Sanità, cause di lavoro a perdere

Sanità, cause di lavoro a perdere

31 Luglio 2019 0 Di Antonio Magliulo

Meno “costosi” di fenomeni come quello della parcellizzazione delle fatture, ma le cause di lavoro non risultano meno incidenti sui bilanci delle Aziende sanitarie campane.

Neanche due mesi fa ci siamo occupati di come, ogni anno, in sanità vadano in fumo milioni di euro sotto la voce “spese legali”. Solo nel 2018, abbiamo scritto e ribadiamo, a causa dei contenziosi le Aziende sanitarie hanno dovuto “mettere da parte” oltre trecento milioni di euro. In questo calderone rientrano: richieste di risarcimento per danni, cause di lavoro, “parcellizzazione delle parcelle”, consulenze legali e tutto il variegato mondo che vi ruota attorno.

Abbiamo anche scritto – almeno sino ad oggi in un silenzio assordante – del frazionamento (parcellizzazione) del credito vantato nei confronti dell’Ente sanitario, per cui rispetto all’esecuzione coattiva di un’unica fattura, si attivano, invece, più procedure esecutive. Il risultato, intuibile, è dato dalla lievitazione dei costi a tutto vantaggio degli studi legali. Questa “triste costumanza” che si credeva eradicata, è invece più viva che mai. La riscossione coattiva di un credito vantato nei confronti di un Azienda sanitaria trova “giustificazione” nei ritardati pagamenti prodotti dai competenti uffici delle Asl.

Chi come noi, per il trascorrere del tempo purtroppo, è diventato “memoria storica” ricorda ancora di un ex direttore generale dell’Azienda sanitaria di Caserta (all’ora era Asl Caserta 1) che tento di arginare il malcostume creando una sorta di “lista di proscrizione” contenente i nomi degli studi legali che si davano alla “mala pratica” e con i quali l’Azienda decise di non volere avere più nessun tipo di rapporto. Altri tempi.

Oggi, nell’Asl che è diventata senza numeri (Caserta e basta), vediamo che trova attuazione una sentenza pronunciata dal Giudice unico del tribunale di Santa Maria Capua Vetere favorevole al ricorso presentato da due fisioterapisti che, per tre anni, avevano prestato servizio nell’ex Asl Caserta 2 nel periodo che va dal 2001 al 2006. Il Magistrato, anche ai fini della stabilizzazione, richiama la legge regionale della Campania (numero 1 del 2008) secondo la quale “coloro che alla data del 31 dicembre 2006 risultano aver prestato servizio per almeno tre anni, anche non consecutivi, con contratti di lavoro a tempo determinato”, maturano il diritto all’assunzione, cosa per altro ribadita da una circolare esplicativa della stessa Regione Campania.

E fino a qui potrebbe trattarsi di una normale controversia di lavoro, se non fosse per l’aggravio dei costi patito dall’Azienda sanitaria locale. Il Giudice del lavoro, Francesca Stefanelli, infatti, condanna l’Azienda “a corrispondere ai ricorrenti la retribuzione prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro pari ad euro 17.392,52 annui ed al versamento dei contributi assistenziali per il periodo intercorrente tra il 24 maggio 2010 e la data di effettiva assunzione più spese legali e rivalutazione monetaria, sempre per ciascun anno di ritardo”.

Insomma, una controversia di lavoro “normale” ma che manda in fumo decine di migliaia di euro e, a sentire qualche bene informato, l’evento soccombenza, di questa come di altre Aziende sanitarie non è affatto raro.