oltre che della sua esatta entità.
Pertanto, alla luce di tutto quanto sopra esposto, la Suprema Corte, ha sancito il principio in virtù del quale, in caso di giudizio risarcitorio promosso contro il Ministero per aver subito danni da emotrasfusioni con sangue infetto, l’indennizzo eventualmente già corrisposto al danneggiato in virtù della legge 210 del 92 dovrà essere eventualmente scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno poiché, in caso contrario, il danneggiato godrebbe di un ingiustificato arricchimento, consistente nel porre a carico di un medesimo soggetto (il Ministero) due diverse attribuzioni patrimoniali per un unico fatto lesivo.