Screening HCV, urge implementare efficaci strategie regionali
16 Dicembre 2020“L’investimento di 71,5 milioni riguarda solo la prima parte dello screening graduato raccomandato; pertanto, bisogna garantire fondi dedicati”.
Lo scorso 20 novembre, il ministro della salute Roberto Speranza, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, ha firmato il Decreto attuativo per lo screening nazionale gratuito per il virus dell’Epatite C attraverso l’impiego dei 71,5 milioni di euro stanziati con l’emendamento al Decreto Milleproroghe lo scorso febbraio. Questa firma rappresenta un significativo passo avanti per permettere di rilevare le infezioni di HCV non ancora diagnosticate e migliorare così la diagnosi precoce nel prossimo biennio 2021-2022. Tuttavia resta ancora molto da fare.
“L’investimento di 71,5 milioni riguarda solo la prima parte dello screening graduato raccomandato; pertanto, bisogna garantire fondi dedicati e l’efficienza del sistema per la restante parte della popolazione, così da poter garantire screening su tutta la coorte 1948-1988, che si stima avere prevalenze alte di HCV, ancora da diagnosticare. Per questo è di fondamentale importanza la misurazione omogenea tra le Regioni degli indicatori di efficacia dell’intervento di screening, al fine di poter fornire evidenze sulla dimensione del sommerso e proporre ulteriori azioni e politiche sanitarie costo efficaci, necessarie al fine del raggiungimento dei target dell’OMS” – ha commentato Loreta Kondili, medico ricercatore presso il Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità e Responsabile della Piattaforma Italiana per lo studio delle Terapie delle Epatiti ViRali (PITER).
In Italia l’eliminazione del virus dell’epatite C è un obiettivo ambizioso ma realizzabile. È cruciale che si definiscano politiche sanitarie per far emergere il “sommerso” e simultaneamente si garantisca l’accesso al trattamento attraverso un fondo ad hoc a tutti gli individui infetti. Il decreto attuativo individua i percorsi ritenuti idonei per lo screening, ma adesso è opportuno che vengano indicate direttive dettagliate e specifiche, compito peculiare delle società scientifiche. La base per questo processo è stata lanciata lo scorso 17 novembre con la Tavola Rotonda online “Dal Decreto attuativo sullo screening all’obiettivo finale ‘to cure’: percorso condiviso e condivisibile a livello Centrale e Regionale”, con responsabili scientifici la dottoressa Loreta Kondili e il professor Massimo Andreoni, direttore scientifico Simit. All’iniziativa, organizzata con il contributo non condizionato di Gilead Sciences, hanno partecipato i rappresentanti delle Società Scientifiche e delle Associazioni operanti nel settore: dottoressa Alessandra D’Alberto, Ministero della Salute; professor Sergio Babudieri, direttore scientifico SIMSPe; professor Massimo Galli, past president Simit; dottor Claudio Leonardi, presidente SiPaD; professor Francesco Saverio Mennini, presidente SiHTA; dottor Felice Nava, FeDerSerD; dottor Alessandro Rossi, Simg; professor Francesco Paolo Russo, AISF; dottor Ivan Gardini, presidente dell’Associazione dei pazienti EpaC Onlus; rappresentanti delle istituzioni dedicate alle politiche sanitarie. Il resoconto di questo webinar è diventato la base di un documento intersocietario indirizzato al Governo, al Parlamento e a tutte le Regioni per mettere in atto le iniziative volte a realizzare uno screening attivo ed efficace come previsto dal Decreto Milleproroghe.
“Per armonizzare il lavoro futuro ai fini dell’eliminazione dell’infezione da HCV nel nostro paese, bisogna continuare sul percorso virtuoso intrapreso in questi 5 anni – ha sottolineato il professor Andreoni – ora è il momento di stilare le guide scientifiche per armonizzare i percorsi di diagnosi e cura in tutte le regioni al fine di garantire equità dei servizi a livello Nazionale”.
“Il raggiungimento del traguardo screening/diagnosi deve essere considerato solo il punto di partenza – ha evidenziato il professor Mennini – all’efficienza degli screening deve corrispondere un rapido avviamento dei pazienti ai trattamenti (che studi recenti di HTA hanno dimostrato essere anche cost-saving). Si stima che l’eliminazione del virus nella popolazione oggi “sommersa” genererà un risparmio di oltre 63 milioni di euro in 20 anni per 1000 pazienti trattati e l’investimento per la terapia antivirale per la cura dei pazienti diagnosticati con lo screening, verrà recuperato in soli 4,5 anni”.
“L’Associazione dei pazienti chiede alla politica di continuare a mantenere alta l’attenzione sull’obiettivo di eliminazione dell’infezione da HCV – ha auspicato Gardini – bisogna vincolare tutte le risorse stanziate, affinché vi sia la massima garanzia che il fondo di 71,5 milioni di Euro non sarà aggredibile a partire dal 1° gennaio 2022, ovvero nessuna risorsa stanziata potrà essere utilizzata per fini diversi dallo screening. Si deve concludere l’aggiornamento del PNEV istituendo una cabina di regia ed elaborare i piani di eliminazione HCV regionali dotati di sufficienti risorse, con un coordinatore nominato dalla Regione, in grado di gestire le risorse, coordinare le attività, raccogliere, analizzare e trasmettere le misure di outcome”.
“Il decreto attuativo interministeriale rappresenta una grande opportunità, in quanto indica “il Point of Care” come unico percorso per le popolazioni chiave in tutti i passaggi nei luoghi in cui si trova il paziente, a partire dal SerD o dal carcere, avviando in modo rapido il processo che parte dallo screening alla terapia e al counselling per la riduzione del danno. È auspicabile sviluppare all’interno dei Point of care il piano di cura” – ha commentato Nava.
“Bisogna tracciare percorsi assolutamente semplificati; è importante che vengano centralizzate le azioni all’interno dei servizi per incentivare ulteriormente il rapporto con i pazienti, attraverso i medici professionisti dei SerD o delle carceri garantendo la continuità del trattamento. Un fondo garantito per la terapia antivirale e un maggior ruolo dei medici dei SerD sono condizioni indispensabili per ottenere interventi efficaci nelle popolazioni chiave” – ha aggiunto Leonardi.
“Per le carceri, lo screening e la presa in cura devono essere organizzate all’interno del sistema che riconosce come cabina di regia gli Osservatori Regionali per la Tutela della Salute in Carcere, nella maggioranza delle Regioni esistenti solo su carta. Si chiede agli stakeholders che si sono occupati del percorso di eliminazione dell’infezione da HCV in Italia, la costituzione di un Osservatorio Nazionale per la Tutela della Salute in Carcere che diriga e coordini le attività di screening nei 190 Istituti Penitenziari, garantendo omogeneità in attività e servizi” ha dichiarato il professor Babudieri.
“I MMG non sono prescrittori ma devono essere considerati come protagonisti in tutto il processo, nel counselling e successivamente in pre-screening, screening e linkage-to-care – ha affermato Rossi – è indispensabile che si prevedano in modo strutturato attività formative dei MMG in merito a queste attività, con percorsi chiari e definiti, uguali per tutte le Regioni e su questo le società scientifiche, e in particolare Simg, dovrebbero avere un ruolo chiave. Serve creare dei network tra MMG e le strutture specialistiche distribuite sul territorio regionale implementando un modello di comunicazione tra le due reti dell’assistenza, quella territoriale e quella ospedaliera”.
“Lo screening deve essere inserito all’interno di un processo che garantisca un’efficiente presa in cura nei casi identificati positivi – spiega il professor Francesco Paolo Russo – serve dunque un investimento ad hoc per il trattamento dell’epatite C in tutte le Regioni, dove devono essere costruite reti clinico-assistenziali tra medici specialisti, MMG, medici dei SerD e della medicina penitenziaria con azioni tra loro ben identificate e coordinate. L’utilizzo della telemedicina da parte della medicina ospedaliera specialistica potrebbe essere uno strumento molto utile per semplificare i percorsi, purché sia effettuata con una prenotazione reale, tracciabile, sia ai fini amministrativi che clinici.
“È importante istituire una cabina di regia che coordini le azioni ai fini dell’eliminazione sfruttando le opportunità innovative insegnate dalla pandemia – ha sottolineato il professor Galli – abbinare il test di screening per Sars Cov-2 a quello dell’infezione da HCV è auspicabile ed è già stato sperimentato con successo in varie realtà italiane. Lo screening deve essere eseguito senza distinzioni per fasce di età nei migranti, negli ospedalizzati e può essere proposto anche in tutte le visite ambulatoriali per altre patologie. Il decreto offre lo screening una volta durante il biennio 2020-2021, ma in popolazioni che presentano maggiori fattori di rischio, come nei migranti, nelle persone che fanno uso di sostanze stupefacenti, MSM, sex workers, il controllo delle nuove infezioni post trattamento rientra nei LEA e deve essere eseguito ogni 6 mesi per prevenire il rischio di trasmissione dell’infezione”.