Se il paziente ricoverato cade, di chi è la responsabilità?
6 Febbraio 2019Quando si verificano questi “incidenti”, l’individuazione del profilo di responsabilità dei sanitari è molto discusso sia in letteratura sanitaria che in letteratura giuridica.
Le cadute rientrano tra gli eventi avversi più frequenti nelle strutture sanitarie e possono determinare conseguenze immediate e tardive anche gravi fino a condurre, nei casi più estremi, alla morte del paziente.
In tale materia, le raccomandazioni ministeriali per la prevenzione e la gestione della caduta del paziente nelle strutture sanitarie stima che circa il 14% delle cadute in ospedale sia classificabile come accidentale, ovvero possa essere determinato da fattori ambientali, l’8% come imprevedibile, considerate le condizioni fisiche del paziente ed il restante 78% rientri tra le cadute prevedibili per fattori di rischio identificabili della persona.
Tutto ciò, evidenzia in maniera chiara che gran parte dei casi di caduta possa essere prevenuto e, pertanto, evitato.
Nel caso del verificarsi di tali ipotesi, l’individuazione del profilo di responsabilità dei sanitari è molto discusso sia in letteratura sanitaria che in letteratura giuridica.
Il riconoscimento della responsabilità non è, pertanto, cosa semplice, in quanto tutti i sanitari, in base al loro profilo di competenze, possono essere ritenuti responsabili della caduta di un paziente.
A rendere ancora più complicato tale processo vi è anche la singolarità di ciascun caso, che spesso è difficile generalizzare e che, dunque, dovrà essere esaminato singolarmente.
Provando a ricercare un filo conduttore, da un punto di vista strettamente giuridico, nel caso di caduta di un paziente è necessario individuare l’operatore la cui condotta attiva od omissiva abbia causato l’evento; nel merito, mentre è semplice individuare le responsabilità nel caso in cui cada un paziente che non è in grado di deambulare autonomamente, mentre viene trasportato su di una barella, carrozzina o comunque mentre è aiutato a spostarsi dal personale sanitario, meno semplice risulta individuare il soggetto responsabile nei casi in cui i pazienti si procurano lesioni da caduta in assenza di personale sanitario nelle loro immediate vicinanze, poiché in tal caso potrebbe sussistere una responsabilità colposa dell’operatore di tipo omissivo determinata dalla mancanza di vigilanza del paziente.
In tali casi, quindi, a chi potrà essere imputata la responsabilità della vigilanza dei pazienti? All’infermiere, all’operatore socio sanitario, al medico oppure alla struttura dove è ricoverato il paziente?.
Ebbene, in letteratura non esiste una risposta univoca, ma leggendo diverse Sentenze della Corte di Cassazione, si può tranquillamente affermare come ciascuna di queste figure possa essere individuata come co-responsabile della caduta di un paziente non sorvegliato.
Nel caso in cui si dimostri una inadeguata manutenzione dell’area della struttura sanitaria, ad esempio, la responsabilità oggettiva ricade sulla struttura stessa.
Nell’ipotesi, invece, del personale sanitario, la tipologia rilevante di casi comprende i pazienti che per le loro condizioni di salute necessitano di essere contenuti e controllati al fine di evitare che si procurino lesioni. In tali ipotesi, se la prescrizione di contenzioni fisiche e farmacologiche è compito medico, la responsabilità dell’operatore si configura spesso per la sua condotta omissiva, ovvero determinata dalla mancata vigilanza del paziente. Per quanto concerne, però, le contenzioni ricordiamo come l’infermiere debba adoperarsi affinché il ricorso a tale procedura sia evento straordinario, sostenuto da prescrizione medica o da documentate valutazioni assistenziali. Se dunque un paziente risulta essere fortemente a rischio di caduta e vi siano le valutazioni assistenziali sufficienti per rendere necessario l’utilizzo di manovre contenitive, anche senza la prescrizione medica, il non mettere in atto queste misure potrebbe configurare una responsabilità omissiva.
In tale caso, va tenuto, altresì, conto di quanto stabilito dall’articolo 54 codice penale, il quale afferma che non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Si agisce, in tal caso, per stato di necessità.
Va detto, infine, come per tutti gli eventi avversi, che gran parte di questi potrebbe essere evitato mettendo in atto manovre volte alla loro prevenzione.
Per ciò che concerne le cadute dei pazienti, le strutture ed i professionisti sanitari dovrebbero adottare misure di valutazione sia degli ambienti, con predisposizione di interventi di messa in sicurezza delle aree individuate a rischio di caduta, sia intrinseci del paziente identificando, mediante scale di valutazione, i soggetti potenzialmente a rischio di caduta ed attuando, conseguentemente, una pianificazione di interventi clinico assistenziali atti a ridurne il rischio.
Tutto ciò in quanto una corretta e dimostrabile pianificazione di suddette attività permette di individuare i fattori di rischio di caduta e di mettere in atto interventi preventivi volti a tutelare sia i pazienti che il personale sanitario e la struttura stessa che, nel caso in cui abbiano messo in atto tutti i comportamenti che erano a loro disposizione, difficilmente potranno essere considerati come responsabili degli esiti di una caduta che, in questo caso, rientrerebbe tra gli eventi accidentali e, quindi, non preventivabili.