Smi: diagnostica ai mmg una scelta approssimativa
11 Novembre 2019Giovanni Senese: “Va bene la voglia di fare, ma solo se tale innovazione non va circoscritta ad un unico settore della Medicina Generale”.
Sulle polemiche e divisioni tra i sindacati della medicina generale per la spesa di 235 milioni di euro previsti dalla legge di Bilancio per acquistare piccoli strumenti diagnostici per i singoli medici di medicina generale, interviene Giovanni Senese Responsabile Nazionale Smi Continuità assistenziale e componente della Segreteria Nazionale Smi-“Va rilevato innanzitutto – spiega Senese – che tale spesa prevista certamente non costituisce né la panacea contro le liste di attesa né la risoluzione contro gli accessi impropri in Pronto Soccorso, specie se tali dotazioni strumentali vengono riservate solo ed esclusivamente ai Medici di Famiglia in quanto tali”. “Tale considerazione – aggiunge l’esponente Smi – non ha il carattere di deminutioma solo ed esclusivamente di realtà fattuale ed empirico-fenomenologica, poiché la dotazione di tali dispositivi, tout-court, senza una adeguata realtà territoriale ricevente, senza una creazione strutturale di funzionamento e senza una congrua formazione specifica, rischia di diventare un vero e proprio sperpero di denaro pubblico”.
“Queste considerazioni – prosegue Senese – emergono dall’analisi delle attività svolte dal Medico di Famiglia che allo stato risultano sopraffatti da un carico lavorativo ed amministrativo-burocratico certamente non invidiabile. Se a questo poi si aggiunge anche la responsabilità professionale di natura medico-legale che comunque tali prestazioni sicuramente comportano nella redazione dei referti, a fronte di pochi euro per le prestazioni effettuate, questo equivarrebbe ad annientare il ruolo del medico di famiglia e ciò crea il malumore, le perplessità e lo scetticismo già presente nella stessa categoria”.
“Se diversamente – sottolinea il sindacalista – nello spirito della Balduzzi, si realizza tra i Presidi Territoriali dell’ex-Continuità Assistenziale, già esistenti (che vanno certamente riqualificati, potenziati e messi in sicurezza in tale stagione di riforma, ridando loro nuova dignità ed indirizzo alla luce del Ruolo Unico) allora quella sinergia con gli studi dei Medici di Famiglia, coinvolgendo a vario titolo anche la specialistica ambulatoriale dei Presidi Distrettuali, con la creazione di quella rete informativo-tecnologica necessaria, il tutto potrebbe avere un senso”.
E ancora: “Va bene l’entusiasmo, va bene l’innovazione, va bene la voglia di fare, ma solo se tale innovazione non va circoscritta ad un solo settore della Medicina Generale, cioè quella del medico di Famiglia e del suo studio, ma estesa anche ai medici della Continuità Assistenziale ed ai presidi pubblici delle Asl. A tal proposito vale la pena di ricordare che in Italia la disciplina della Medicina Generale è divisa in due Settori: Assistenza Primaria, per cui il medico prende il nome di medico di assistenza primaria, un tempo conosciuto come medico di famiglia; Continuità Assistenziale, per cui il medico prende il nome di medico di continuità assistenziale (ex guardia medica) ed opera negli orari non coperti dal medico di assistenza primaria”.
“Difatti la Legge Balduzzi (158 del 12) – spiega Senese – istitutiva del Ruolo Unico di Assistenza Primaria, definisce quali medici di medicina generale di assistenza primaria a ciclo di scelte (ex medico di famiglia) ed a quota oraria (ex medico di guardia medica). Il Ministero della Salute, con nota integrativa all’Atto di Indirizzo per la Medicina Convenzionata con protocollo numero 57 ridefiniva le fasce orarie di continuità assistenziale dei medici di Cure Primarie a rapporto orario, proponendo di assicurare anche nelle ore notturne l’assistenza (24-08). Orbene, alla luce di tali imprescindibili dettati legislativi e normativi di carattere istituzionale, non superabili con interpretazioni di parte, appare evidente che il finanziamento destinato alla Medicina Generale ed in particolare all’Assistenza Primaria vada distribuita all’intero Settore della Convenzionata del Ruolo Unico (cioè sia a quelli a ciclo di “scelte” e sia a quelli a “quota oraria”) per poter potenziare l’intera attività territoriale e non soltanto ed esclusivamente lo Studio del Medico di Famiglia”.
“Tale precisazione appare necessaria in quanto una diversa impostazione creerebbe solo dei tuttologi sopraffatti da un carico lavorativo burocratico – conclude l’esponente nazionale Smi – e di responsabilità professionale di natura medico-legale che comunque tali prestazioni svolte sicuramente comportano. La medicina Generale va certamente rinnovata sia per i medici di famiglia e sia per la ex Continuità Assistenziale che va indubbiamente potenziata e soltanto il poter operare sinergicamente in un nuovo assetto territoriale con l’ausilio della specialistica potrà fornire quella tanta auspicata riposta territoriale all’utenza, diversamente pensare che i medici di famiglia con qualche dotazione strumentale possano da soli risolvere tali criticità è come creare leggende metropolitane con la sola ricaduta di false aspettative che non servono a nessuno né al medico, né al cittadino e nemmeno alla Parte Pubblica. Pertanto ben venga l’innovazione e ben venga un nuovo modello assistenziale per far fronte alle esigenze della popolazione e del territorio alle nuove domande assistenziali e sanitarie crescenti con i fondi per l’acquisto della strumentazione ma i fondi per la formazione dei medici? Ed i fondi per il pagamento dei medici stessi? Perché siamo stanchi dopo 11 anni divacatiocontrattuale di lavorare ad isorisorse”.