Stretta sull’attività itramuraria, l’Anaao dice no
11 Dicembre 2018Levata di scudi dell’Associazione Nazionale Aiuti Assistenti Ospedalieri contro il decreto del Governo sull’intramoenia: “No alla militarizzazione della libera professione”.
“L’Anaao Assomed chiede al Ministro della salute e a tutti i parlamentari di escludere l’applicazione del decreto Semplificazione ai casi in cui le cause delle liste d’attesa istituzionali fossero legate a problemi organizzativi o alla carenza di personale.
Vogliamo evitare – è l’appello lanciato da Carlo Palermo, Segretario Nazionale Anaao Assomed – una militarizzazione dell’istituto con l’intervento di carabinieri e guardia di finanza che finirebbe col gettare discredito su una categoria impegnata, in condizioni operative difficili, a garantire tutti i giorni e le notti dell’anno l’accesso alle cure e il diritto alla salute dei cittadini, restituendo valore e dignità a questo capitale umano oggi lasciato esposto alla delegittimazione sociale, alle aggressioni, a rischi legali sempre meno sostenibili.
“Il decreto “Semplificazioni” – ricorda l’Anaao – prevede, infatti, all’articolo 9 comma 14 quinquies l’interruzione dell’attività libero professionale intramoenia in caso di difformità rispetto a quanto stabilito dal Piano Nazionale Liste d’Attesa ed in particolare in caso di superamento dei limiti temporali previsti per l’erogazione di prestazioni ambulatoriali e ricoveri”.
“Le liste di attesa – afferma il Segretario Nazionale Anaao Assomed – rappresentano una caratteristica strutturale di tutti i sistemi sanitari pubblici, universalistici e solidali ove i pazienti non sono chiamati a pagare le prestazioni di tasca propria e il tempo di accesso ai servizi, e non la disponibilità a pagare, ha il ruolo di trovare un equilibrio tra domanda e offerta”.
“Affermare – prosegue – come molti fanno tuttora, che quello della libera professione intramoenia sia il meccanismo principale che impedisce ai cittadini l’accesso equo ai servizi appare sempre più come un pregiudizio molto lontano dai dati reali. Dove lo mettiamo il rilevante taglio delle risorse destinate al finanziamento del Ssn dal 2009 ad oggi?
I 37 miliardi di tagli certificati da varie fonti non incidono sui diritti dei cittadini? I pensionamenti senza turn over con la perdita di almeno 60.000 unità di personale dal 2009 al 2018, di cui circa 9000 sono medici, le gravidanze e le assenze per malattie prolungate lasciate senza sostituzioni, il massiccio taglio dei posti letto (- 71.000 dal 2000), non degradano l’organizzazione dei servizi e non prolungano le liste d’attesa? Nessuno ha mai sentito parlare di taglio delle sedute operatorie in elezione, magari negli ultimi mesi dell’anno, per evitare deficit di bilancio? Quanto pesa tutto ciò sui tempi d’attesa? Meno del diritto a effettuare la libera professione? E perché mai una realtà così eclatante non è considerata nei provvedimenti legislativi in corso di approvazione nei rami del Parlamento?”
“Perché – continua – i medici dovrebbero pagare con la sospensione di un proprio diritto, che è anche un diritto dei cittadini, donne in particolare, cui garantisce la libera scelta di un professionista, colpe che sono, nella pressoché totalità dei casi, legate a problemi organizzativi e alle politiche di riduzione dell’offerta di prestazioni sanitarie praticate da aziende sanitarie e regioni a causa del de-finanziamento del Ssn? Peraltro, bloccando la libera professione intramoenia, il problema delle attese non sarebbe superato, poiché le cause reali, in particolare la carenza di personale e di investimenti in tecnologie e strutture, richiedono tempo e considerevoli risorse economiche per essere rimosse. Al cittadino non rimarrebbe che rivolgersi al privato puro”.
“In realtà, la libera professione intramoenia – conclude Carlo Palermo – se ben gestita, rappresenta un valore aggiunto per le aziende perché attraverso questo istituto possono attivare programmi di produttività aggiuntiva dei propri professionisti finalizzati alla riduzione, almeno parziale, delle liste d’attesa. E sempre questo istituto, ai sensi del decreto legislativo 124/1998, permette al cittadino l’accesso diretto alla prestazione diagnostica, con il pagamento del solo ticket essendo la differenza in carico all’azienda sanitaria, qualora i tempi d’attesa fossero superiori ai limiti normativi vigenti”.