Sorrento, frana il Vallone dei Mulini
1 Agosto 2022L’Enorme boato… un forte scossone e poi la nube di polvere… scena già vista nel Comune di Sorrento e, per la precisione, sotto la via Fuorimura dove nel corso dei millenni lo scorrere delle acque ha dato vita al Vallone dei Mulini. Uno dei posti più suggestivi del mondo, da oltre un secolo e mezzo la “cartolina” d’ingresso nella città del Tasso, un luogo di enorme importanza paesaggistica, storica e naturalistica, per la presenza di essenze botaniche rare favorite dall’ombreggiamento e dall’umidità, ma anche uno dei posti idrogeologicamente più fragili e instabili che ci siano!
Nel Piano di Stralcio dell’Autorità di Bacino ex Campania Centrale l’area è classificato a Rischio Idraulico molto elevato e a Rischio Frana molto elevato. Eppure per mesi e mesi, a partire da giugno del 2019, diversi operai vi hanno lavorato senza che fosse stata messa in essere alcuna opera di protezione per permettergli l’accesso nell’alveo e l’esecuzione delle opere in quel sito già colpito, in passato e di recente, da gravi e ripetuti eventi franosi. Il rischio a cui sono stati sottoposti gli operai del cantiere durante la quotidiana esecuzione dei lavori al mulino (attualmente posto sotto sequestro dalla magistratura che ha rinviato a giudizio committente e progettista delle opere) è proprio quello di una potenziale caduta massi. L’idea dell’imprenditore/proprietario – responsabile della società Il Maccheronificio s.r.l. (n.d.r. ex assessore del comune di Sorrento fino al giorno prima dell’acquisto del mulino) – di recuperare il rudere trasformandolo in un’attrazione, facendo scendere cittadini e turisti paganti fin dentro l’alveo del Vallone dei Mulini, è tanto devastante quanto assurda ed è da irresponsabili aver consentito agli operai di lavorare al mulino per mesi e mesi senza alcuna sicurezza!
Nella stessa relazione presentata dal Maccheronificio S.r.l. a firma del dott. Geol. Salvatore Palomba si descrivevano “blocchi e conci tufacei di dimensioni anche notevoli precipitati dal costone retrostante… costituendo un pericolo … per gli operatori che si troveranno ad agire nel cantiere”. Ciononostante sprovveduti operai hanno tranquillamente e impunemente lavorato sotto il costone a rischio crollo! Mentre erano in corso operazioni di taglio di vegetazione sulle sponde dell’alveo e nei pressi del rudere, gli ambientalisti tentarono di persuadere le forze dell’ordine ad impedire la discesa degli operai nell’alveo. Solo dopo mesi, grazie all’interessamento del Ministro all’Ambiente Sergio Costa e della Procura della Repubblica di Torre Annunziata, si giunse finalmente al blocco dei lavori e al sequestro delle opere. A ben leggere le carte, le perizie e le relazioni prodotte dai consulenti nominati della Procura, appare chiaro che i lavori di messa in sicurezza del costone sarebbero dovuti essere propedeutici e prioritari rispetto all’avvio di qualsiasi intervento… ovvero, come sottolineato nelle prescrizioni della Soprintendenza contenute nell’autorizzazione paesaggistica e ribadite in modo concreto nelle note inviate al Comune e al proprietario, “nella fase concreta di realizzazione dell’intervento le pareti del vallone” sarebbero dovute risultare “in sicurezza tramite opportune opere di consolidamento”. La stessa relazione istruttoria di conformità urbanistica ed edilizia (prot. n. 36116 del 10 ott. 2018) a firma dell’arch. Daniele De Stefano si esprimeva chiaramente: “Stante le problematiche di altissima pericolosità del sito Zona R4 Rischio Frana Elevato, Zona P4 Pericolosità da Frana elevato, Zona P3 Rischio Idraulico elevato con notevole trasporto solido allo stato urbanisticamente gli interventi NON SONO ESEGUIBILI se non a valle della rimozione del vincolo e della redazione della nuova cartografia del PSAI” pertanto si ribadisce, nelle prescrizioni, come “ai sensi delle norme di attuazione del PSAI la fattibilità urbanistica è subordinata al superamento di declassificazione delle zone di pericolosità da parte dell’Ente preposto al Vincolo”.
Eppure si è lasciato, in nome dei maccheroni e della promessa di far di nuovo girare le pale al mulino, che il vecchio e affascinante rudere venisse violentato. Mentre le mura del mulino venivano ricostruite e le mura tufacee della falesia si sgretolavano, un altro muro, stavolta “di gomma”, si ergeva tra le istituzioni e gli ambientalisti che si vedevano rimbalzare ogni tentativo di frenare la manomissione fuorilegge di un bene che appartiene a pieno titolo all’intera collettività. Il Vallone dei Mulini è famoso in tutto il mondo, come fosse uno squarcio temporale da cui si può vedere il passato, non a caso Buzzfeed l’ha inserito nella lista dei 30 luoghi più affascinanti del pianeta Terra. Uno dei luoghi abbandonati più fotografato del mondo e se si osserva dall’alto, presso la ringhiera di Via Fuorimura sembra di vedere un profondo solco che attraversa la montagna, sospeso nel tempo. Un insieme di ruderi privi della presenza umana, su cui la natura aveva reclamato il proprio potere salvo poi, grazie all’arroganza che contraddistingue l’homo sapiens, decidere di ritrasformare il fascinoso rudere in un edificio utile a produrre un non meglio specificato reddito, in barba alle leggi urbanistiche e a quelle della fisica… con buona pace degli uccelli, dei chirotteri e dei rari anfibi che nel delicato ecosistema del canyon avevano trovato rifugio. Il 31 luglio dell’anno 2019 il WWF Terre del Tirreno e i VAS denunciavano alla Procura della Repubblica “Lavori di sistemazione dell’edificio esistente nel Vallone dei Mulini nel comune di Sorrento – Mancata messa in sicurezza del costone – Violazione rispetto distanze dai due corsi d’acqua denominati Sant’Antonio e Cesarano, come da Regio Decreto n. 523/1904 – Mancanza di Parere Idraulico del Genio Civile Dipartimento di Napoli e Provincia, in zona a rischio idrogeologico molto elevato – Violazioni urbanistiche e paesaggistiche”.