Stimolazione midollare per il paziente paraplegico
24 Novembre 2019Tutto ciò rappresenta, per questi pazienti, la possibilità di conquistarsi sempre più un ruolo attivo e una reale autonomia nella convivenza con la propria condizione.
Anche quest’anno la Spinal cord stimulation (Scs), tecnologia di stimolazione midollare, ha conquistato il centro dell’attenzione a Firenze durante il Congresso nazionale dell’Ins, l’evento annuale dell’International neurmodulation society giunto quest’anno alla sua ottantaduesima edizione. Novità di questo 2019, la presentazione di nuovi incoraggianti risultati relativi agli effetti della trasmissione midollare della corrente elettrica in pazienti paraplegici, i quali aprono nuovi possibili orizzonti nell’applicazione della neurostimolazione midollare.
Come ogni anno, tantissimi gli argomenti affrontati nelle diverse sessioni e diversi gli esponenti clinici di rilievo nazionale e internazionale coinvolti nel Congresso. Il capitolo italiano dell’Ins si pone l’obiettivo di comprendere e sfruttare al meglio le tecnologie impiantabili che, con mezzi elettrici o chimici, agiscono sul sistema nervoso migliorando la condizione clinica dei pazienti. Per raggiungere questo traguardo, fondamentale è beneficiare di tutti gli sforzi e gli strumenti scientifici, clinici ed ingegneristici a disposizione.
La Scs rappresenta oggi una valida opzione terapeutica per tutti i pazienti che soffrono di dolore cronico alla schiena e agli arti, nonché una soluzione terapeutica validata scientificamente nell’ambito della presa in carico del paziente con dolore cronico neuropatico, quando la terapia farmacologia non è sufficiente o adeguata al controllo della patologia. Questo approccio è ampiamente descritto all’interno delle linee guida specifiche sviluppate dall’Ins, e di anno in anno è soggetto a sempre maggiori approfondimenti nell’ambito della letteratura scientifica. Gli studi clinici ad oggi realizzati prevedono l’adozione della Scs con dispositivi Medtronic.
Lo sviluppo e l’importanza di tale tecnologia è testimoniato dalle osservazioni presentate a Firenze, a partire dalle quali la società scientifica Ins si è attivata per produrre un proprio protocollo. Recenti pubblicazioni internazionali realizzate da gruppi di lavoro di Losanna e del Minnesota hanno documentato l’utilizzo della Scs su pazienti con lesioni midollari complete o incomplete. La trasmissione midollare della corrente elettrica, avvenuta attraverso la terapia di stimolazione del midollo spinale Medtronic, ha registrato risultati, se pur preliminari, incoraggianti in un’ottica di parziale recupero riabilitativo del paziente paraplegico.
“I risultati preliminari sono estremamente interessanti” riferisce il dottor Alessandro Dario, presidente Ins e responsabile di neurochirugia funzionale nell’Asst Settelaghi – Ospedale Macchi di Varese, che ha collaborato con il dottor Franco Molteni, direttore Uoc di medicina riabilitativa di Villa Beretta, in un percorso di approfondimento clinico sugli effetti della terapia Scs in pazienti paraplegici completi in un’ottica funzionale riabilitativa.
“Nel primo paziente trattato – spiega il dottor Dario – sono stati osservati, al di là degli effetti terapeutici positivi già ampiamente dimostrati sulla componente dolore, effetti collaterali positivi molto importanti per la sua qualità di vita. In particolare, sembrerebbe che l’azione della corrente elettrica a livello cordonale abbia ottenuto un effetto di modulazione positiva sul sistema vegetativo, sul controllo vescicale e sulle attività muscolari indotte da training del cammino con esoscheletro indossabile”.
“Tutti questi aspetti possono cambiare completamente l’approccio al paziente – continua il dottor Molteni – per questo dovranno essere approfonditi per dimostrare, attraverso un protocollo ben definito che armonizzi completamente l’azione della neurostimolazione alla riabilitazione, l’aumento della qualità di vita per le persone paraplegiche e per i loro caregiver”.
Questi progressi non solo hanno la potenzialità di ridurre enormemente l’accesso alle strutture ospedaliere e il bisogno di servizi sanitari da parte del paziente, generando inoltre una maggiore adesione al percorso riabilitativo, e con questa un miglioramento dei risultati clinici. Tutto ciò rappresenta, per questi pazienti, la possibilità di conquistarsi sempre più un ruolo attivo e una reale autonomia nella convivenza con la propria condizione.