SIMPSe, salute in carcere: in netto aumento malattie psichiche ed organiche

SIMPSe, salute in carcere: in netto aumento malattie psichiche ed organiche

12 Dicembre 2024 Off Di La Redazione

Il 2024 ha segnato una nuova emergenza per le carceri italiane. Problemi cronici come il sovraffollamento, la mancanza di personale, le strutture fatiscenti, le difficoltà per il personale sono rimasti irrisolti, mentre le condizioni di vita dei detenuti sono peggiorate. Lo testimoniano i casi di violenza, le proteste e il record di suicidi, al 10 dicembre già 86, che superano gli 80 totali del 2023 e il record di 85 del 2022. Le radici di questa situazione affondano in un quadro normativo frazionato da cui ne deriva che ogni Azienda Sanitaria ha una propria organizzazione, senza un coordinamento tra Ministero della Salute, regioni, amministrazione penitenziaria, magistratura. Per questo la Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria – SIMSPe ha presentato al Ministero della Salute un Progetto Nazionale di Sanità Penitenziaria: un approccio multidisciplinare per la presa in carico delle persone detenute con riferimento a un servizio unico.

LE MALATTIE DIFFUSE NELLE CARCERI –

La gestione del diritto alla salute nelle carceri italiane, dove ogni anno passano più di 100mila persone, è caratterizzata da difficoltà operative e da una frammentazione su scala nazionale. Secondo i dati del Ministero della Giustizia, le persone con misura restrittiva della libertà al 30 ottobre 2024 sono 226.280, una popolazione analoga a quella del Molise.

Per tutelare la salute dei detenuti bisogna prendere in carico il detenuto quando entra in detenzione – sottolinea Antonio Maria Pagano, Presidente SIMSPe, Dirigente Medico Psichiatra Responsabile UOSD Tutela Salute Adulti e Minori Area Penale presso ASL Salerno – Anzitutto vi sono da fronteggiare le patologie psichiche e la sofferenza psicologica, le più diffuse in carcere; a seguire vi sono le malattie gastrointestinali, incluse obesità e diabete, dovute a un’alimentazione insufficiente o non corretta o alla mancanza di vitamina D, che insieme alla sedentarietà porta anche all’osteoporosi. La mancanza di cure odontoiatriche è alla base di patologie che interessano la bocca, il tratto gastro-esofageo. La mancanza di screening porta a ritardi diagnostici su tumori e malattie infettive. Purtroppo non ci sono dati scientifici sulle patologie di cui soffrono i detenuti. È emblematico che l’ultimo report sulle tossicodipendenze realizzato da Ministero della Salute e Conferenza Stato-Regioni rileva l’assenza di questo fenomeno, mentre in base alla nostra esperienza possiamo stimare che almeno il 30% dei detenuti sono tossicodipendenti. Serve dunque un intervento di sistema per garantire prevenzione, cura e riabilitazione”.

IL PROGETTO NAZIONALE DI SANITÀ PENITENZIARIA DI SIMSPe – I frequenti eventi di cronaca hanno evidenziato la correttezza delle proposte strategiche di SIMSPe, come la creazione di una rete nazionale di reparti ospedalieri di medicina per detenuti; un potenziamento delle reti per la tutela della salute mentale e delle dipendenze sia intra che extrapenitenziaria per le persone in misura non detentiva ma comunque private della libertà, unita ad una revisione legislativa dei relativi istituti giuridici; iniziative a sostegno del riconoscimento della specificità della medicina penitenziaria. Questo implica un lavoro in sinergia tra il SSN, l’Amministrazione Penitenziaria e Giudiziaria e il Welfare.

In Italia, l’assistenza sanitaria penitenziaria è frammentata tra vari servizi – sottolinea Antonio Maria Pagano – Il Progetto Nazionale di Sanità Penitenziaria (PNSP) che proponiamo prevede vari punti: anzitutto, in ogni Azienda Sanitaria ci deve essere un servizio che svolga il ruolo di interfaccia unica con l’Amministrazione Penitenziaria e con l’Autorità Garante per assicurare coerenza tra le misure per la sicurezza e la tutela della salute. In secondo luogo, serve che ogni azienda sanitaria si doti di un unico servizio di sanità penitenziaria che inglobi al suo interno le competenze per prevenzione, cura, riabilitazione, assistenza di base e specialistica, odontoiatria sociale, tossicodipendenze, salute mentale, minori di area penale. Inoltre, queste Unità Operative di sanità penitenziaria: dovranno coinvolgere professionisti dedicati esclusivamente all’assistenza delle persone private della libertà; devono basarsi su un approccio multidisciplinare e creare percorsi universitari nelle scuole specialistiche maggiormente afferenti alla realtà carceraria (psichiatria, infettivologia, igiene, medicina legale, farmacologia e tossicologia clinica, odontoiatria), per far capire la specificità delle carceri e i servizi necessari nei penitenziari. Questo è il nostro progetto che auspichiamo possa essere preso in considerazione per il prossimo Piano Sanitario Nazionale”.

DETENZIONE, STRUMENTO PER GLI SCREENING INFETTIVOLOGICI Le malattie infettive rappresentano una componente storicamente rilevante delle patologie diffuse nei penitenziari – sottolinea il Prof. Sergio Babudieri, Direttore Scientifico SIMSPe – Per infezioni come l’HIV e l’Epatite C ci siamo giovati dei significativi progressi della ricerca. L’Epatite C, infatti, si può eradicare dall’organismo definitivamente, in poche settimane e senza effetti collaterali; i trattamenti antiretrovirali permettono di cronicizzare l’infezione da HIV, con una sopravvivenza e una qualità di vita simili alla popolazione generale. In questi anni, SIMSPe ha realizzato diversi progetti per favorire gli screening e il linkage to care con importanti risultati: l’HCV è stato eliminato in diversi penitenziari, mentre gli screening per l’HIV hanno consentito di avviare i relativi trattamenti riducendo in vent’anni la prevalenza dal 10% all’1%. Appaiono significative le innovazioni diagnostiche per l’individuazione di pazienti detenuti con sospetto di Tubercolosi, patologia che andrebbe sistematicamente ricercata ad ogni ingresso negli Istituti Penitenziari”.

Negli ultimi anni abbiamo riscontrato una recrudescenza di alcune infezioni – sottolinea il Prof. Giordano Madeddu, Consigliere SIMSPe e Professore Associato di Malattie Infettive, Università di Sassari – I detenuti stranieri rappresentano circa un terzo della popolazione carceraria: questo porta a un ritorno dei casi di tubercolosi (soprattutto per chi proviene dall’Africa) e di Epatite B (soprattutto per chi viene dall’Est Europa e dall’Africa). Inoltre, si assiste, come anche nella popolazione libera, a una ripresa delle infezioni da HIV legate a rapporti sessuali, mentre prima erano maggiormente dovuti a tossicodipendenza. Per questo SIMSPe ha varato alcuni progetti per i prossimi anni finalizzati a rendere il periodo di detenzione un momento che favorisca screening e trattamenti su queste persone che accedono con maggiore difficoltà ai servizi di cura e assistenza. In particolare, stiamo lavorando a progetti rivolti all’implementazione dei nuovi trattamenti antiHIV con i farmaci long acting, che consentono il mantenimento del controllo dell’infezione con somministrazioni intramuscolari ogni due mesi migliorando l’aderenza e riducendo lo stigma nelle persone con HIV detenute, e progetti innovativi per la microeliminazione dell’Epatite C”.

I 25 ANNI DI SIMSPe CELEBRATI AL MINISTERO –

 Il XXV convegno nazionale “Agorà Penitenziaria 2024”, promosso dalla SIMSPe per celebrare i 25 anni dalla sua fondazione è stato l’occasione per affrontare temi cruciali riguardanti la medicina e la sanità penitenziaria. Durante l’evento, sono stati discussi modelli organizzativi per garantire uniformità nell’assistenza sanitaria nelle carceri, strategie vaccinali e pratiche di prevenzione, l’importanza di uno screening sanitario per le persone detenute. Inoltre, è stato sottolineato il ruolo della ricerca scientifica in ambiti come le malattie infettive, la salute mentale, le dipendenze e l’odontoiatria. Il convegno ha riunito esperti scientifici e rappresentanti delle istituzioni al fine di promuovere una maggiore integrazione tra giustizia, sanità e welfare, eviden