Suor Rita Giaretta, “ama il prossimo tuo”
8 Novembre 2020
La Pandemia ci sta proiettando sempre di più in un clima surreale, nel quale abbiamo smarrito la fiducia nel futuro e non siamo certi di cosa ci accadrà il giorno dopo.
Le precauzioni-restrizioni sono l’estrema ratio per una comunità, che annaspa in insicurezze politico-economico-scientifico-sanitarie. L’unico conforto potrà venire dalla ricerca del senso e del sacro.
A tal proposito sentiamo una religiosa specialissima che coniuga mirabilmente un elevato misticismo con un serio e pervicace impegno sociale al servizio degli ultimi. Suor Rita Giaretta, terminati gli studi inizia a lavorare come infermiera e intraprende l’attività sindacale nella Cisl. In questo periodo il suo impegno è rivolto principalmente alla tutela del lavoro femminile.
A 29 anni entra a far parte della Congregazione delle Suore Orsoline. Nel 1995, assieme alle sue Consorelle, fonda a Caserta la Comunità Casa Rut con l’obiettivo di soccorrere le donne vittime dello sfruttamento della prostituzione.
La Comunità prende il nome dalla figura biblica di Rut, da cui l’omonimo libro, che nonostante le sue origini moabite, rimasta vedova, segue la suocera in Giudea, nella terra d’Israele, scegliendo di vivere da straniera. Il personaggio è quindi associato ai temi della solidarietà e dell’accoglienza, soprattutto rivolti a coloro che emigrano dalla propria patria. Infatti le ospiti di Casa Rut sono perlopiù straniere, provenienti dai Paesi dell’Africa e dell’Europa dell’Est.
Nei primi venti anni di attività, circa 600 donne hanno trovato rifugio a Casa Rut, intraprendendo un percorso di liberazione dallo sfruttamento. Molto spesso le donne ospitate sono in stato di gravidanza o portano con sé neonati, a volte frutto di violenza, i quali sono accolti assieme alle loro madri.
Suor Rita e le sue Consorelle operano in sinergia con le istituzioni territoriali. Nell’agosto del 2004 viene costituita la Cooperativa Sociale NewHope con l’intenzione di fornire una formazione professionale e un’occupazione legale, con una giusta retribuzione, alle donne sottratte alla prostituzione e accolte a Casa Rut.
All’interno di alcuni locali messi a disposizione dalla Diocesi, la Cooperativa ha allestito un laboratorio di sartoria, accanto al quale sorge la Bottega Fantasia: uno spazio destinato all’incontro e alla vendita dei prodotti, confezionati con l’esclusivo utilizzo di stoffe provenienti dall’Africa. Nelle intenzioni delle sue promotrici, il progetto vuole rendersi testimone di una forma di economia solidale, associata all’educazione alla responsabilità e all’etica del lavoro, consentendo alle lavoratrici di riconquistare il loro Diritto alla partecipazione alla vita sociale del territorio.
La Cooperativa è attualmente presieduta da una delle prime donne, che hanno trovato rifugio a Casa Rut.
A Caserta, in un territorio segnato dal dramma della disoccupazione, da una forte presenza della camorra, da forme di illegalità diffuse, dal degrado ambientale e dal malgoverno della politica, Suor Rita è pugnace per promuovere percorsi di legalità e di giustizia sociale. In quest’opera trova il pieno sostegno e la collaborazione del Vescovo Emerito Mons. Raffaele Nogaro, di alcune realtà ecclesiali e di molti laici. Nel 2007 Dacia Maraini ha curato l’introduzione del libro di Suor Rita Giaretta Non più schiave. Casa Rut, il coraggio di una Comunità, con parole di apprezzamento per l’opera della religiosa in favore delle donne.
Il 22 giugno 2013 l’allora Ministro Cécile Kyenge, durante una visita alla città di Caserta, ha fatto tappa nei locali della Cooperativa Sociale NewHope per incontrare alcune ragazze ospitate a Casa Rut, esprimendo il proprio sostegno alle attività promosse da Suor Rita
Il 2 maggio 2015 il New York Times ha dedicato un articolo alla storia di Casa Rut e all’impegno di Suor Rita Giaretta.
Come ha vissuto Suor Rita la paura per il Covid e la necessaria lunga clausura?
Credo sia importante, anzi necessario, fare memoria per affrontare, attraversare e vivere l’oggi nel quale in maniera drammatica il virus del Covid è ritornato “prevedibilmente” a mostrare tutta la sua virulenza contagiosa.
Ricordo il tempo del primo lockdown. Un tempo oscuro, pesante, chiuso che ci è piombato addosso… quasi a toglierci l’aria.
Vivendo tutta l’incertezza e la sospensione di quel tempo carico di paura e di dolore, sostenuta e provocata da una viva e combattiva preghiera con il Dio della Vita, mi ero chiesta come potevo far sì che le indispensabili restrizioni e chiusure diventassero una possibilità di apertura alla vita e alla speranza. Sentivo che ero chiamata a vivere al meglio quelle lunghe giornate trasformandole in gesti di concreta vicinanza e solidarietà con la gente smarrita. Mi era venuta alla mente una frase di Nelson Mandela: La paura ha bussato alla porta, il coraggio è andato ad aprire, sulla soglia non c’era più nessuno.
E così ho preso la decisione di vivere quel tempo di lockdown facendo la “suora operaia” nella sartoria etnica stando accanto e offrendo sostegno alle giovani donne della cooperativa sociale newHope.
Insieme abbiamo trovato non solo il coraggio di non cedere alla paura ma anche di osare, con l’appoggio di persone amiche competenti, di ampliare la produzione dei manufatti newHope, creando le Mascherine Facciali, in quel tempo molto richieste e che erano diventate un simbolo di protezione dal virus.
Un modo concreto, il nostro, nel pieno rispetto delle disposizioni messe in atto dal governo, per prenderci cura di noi e prenderci cura del bene degli altri. La sartoria etnica newHope, le giovani donne – “tessitrici di nuove speranze” e le Mascherine Facciali prodotte sono diventati per il territorio casertano e non solo, un faro luminoso di coraggio e di speranza. Un modo concreto di rispondere alla sfida covid.
Questo diabolico virus oltre a portar via numerose anime, ha prodotto fame, miseria e disoccupazione. Le Caritas Diocesane hanno tentato e tentano ancora di sopperire alle inefficienze e mancanze dello Stato, cos’altro può fare la Chiesa per soccorrere gli ultimi in questo drammatico momento storico?
La Chiesa è stata e continua tutt’oggi ad essere costantemente in frontiera nel cercare, nell’inventare, nel creare concrete risposte alle tante situazioni di povertà, di miseria, di solitudine che la pandemia sta drammaticamente ampliando. Papa Francesco ci ha ricordato che in questo tempo di pandemia, “siamo tutti nella stessa barca” e che “non ci si salva da soli”.
In tal senso, papa Francesco, non si stanca nel sospingere la chiesa, le comunità ecclesiali, i cristiani, oggi più che mai, ad essere e a diventare “credibili”, e a tutti chiede la “fantasia della carità”, l’impegno concreto per “globalizzare la solidarietà”.
Risposte concrete e necessarie ma anche, e soprattutto, quella vicinanza di “cuore” alla propria gente che sa con-dividere il dolore e la sofferenza, che sa su-(p)portare paure e smarrimenti perchè nella resistente fatica di remare uniti possiamo ritrovare insieme nuove rotte di luce, di speranza e di fraternità.
La Speranza è un ingrediente indispensabile per Vivere, per proiettarsi al Futuro, ma in questo momento storico, contingente, nell’hic et nunc, forse il virus che più Ci contagia è la Disperazione. Suor Rita, proclamata nel 2020 Cittadina Onoraria di Caserta, tessitrice di Speranza, cosa pensa del Flagello della Povertà e delle palesi Disuguaglianze Sociali?
Purtroppo uno degli effetti più devastanti di questa pandemia e che, a mio giudizio, più inquieta, è la vistosa crescita delle disuguaglianze a tutti i livelli: economico, sociale, educativo, sanitario. Non occorre essere degli economisti per capire che sta crescendo in maniera esponenziale la moltitudine degli “scartati”, degli impoveriti, degli “inutili” al sistema.
Bisogna intervenire al più presto con audacia, sapienza e lungimiranza a tutti i livelli di governo, di istituzioni ma anche di comunità e di singoli cittadini.
Da questa pandemia “ci si salva solo insieme”, allora una cultura, un modello di società che continua a macinare “scarti” e a “impoverire” sono ingiusti e disumani. Forse è questo il momento di ri-centrare l’umano: far fiorire nuovi modelli di società, nuovi stili di vita che mettano al centro il valore e la dignità della persona, di ogni persona, a partire da quella più debole e fragile. A reggere e a muovere la vita di un Paese, come la vita del singolo, non deve essere il profitto, gli interessi di parte ma il bene e la dignità di ogni vita, il bene comune, la custodia del creato.
Questo è un tempo dove a “guidare e illuminare” la speranza non saranno le restrizioni, le chiusure (assolutamente necessarie) ma, come la legge del contrappasso ci insegna, saranno invece la larghezza di cuore e l’apertura alla solidarietà. E questo vale per tutti. A maggior ragione noi che ci diciamo cristiani dovremo trovare speranza, fede e carità in quella Parola che si fa concretezza di vita: Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Atti 2,44
Suor Rita è portatrice sana di Ottimismo della Volontà e della Ragione, Testimonianza vivente ed incarnata di slancio vitale, investito per il riscatto degli ultimi e dei piccoli. Che Logos, cioè che Senso conferisce a questa Dolente Esperienza comune e condivisa? Anzi il Senso rinvia, rimanda ad un Sovrasenso, cosicchè in quest’anomia l’umano si divinizza e si umanizza il Divino!!! Qual è il Suo Pensiero a riguardo?
A queste domande mi piace rispondere con una breve preghiera di papa Francesco: Ci chiami, o Signore, a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri.