Settembre è passato, la pandemia no (I parte)
5 Ottobre 2020E’ passato anche settembre, sono più di otto mesi dall’inizio dell’epidemia italiana da Covid-19, e non ne siamo certo fuori. Ottobre è iniziato con la brutta notizia di una impennata di nuovi casi, 2.548 in un solo giorno il primo ottobre, con il totale di casi che ha raggiunto i 320mila. In base al monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe, dal 15 luglio al 22 settembre le persone positive al Covid-19 (i cosiddetti “casi attivi”) sono quasi quadruplicate. E dall’inizio del monitoraggio di Istituto superiore di sanità (Iss) e Ministero della salute, il numero dei nuovi casi ha continuato ad aumentare di settimana in settimana, fino all’ottava settimana di rilevazione, relativa al periodo 14-20 settembre 2020. All’aumento di nuovi casi corrisponde consensuale aumento dei ricoverati in ospedale e in terapia intensiva e dei decessi. La tendenza osservata potrebbe riflettersi a breve tempo in un maggiore impegno dei servizi sanitari, che ancora resistono al momento. Una novità di questa seconda ondata dell’epidemia italiana è un maggior coinvolgimento delle Regioni centro-meridionali, Lazio, Campania, Sardegna, Sicilia, benché in nessuna Regione italiana si registrino zero casi. Campania e Lazio risultano anche, dall’ultimo rilevamento autonomo del Gimbe, le Regioni con più pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva (in quest’ultimo campo prevale ancora la Lombardia). La letalità globale si è ridotta, passando dal 14,5% dei contagiati della prima ondata (fino al 16 giugno), all’11,5% attuale (dati al 24 settembre), e persiste più bassa nelle Regioni del Sud, nonostante l’aumento dei casi. La seconda fase dell’epidemia italiana sembra nel complesso meno aggressiva e con andamento più lento della prima, ma probabilmente per il fatto che la fase attuale potrebbe corrispondere a quella precedente all’inizio della scoperta dell’epidemia a fine febbraio. Infatti, il test sierologico nazionale ha mostrato che sono state circa 1 milione e mezzo, pari al 2,5% della popolazione, le persone che hanno sviluppato gli anticorpi per il SARS-CoV-2, una prevalenza che è superiore di circa 6 volte rispetto ai casi notificati, confermando che il numero di casi nella fase 1 è stato completamente sottostimato. La fase attuale è caratterizzata da contagi di persone mediamente più giovani (età media dei nuovi casi stabile a 41 anni), e dunque meno a rischio di forme importanti, oltre al fatto che, grazie all’aumento dei controlli (attività di screening e di contact tracing), il riconoscimento dei casi avviene in una fase della malattia asintomatica (circa il 70% dei nuovi casi diagnosticati) che in passato sfuggiva alla rilevazione. L’indice di trasmissibilità (Rt) rimane per fortuna inferiore a 1 sul territorio nazionale, anche se, essendo calcolato sui casi sintomatici, potrebbe sottostimare leggermente la reale trasmissione del virus. Secondo l’Iss, i contagi avvengono attualmente per la maggior parte a livello locale piuttosto che essere importati da altro Stato o altra Regione, e la maggior parte dei focolai (oltre i tre quarti) si verifica in ambito familiare per trasmissione intradomiciliare, piuttosto che associarsi ad attività ricreative o lavorative. Tuttavia, crescono comunque i contagi Covid-19 sul lavoro: al 31 agosto ne sono stati denunciati all’Inail 52.209, e 8 su 10 si riferiscono all’ambito sanitario. Ancora presto per determinare l’impatto sull’andamento dei contagi della tanto discussa riapertura delle scuole in presenza, benché attualmente in Italia, a poco tempo dall’inizio, ci siano già oltre 900 scuole con casi di Covid19. Non c’è da ben sperare se consideriamo che in Francia si calcola che il 30% dei nuovi focolai siano di origine scolastica e in USA con i 2/3 dei distretti scolastici sono stati chiusi.
*Pediatra Asl Napoli 3 Sud