Simone D’Annunzio: “Nel rugby la crescita dei ragazzi viene prima di tutto”
2 Giugno 2023La fase pandemica più acuta sembra essere oramai alle spalle anche se i continui colpi di coda non lasciano del tutto tranquilli. Come ha vissuto, come vive, come ha affrontato e come affronta questa situazione di grande difficoltà per il mondo dello sport? Come ha gestito la paura del contagio ed il disagio legato alle severe misure restrittive?
Fortunatamente la parte acuta della pandemia sembra un lontano brutto ricordo, abbiamo passato dei momenti complicati nelle due stagioni precedenti a questa. Lo sport in generale ha sempre cercato di rispondere positivamente a quelle che erano le varie restrizioni adattandosi il più possibile a tutto, cercando di trovare tutte le possibili soluzioni.
Adesso nella cultura sportiva è diventato ancora più centrale il ruolo della prevenzione e la sicurezza per lo svolgimento di tutte le attività.
Insieme alle restrizioni i tentennamenti del mondo politico hanno causato gravi danni allo sport, soprattutto a quello, cosiddetto, minore. Cosa è successo, in particolare, nella sua specialità?
Nel rugby abbiamo avuto un grande turnover di atleti/tecnici/dirigenti. Qualcuno si è allontanato da questo sport, soprattutto a livello giovanile (under 16/18), molti altri si sono avvicinati (bambino fino a 12 anni).
Per una stagione siamo stati costretti a fare allenamenti individuali, rischiando di perdere quella che era la parte sociale, aggregativa e di collaborazione dello sport di squadra.
La nostra disciplina ci insegna a resistere a ciò che succede: questo è quello che hanno fatto le società, in alcuni casi facendo quasi dei miracoli, per garantire lo svolgimento di tutte le attività e gestendo al meglio i propri tecnici e tesserati.
Al momento il movimento è ritornato a pieno regime, tutto come gli inizi del 2020.
Chi è stato a spingerla all’attività agonistica? o si è trattato di una folgorazione magari guardando ai modelli dei grandi campioni?
Grazie alla mia famiglia sono riuscito a provare molti sport ma senza trovare subito la mia disciplina.
Con il rugby ho avuto fortuna: a 14 anni vidi una partita del 6 nazioni in tv che mi affascinò molto anche senza riuscire a capire bene le regole.
Qualche giorno dopo, all’annuale visita medico sportiva, il dottore, mi disse che li vicino c’era una piccola società di rugby, così ho iniziato e mai più smesso.
Al di là delle doti personali e delle attitudini, quanto conta la forza di volontà nel raggiungimento degli obiettivi?
La volontà per me è la spinta in più che ci fa andare avanti durante il percorso per il raggiungimento dell’obiettivo. È un lavoro continuo sul personale, che a volte può anche essere messa in dubbio se l’obiettivo è molto grande. Spesso è proprio la forza di volontà che fa la differenza.
Se dovesse dare qualche “consiglio utile” ai ragazzi che si avvicinano alla sua specialità, cosa suggerirebbe?
Direi di godersi a pieno quello che è il rugby e la sua cultura, dove la crescita dei ragazzi come persone viene messa prima di tutto.
Suggerirei anche di vivere al massimo le amicizie e i legami che questa disciplina fa inevitabilmente nascere.