Specializzandi e lavoro subordinato
22 Settembre 2019La Suprema corte si è pronunciata sui medici in formazione specialistica, negando il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato e del diritto a percepire una remunerazione maggiore.
La Corte di Cassazione, Sezione lavoro, con recentissima ordinanza – recante numero 21196 dell’08.08.2019 – ha confermato quanto già statuito dalla Corte d’Appello di Bologna, la quale aveva rigettato il ricorso proposto da alcuni medici i quali avevano richiesto, per il periodo in cui avevano frequentato le scuole di specializzazione, il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato di formazione con richiesta di condanna per lo Stato al pagamento di una remunerazione diversa e superiore rispetto a quella percepita in base al decreto legislativo 257 del ‘91.
Nel caso che ci occupa, i Giudici della Cassazione hanno affermato che deve essere ribadito il principio ormai consolidato e meritevole di continuità, secondo cui l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione universitarie non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, né del lavoro autonomo, ma costituisce una particolare ipotesi di contratto di formazione – lavoro, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale non può essere ravvisata una relazione sinallagmatica di scambio tra la suddetta attività e la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi, in quanto tali emolumenti sono destinati a sopperire alle esigenze materiali per l’impegno a tempo pieno degli interessati nell’attività rivolta alla loro formazione e non costituiscono, pertanto, il corrispettivo delle prestazioni svolte, le quali non sono rivolte ad un vantaggio per l’Università, ma alla formazione teorica e pratica degli stessi specializzandi ed al conseguimento, a fine corso, di un titolo abilitante.
La Corte si è, poi, pronunciata anche in merito alla richiesta di riconoscimento ad ottenere una retribuzione maggiore rispetto a quella percepita durante l’attività svolta nell’ambito delle scuole di specializzazione.
Ebbene, anche in tale ipotesi i Giudici hanno ribadito che tale diritto non sussiste. Infatti, la disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi, prevista dall’articolo 39 del decreto legislativo 368/1999, si applica, per effetto di ripetuti differimenti, in favore dei medici iscritti alle relative scuole di specializzazione solo a decorrere dall’anno accademico 2006/2007 e non a quelli iscritti negli anni antecedenti; tale diversità di trattamento non è irragionevole, in quanto il legislatore, secondo la Cassazione, è libero di differire gli effetti di una riforma ed il fluire del tempo costituisce di per se idoneo elemento di diversificazione della disciplina, né sussiste disparità di trattamento tra medici specializzandi iscritti in scuole di altri paesi europei, atteso che le situazioni giuridiche non sono comparabili, non avendo la Direttiva 93/16/CEE previsto o imposto uniformità di disciplina e di trattamento economico, o disparità di trattamento con i medici neoassunti che lavorano nell’ambito del servizio sanitario nazionale, non comparabili in ragione della peculiarità del rapporto che si svolge nell’ambito della formazione specialistica.
Alla luce dei principi sopra enunciati dai Giudici della Suprema Corte, pertanto, l’attività svolta dai medici nelle scuole di specializzazione non può essere inquadrata come rapporto di lavoro subordinato né tanto meno gli stessi hanno diritto a percepire somme maggiori a titolo di remunerazione rispetto a quelle percepite.