Sulla pelle degli ammalati
24 Novembre 2018Il duello combattuto negli ultimi anni, tra il governatore della Campania, De Luca ed il capogruppo 5Stelle, Ciarambino, si arricchisce di un nuovo episodio. E chi soffre resta a guardare…
In passato, per la verità, non è che i due si siano scambiati colpi di fioretto. Anzi. Dalla finesse deluchiana “
c’ è una chiattona che disturba” alla non meno pregevole risposta della Ciarambino “vale zero come persona e come politico”. Tanto per citare l’episodio più famoso.
Adesso, però con un Governo amico il gioco diventa “politicamente” più pesante, con gli insulti che continuano a restare insulti. Il consigliere regionale 5Stelle, questa volta, spara a pallettoni sul tema delicatissimo della sanità e, nel preannunciare la fine dell’incarico commissariale per De Luca, così ne spiega le ragioni: “fine di un’era scellerata; nomine senza trasparenza e senza merito; incarichi distribuiti agli ami degli amici; malati trattati come merce su cui lucrare; stipendi d’oro distribuiti a manager incapaci e di dignità svenduta”…
Non è difficile da ipotizzare, considerato anche il temperamento sanguigno del presidente campano, seguirà querela e la parola passerà ai giudici.
Ma non è questo il tema – sul quale, forse, mi sono soffermato anche troppo – che intendevo mettere inevidenza. Il tema è dato dalla possibile fine del doppio incarico a De Luca. Parto allora da una premessa e proverò ad arrivare, rapido, alle conclusioni. Dopo circa un anno di tentennamenti, l’arrivo dei commissari (Polimeni – d’Amario) individuati dall’esecutivo amico guidato da Renzi, non risultò privo di conflittualità per cui, al di là di meriti e demeriti personali, finì per rallentare il processo di governo della sanità. Divorzio quasi “consensuale” ed Amen.
Non è difficile prevedere quello che potrebbe venir fuori dall’arrivo di un commissario nominato da un governo “nemico”: una babilonia totale, complicata da intrecci di competenze. I manager di nomina del presidente, gli aspetti economici affidati alla cura del commissario; la non sottoscrizione di atti per mancata condivisione, magari l’impugnazione degli stessi; la macchina burocratica regionale che ha sempre percepito come corpo estraneo la struttura commissariale; il nuovo arrivato che, se bravo, avrà bisogno di un anno per entrare concretamente nei meccanismi gestionali. Uno scenario da incubo. Un “rimedio” che risulterebbe ben peggiore del male.
Due semplici quesiti. Ed il malato, già oggi mortificato in tanti modi, a chi Santo dovrà votarsi per vedere realizzati il suo diritto (a garanzia costituzionale) alla cura ed all’assistenza?
Insomma, in questo duello “politico” combattuto senza esclusioni di colpi e sul filo delle ingiurie, ci sarà ancora spazio per chi soffre e vive nel proprio corpo il dramma della malattia?